mercoledì 30 marzo 2011

Il Controllo Non è ne di Destra ne di Sinistra

DI MARCO CANESTRARI

Le tecniche di controllo descritte nella lezione di Marco Canestrari su "Come si Controllano le Masse nei Paesi Democratici" non hanno connotazione ideologica. I principi di base, infatti, sono stati utilizzati da ogni tipo di regime dalle epoche più lontane al giorno d’oggi, dal totalitarismo sovietico a quello della Germania nazionalsocialista, fino a trovare dinamiche simili in molte aziende attuali, o anche in gruppi settari religiosi.

“In un sistema totalitario, a differenza di quanto si può comunemente pensare, il potere non viene detenuto esclusivamente con la violenza, ma è frutto di una reciproca contrattazione tra il capo e le masse dominate.” – Gustav Le Bon

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martedì 29 marzo 2011

L'importanza di dire No

 

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Abbiamo perso l’arte di dire “no”. No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che ci circondano, no all’invasione della burocrazia nella nostra vita. No all’idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame e la schiavitù infantile.

C’è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola. E invece ne siamo incapaci. Sono sgomento di fronte all’acquiescenza di tante persone per bene, trasformati in campioni di fatalismo, quasi che protestare fosse diventato inutile e imbarazzante. Ma le personalità più grandi del nostro tempo, i Nelson Mandela, i Vaclav Havel, non hanno mai provato questo imbarazzo. Purtroppo la famiglia, la scuola e il sistema mediatico inoculano sistematicamente questo virus. Ci predispongono al più totale conformismo. E’ fondamentale riabituarsi alla resistenza contro i falsi idoli del nostro tempo. A partire dal principale: il fascismo del denaro… Il potere politico è nelle sue mani. Voi in Italia dovreste saperne qualcosa...

FONTE: La Repubblica.it
Tratto dall’ intervista di Franco Marcoaldi su “La Repubblica” al grande intellettuale mitteleuropeo George Steiner

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lunedì 28 marzo 2011

Internet per Criticare

DI MARCO CANESTRARI

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Questa volta affrontiamo un argomento un pochino tecnico perché ritengo che la conoscenza di alcune dinamiche del Web anche per i digiuni di informatica sia un bene per tutti. Ormai quasi tutti sanno cosa è un social network e molti di noi partecipano più o meno regolarmente a delle comunità virtuali (una comunità virtuale può essere ad esempio una pagina facebook oppure il forum di un sito). Un numero indescrivibile di pagine e gruppi nascono incessantemente su facebook, ma raramente si riesce a trovare una comunità di utenti organizzata in grado di cooperare ed agire in maniera articolata sui grandi numeri. Al contrario, le grandi pagine facebook attive (molte pagine sono arrivate a più di un milione di utenti e continuano a crescere) diventano facilmente un contenitore di commentatori abituali che sono fra i più provocatori e meno costruttivi degli iscritti, questo fa perdere enormemente il valore e le potenzialità dello strumento che abbiamo a disposizione.

Vediamo perché accade tutto ciò. L’utente che entra nella comunità ha, gratuitamente, la possibilità di commentare su un palcoscenico che può arrivare a moltissime persone in ogni istante. Parlando sempre di facebook, va detto che non tutti gli utenti che usufruiscono della pagina si mettono a commentare. Anzi, il commentatore è un tipo particolarissimo di utente, che non rappresenta affatto il lettore normale. Molto dipende dal tipo di comunità (ad esempio ci sono comunità incentrate sul gossip, sulla notizia politica e la nostra, incentrata invece sulla partecipazione costruttiva), comunque, in media, commenta una persona ogni decine di migliaia di iscritti. Per farvi un idea immaginatevi la curva di uno stadio di calcio colma di spettatori silenziosi dove uno solo, fra la folla, si alza e grida a gran voce qualcosa per farsi ascoltare da tutti. Questo per dire che il commentatore non rappresenta la comunità. Il commentatore è una anomalia rispetto alle migliaia di utenti che sono “semplicemente” d’accordo o in disaccordo ma che non trovano una motivazione personale abbastanza forte da mettersi su quel palco a commentare. Parlando sempre per statistiche, senza scendere in ogni caso particolare, i commentatori sono quelle persone che, fra migliaia, hanno il più forte desiderio di essere riconosciute come individui ed ascoltate, di affermarsi di fronte agli altri nella loro personalità. Nel tempo il palcoscenico dei commenti diventa spontaneamente il ricettacolo dei personaggi più puntigliosi che sanno dire qualcosa “in più” degli altri. Cosa accade quando, filtrando mese dopo mese milioni di persone del web, sotto lo stesso riflettore si coagulano quelli che di più hanno la volontà di affermarsi e diversificarsi dal prossimo?

Spesso, fra questi protagonisti della scena virtuale accade che ogni piccola scintilla diventa un pretesto per iniziare la famosa guerra di provocazioni e contro offese chiamata negli ambienti “flame war”, una rissa virtuale non concepita per essere costruttiva o per chiarire meglio una discussione, ma solo per difendersi e provocare la reazione dell’altro. Questo è l’ambiente di caccia preferito dei cosiddetti “trolls” che, affamati d’attenzione disturbano l’interazione di tutto il gruppo e non lasciano più spazio a chi vuole pacatamente portare avanti gli interessi della comunità. Essi instaurano il meccanismo: “rischi di essere offeso pubblicamente, quindi o ti unisci al battibecco o esci dal palcoscenico e non commenti più”. Così, gradualmente, gli utenti più litigiosi verranno attratti, mentre quelli migliori abbandoneranno la comunità per andare in posti più costruttivi, facendo morire l’interazione positiva della comunità e il valore di tutta la struttura. Come molti esperti possono confermare, una manciata di disturbatori può, da sola, rovinare una comunità avviata minacciando la possibilità che moltissimi utenti continuino a ricevere i contenuti che desiderano.

Questo è ciò che naturalmente tende a succedere con il crescere della pagina se la comunità non viene moderata. Perché allora pagine importanti e grandi non vengono più moderate e lasciando gli utenti a scannarsi fra di loro nei commenti? Iniziamo a considerare che la quasi totalità di queste comunità facebook sono gestite da amministratori che fanno questo lavoro gratuitamente, senza risorse economiche a disposizione e nel poco tempo libero che hanno. Spesso la mole di lavoro è tale, che il numero amministratori è insufficiente in rapporto al numero di ore di lavoro richiesto per portare avanti la pagina, e la pagina muore. Quando invece una pagina è ben organizzata e riesce a raggiungere la dimensione di decine di migliaia di utenti attivi, lo staff che dovrebbe gestire i commenti ha sempre meno la possibilità materiale di interagire direttamente con ogni utente e lascia quindi il suddetto palco in balia del più forte. Per fare un esempio pratico, se un amministratore pagina dovesse raffrontarsi con 10.000 utenti e rispondere a 100 commenti al giorno, con una media di 5 minuti a commento impiegherebbe più di 8 ore, esclusivamente per la parte di lavoro che riguarda il moderare i commenti. In sostanza, le pagine grandi non vengono moderate perché non si hanno gli strumenti adatti, come ad esempio si hanno per la gestione della comunità di un Forum. Per chi non lo sapesse, al contrario di un forum, anche solamente l’allontanare da una pagina facebook un utente che disturba è molto difficile e può richiedere anche alcune ore di lavoro, a volte con il risultato che l’utente trova il modo di iscriversi di nuovo, e tornare magari sotto falso nome, più incattivito di prima.

Cosa Possiamo fare allora se vogliamo conservare il più a lungo possibile il valore di una comunità? Se una pagina ci piace e desideriamo contribuire alla sua salute, quello che possiamo fare è partecipare il più possibile con commenti costruttivi, senza farci trascinare nelle dinamiche del battibecco, dell’offesa e della provocazione facendo capire al disturbatore di turno che la comunità è forte e presente e che quello spazio non può essere monopolizzato dalle sue provocazioni. Ancora meglio sarebbe partecipare più direttamente entrando nell’amministrazione della pagina o nello staff che produce i suoi contenuti: aumentando le risorse a disposizione si aumenta infatti anche la possibilità di gestire i commenti, dando sempre più stabilità ed espansione alla struttura.

Come sempre, i risultati migliori di fronte ad un problema si hanno quando aumenta la partecipazione consapevole di tutti, quando, oltre al criticare e ad essere “contro”, facciamo anche qualcosa di concreto “a favore” della costruzione di modelli migliori rispetti a quelli che critichiamo.

Cambiamo i verbi della nostra azione collettiva:
proporre invece di reagire, fare anzi che suggerire.

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sabato 26 marzo 2011

Noi e il Mondo

DI JIDDU KRISHNAMURTI

papavero

I problemi del mondo sono così colossali, così estremamente complessi, che per comprenderli e risolverli bisogna affrontarli in maniera molto semplice e diretta; ma, la semplicità, la risolutezza, non dipendono da circostanze esterne, né da particolari pregiudizi e umori. La soluzione non si può trovare attraverso conferenze e progetti, né può consistere nella sostituzione dei vecchi capi con nuovi capi, o altre misure simili.

La soluzione è da cercare invece alla fonte del problema, ossia nel responsabile della malvagità, dell'odio e dell'enorme incomprensione che esiste fra gli esseri umani. Il responsabile di tale malvagità, la fonte di tutti questi problemi, è l'individuo, siamo voi e io, non il mondo così come siamo abituati a raffigurarcelo. Il mondo è il nostro rapporto con gli altri, non qualcosa di separato da voi e me; il mondo, la società, è il rapporto che stabiliamo o cerchiamo di stabilire fra ciascuno di noi. Dunque, il problema siamo voi e io, e non il mondo, perché il mondo non è altro che la proiezione di noi stessi e comprendere il mondo vuol dire comprendere noi stessi. Il mondo non è separato da noi; noi siamo il mondo, e i nostri problemi sono i problemi del mondo. Non mi stancherò mai di ripeterlo, perché l'apatia è talmente radicata nella nostra mentalità che pensiamo che i problemi del mondo non ci riguardino, che a risolverli ci deve pensare l'ONU o che sia sufficiente sostituire i vecchi leader con nuovi dirigenti. E' una mentalità molto ottusa quella che ragiona così, perché siamo noi i responsabili della spaventosa infelicità e confusione del mondo, di questa minaccia costante di guerra. Per cambiare il mondo dobbiamo partire da noi stessi; e quel che conta nel partire da noi stessi è l'intenzione. L'intenzione che deve guidarci è quella di comprendere noi stessi e di non lasciare soltanto ad altri il compito di trasformare se stessi, o di produrre un cambiamento limitato attraverso la rivoluzione, che sia di sinistra o di destra.

E' importante capire che è questa la nostra responsabilità, vostra e mia; perché, per quanto piccolo possa essere il nostro mondo personale, se riusciamo a trasformare noi stessi, schiudendo un orizzonte completamente diverso nella nostra esistenza quotidiana, allora forse sapremo influire sul mondo in generale, sulla rete estesa di rapporti con gli altri.

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giovedì 24 marzo 2011

Violenza Reale e Violenza nei Mass Media

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Il presente documento costituisce il lavoro di elaborazione dei contributi che sono pervenuti al Laboratorio delle Idee. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro i quali hanno voluto prendere parte attiva al progetto.

La televisione si limita a ritrarre una violenza già esistente o al contrario ne favorisce lo sviluppo e la diffusione attraverso una programmazione mirata ad accrescerla ed esasperarla? (Alcuni esempi: crime-fiction, violenza nei dibattiti, TV del dolore, cinematografia violenta, messaggi subliminali in videogames e cartoni animati, etc.)
A te la parola…

INTRODUZIONE
La violenza rappresenta anche oggi uno dei problemi più diffusi ed al contempo uno dei temi più discussi, oggetto di analisi psicologica, sociologica. Il concetto stesso di violenza è tutt’altro che univoco, ma tende ad esser correlato sia al momento storico sia al contesto sociale e culturale di un popolo, di un paese. Domandarsi se la televisione ritragga la violenza reale o se, al contrario, ne favorisca lo sviluppo e la diffusione attraverso una programmazione mirata ad accrescerla ed esasperarla, sembra un po’ come chiedere se sia nato prima l'uovo o la gallina. Le due tesi, oltretutto, non sembrano mutuamente esclusive, nel senso che possono coesistere ed anzi rafforzarsi l’una con l'altra. Una fra le definizioni più interessanti e indicative di violenza, che potrebbe esserci di aiuto in questa breve analisi è la seguente: la violenza è l’atto più grave dovuto ad inconsapevolezza che un essere umano possa compiere nei confronti di un altro essere umano, di un animale, dell’ambiente naturale. Inconsapevolezza, per una ragione molto semplice. L’individuo violento non è evidentemente in grado di riconoscere una delle caratteristiche fondamentali dell’esistenza: l’unità. Qualsiasi persona incontriamo per la strada, ascoltiamo, o semplicemente osserviamo in televisione o su un monitor del nostro computer, per quanto possa sembrarci distante, separata, distaccata da noi, è comunque parte di noi. E’ uno con noi stessi. Nonostante le apparenze non esiste alcuna separazione fisica fra noi e gli altri. Il vero problema è che non ne siamo consapevoli, alimentiamo un ego il quale cresce con noi, ci identifichiamo sempre più con esso, facciamo di tutto per rafforzarlo fino al punto di arrivare a trattare tutto ciò che è “altro”, come una potenziale minaccia. Qualsiasi cosa è potenzialmente una minaccia alla nostra sicurezza. L’ego è molto abile e cerca di difendersi attaccando tutto e tutti, e così nasce l’atteggiamento violento.

LA VIOLENZA NEL MEZZO RADIOTELEVISIVO
Già dal 1954, anno in cui la RAI inizia a trasmettere regolarmente le prime trasmissioni, il mondo politico italiano si rende conto subito delle enormi potenzialità della televisione, al contrario del mondo intellettuale. La grande preoccupazione sembra quella di educare il pubblico. Assistiamo all’invadenza delle forme pedagogiche all’interno dell’ambito dell’intrattenimento, e anche la fiction, come ogni altro genere televisivo, viene visibilmente influenzata dagli intenti pedagogici. Ma la violenza nel media televisivo fa la sua comparsa più tardi, con l’avvento delle televisioni private intorno al 1975, dove si inizia ad importare fiction di produzione straniera, in particolare di provenienza nord e sudamericana. Negli anni ’70 compaiono in Italia i primi cartoni animati giapponesi, basati sull’archetipo dell’eroe salva mondo e la sua eterna lotta contro il male. La violenza mediatica, in questi anni pare comunque confinata all’ambito dell’intrattenimento. E’ comunque qualcosa di distante dalla realtà contingente e dall’attualità. In Italia i problemi sono altri, inizia a diffondersi la droga e l’insofferenza sociale sfocerà negli anni di piombo, senza dubbio grandi fattori di stress per le masse.

Nel 1984 si ha una grande svolta per quanto riguarda il panorama televisivo italiano. Per la prima volta viene trasmessa la serie televisiva “La Piovra”, in cui viene messa in scena la lotta alla mafia. Uno dei più grandi successi della fiction italiana certamente dovuta all’abilità nell’unire lo stile da telefilm americano all’attualità italiana, la lotta alla cosiddetta criminalità organizzata. L’archetipo dell’eroe del bene assume le fattezze di un commissario che decide di combattere qualcosa molto più grande di lui. Dall’altra parte, il male viene impersonato dal boss mafioso spietato e carismatico. Una delle caratteristiche principali del programma è la serialità, che è caratteristica delle forme narrative per la massa, per cui si crea un’abitudine, un appuntamento fisso all’interno del tempo sociale, che ben presto va a consolidarsi. La piovra raggiunge il suo apice nel 1989: il 20 marzo, quando quasi diciotto milioni di italiani assistono all’assassinio del commissario Cattani.
Da lì in poi, il filone monopolizza di fatto la scena dell’intrattenimento violento. Nel 1985 arriva in Italia il serial di fantascienza Visitors e poco dopo, nel 1989, Hunter, un poliziesco in cui la dose di violenza aumenta considerevolmente rispetto agli altri prodotti di genere analogo, riscuoterà grande successo. Gli anni ’90 segnano un’evoluzione netta nella presenza di violenza come intrattenimento televisivo. Nel 1995 dagli Stati Uniti arriva N.Y.P.D., serie poliziesca durissima che negli Stati Uniti scatena polemiche per la violenza sia verbale che visiva. Nel 1996 entra in scena il “maresciallo Rocca” e giunge in Italia E.R., l’apoteosi della rappresentazione del dolore in forma di dramma medicale.

Dopo l’anno 2000 fino ai giorni nostri accade qualcosa di nuovo e per certi versi inedito. Assistiamo ad un processo di ibridazione. Se prima la fiction rappresentava il paradosso, l’irreale, l’artefatto, ora il divario fra il reale e la fiction va sfumando sempre più, complici anche i drammatici avvenimenti della cronaca. Per citarne uno, i fatti dell’11 settembre. Il reale quindi si ibrida con la fiction in una sorta di tutt’uno in cui la mente fa fatica a distinguere l’uno dall’altro. Non dimentichiamo che il subconscio è molto più ricettivo e performante rispetto alla mente consapevole. Va anche scomparendo l’effetto differita, cioè la rappresentazione sceneggiata di un evento che si è già svolto e concluso nel passato. Ora tutto avviene simultaneamente. La paura simulata e indotta dal mezzo mediatico è la stessa paura che si prova nei confronti del mondo esterno, fuori dalla porta di casa nostra. La violenza simulata in tv è la stessa violenza che potrebbe colpirci nel quotidiano, quando meno ce l’aspettiamo. Se infatti la TV, controllata dal potere, ha lo scopo prevalente, anche se non dichiarato, di plagiare il cervello dei cittadini orientandone i gusti e le preferenze, il plagiato deve innanzitutto essere nella condizione migliore per rendersi aperto alla manipolazione totale. Le tattiche sono:
- induzione dello stress
- accrescimento della frustrazione
- induzione di un senso di paura
Questi fattori rendono la persona desiderosa di staccare la spina, e la persona effettivamente la stacca la spina, ma come? Rilassandosi. Ecco preparata la torta avvelenata. Tonnellate di programmi aiuteranno il cittadino a svuotare la mente ed abbandonare il suo stress, la frustrazione, la paura.

LA CINEMATOGRAFIA VIOLENTA
Le emozioni forti diventano un’esigenza che deve essere soddisfatta, e la TV, o il cinema, inducono un bisogno e poi si occupano di fornire la dose quotidiana di intrattenimento e violenza necessari a soddisfare il bisogno stesso. I film, piuttosto che i programmi televisivi, aiutano a staccare la spina offrendo sensazioni forti a buon mercato che si concretizzano principalmente, per quanto riguarda la cinematografia, in violenza e orrore. Il film horror, nasce come genere all’inizio ‘900, ma ne corso degli anni ‘60 si sposta decisamente verso il genere psicologico. Poco più tardi, dato il crescente interesse del pubblico all'occulto, viene prodotta tutta una serie di pellicole dai toni forti, spesso con contenuti sessuali. Uno dei cambiamenti cruciali degli anni ‘60, per quanto riguarda le sceneggiature, è il cambiamento nel protagonista negativo delle vicende. Nel cinema dell’orrore classico, il mostro era un essere del tutto inumano, o non più umano (pensiamo a Dracula o gli zombie), mentre ora diviene essere umano, a volte in cerca di vendetta, oppure impazzito o assetato di sangue. La paura subisce quindi una trasformazione, cioè non è più nei confronti di ciò che non si conosce, bensì verso qualcuno che si conosce bene, ma di cui non ci si dovrebbe del tutto fidare (il proprio vicino di casa, o addirittura noi stessi). Negli anni ’90, si ha una nuova transizione, non è più la persona conosciuta a seminare il panico in una comunità o in un gruppo più ristretto di personaggi, ma è l’intera società ad essere malata e assassina. Oltre all'umanizzazione di personaggi negativi classici (il conte Vlad) avviene anche una sorta di generalizzazione del male. Il mostro è un uomo, ma questa volta non si è più certi di chi sia esattamente. Chiunque è imputabile e di chiunque è possibile dubitare. E’ la stessa società malata che crea e poi nasconde il mostro. Anche in questo caso, la caratteristica comune con l’horror classico è la forte dualità bene contro il male.

Nell’ultimo decennio la violenza è sempre più esposta, e al di là della rappresentazione del sangue e della morte violenta nasce l’interesse nel mostrare la sofferenza. La morte è quindi solo l'ultima tappa di un lungo e orribile percorso. Molti horror attuali aggiungono un gusto per la sofferenza sia psicologica che fisica, cosa che manca nei decenni precedenti. Inoltre vi è un’ulteriore progressione in quel processo di umanizzazione del mostro iniziato negli anni ’60, arrivando all’idea di un male esteso alla società, prima ancora che al mostro. I personaggi sono calati in una società identica a loro nei metodi e nei comportamenti, anche se con fini diversi. I poliziotti spesso non sono molto differenti dai criminali. E’ la società ad essere un mostro e i criminali non sono che una sua estensione. Il bene, sostanzialmente, non esiste più. Nell’ambito della cinematografia violenta, ma non solo in quell’ambito, potremmo affermare uno dei punti focali della nostra discussione: i mass media non inducono alla violenza, massivamente, ma la utilizzano come strumento per impegnare il cervello in un’attività intensa di creazione di emozioni strumentale sempre e comunque al distacco da un senso critico legato alla realtà che il soggetto vive. D’altra parte ci poniamo però, ancora una volta, il dubbio: siamo sicuri che la violenza messa in scena o ricreata cinematograficamente o attraverso certi videogames non si insinui a poco a poco nel subconscio dello spettatore, al punto da indurre atteggiamenti o comportamenti violenti?

LA VIOLENZA NELL’INFORMAZIONE DI MASSA
L’impressione che abbiamo è che ciò di cui ci siamo nutriti nel corso dei decenni scorsi abbia formato e condizionato profondamente il gusto e le scelte di consumo delle ultime generazioni. La violenza diventa spesso il linguaggio dell’informazione che i mass media ci propongono. La violenza nei toni e nei metodi approda nei dibattiti televisivi. La sofferenza prima relegata alla cinematografia entra oggi negli studi televisivi grazie alla tv del dolore. I risvolti sociologici possono essere numerosi. Possiamo citare anche le torture di abu-ghraib, o l'esposizione ostentata dei video con le uccisioni che vedevano protagonisti alcuni fondamentalisti islamici. Oggi, nel 2011, a che serve e a chi giova tutta questa violenza mediatica?

L’ARTE DI COSTRUIRE UNA MINACCIA
Il sociologo Zygmunt Bauman afferma: "La paura è un capitale voluminoso per i mass-media." Ma la paura potrebbe anche essere definita come l’aspettativa di una potenziale violenza. E quest’ultima, a sua volta, richiede necessariamente l’esistenza di una minaccia. Oggi la minaccia (presunta) è l’altro, il vicino, il diverso, la malattia, il virus; è il terrorista, è il mafioso, oppure ciò che ci è ignoto. Come abbiamo già visto, i media nel corso dei decenni hanno trattato ampiamente le principali minacce. Dunque, il modo più efficace per creare paura è quello di creare una minaccia, stabilire un nemico, un obiettivo e costruirvi sopra una rappresentazione di violenza. Una volta parlavamo con gli sconosciuti e confidavamo nelle loro buone intenzioni. Oggi sono tutti potenziali predatori. I bambini hanno bisogno di un cellulare in tasca e vivono nella paura di essere rapiti dal mostro di turno. Siamo ormai una società educata e basata sulla violenza e sulla paura, e questa ossessione si è insinuata in ogni aspetto della nostra vita, compresi i passatempi. Siamo seduti al cinema o davanti alla tv con gli occhi sbarrati mentre seguiamo le macchinazioni di un serial killer o qualche altro malcapitato mentre viene decapitato da una motosega. Senza soluzione di continuità parte l’aggiornamento del notiziario che ci ricorda di preoccuparci per questa o quella catastrofe in arrivo. L’informazione nei mass-media oggi è estremamente pervasiva. Tra l’altro non dobbiamo dimenticare che qualsiasi comunicazione prodotta dalla televisione o dagli altri media mainstream (cioè le grandi ‘testate’), per sua natura parte col piede sbagliato perché è monodirezionale e prevede che i due interlocutori, colui che trasmette e colui che riceve, siano entrambi convinti che il primo ne sa più del secondo. Parlando di carta stampata, questa è una premessa che regge esclusivamente sul prestigio della testata pubblicante (prestigio che si trasmette in automatico alla firma) e che i lettori – checché ne dicano - accettano in toto ed incondizionatamente.

UN CIRCOLO VIZIOSO
La televisione ritrae senz’altro scene di violenza dalla realtà, ma ne stimola anche, a sua volta, lo sviluppo, sia attraverso la semplice diffusione di scene di violenza tratte dalla vita reale, che attraverso la creazione di scene di violenza immaginarie e virtuali. D'altronde, anche la sola scelta di quale aspetto della realtà si desidera che venga focalizzato, fa in un certo senso da zoom ad effetto moltiplicatore dell'aspetto stesso, poiché, estrapolando un frammento di realtà, si tralascia di conseguenza tutto il resto. Dunque, ogni focalizzazione è uno stimolo per quegli aspetti della vita e per quei valori che vengono focalizzati. Ma i nostri occhi e il nostro cervello non fanno lo stesso? Se assistiamo costantemente a scene di violenza, non ne siamo comunque condizionati e molto spesso portati a emularle? Vogliamo anche soffermarci su un’altra questione importante, che riguarda la veridicità dello strumento televisivo. La parola stessa,  tele-visione,  credo che sia tradotta letteralmente in quasi tutte le lingue (es. fern-sehen in tedesco) e significa, letteralmente, guardare lontano. Come se la televisione fosse, cioè, una sorta di cannocchiale sul mondo. Che ci permette quindi di vedere realtà a noi remote pur rimanendo seduti comodamente in pantofole in poltrona. Ma siamo proprio sicuri che la televisione ci porti a vedere realtà a noi lontane e che sia quindi uno strumento per conoscere realtà distanti? O, piuttosto, è la televisione a portare noi, che la guardiamo, nel suo mondo?

Effettivamente, la televisione, cambiando continuamente forma e apparenza, sembrerebbe rispondere sempre ai nostri desideri e alla nostra fame di piacere visuale. D’altra parte, sembra che non faccia altro che proiettarci nel suo mondo, un mondo artefatto. Apparentemente siamo sempre noi a decidere e a detenerne il controllo, poiché abbiamo il telecomando in mano. Ma nella sostanza, perdiamo sempre, un po’ alla volta, la nostra identità mentre identificandoci sempre più in ciò che viene trasmesso, ne diventiamo condizionati a livello emotivo. Infatti, se non la guardiamo con una certa regolarità, secondo le nostre abitudini, avvertiamo una sensazione di mancanza di qualcosa. Quel "qualcosa" che sembra mancare è in realtà una piccolissima crisi d'astinenza che sperimentiamo: un po' come la mancanza del fiasco di vino per l'alcolizzato. Siamo diventati schiavi senza nemmeno accorgercene. E, per di più, per nostra libera scelta. E come se non bastasse, spesso siamo pronti a pagare per l’acquisto di nuovi servizi televisivi e nuovi programmi tali da darci più piacere. Sicuramente un circolo vizioso tra violenza reale ad esposizione alla violenza tramite mass media esiste, ma la televisione, essendo pensata a scopo di lucro, non fa altro che rispondere ad una domanda (come per il mercato). Oggi, non tutte le proposte televisive vengono accettate dal pubblico, probabilmente soltanto quelle che soddisfano una necessità, più o meno indotta. Il cittadino ha bisogno di incollarsi al telegiornale quando si parla di dolore altrui, e più la notizia è invadente e drammatica più avrà successo tra gli spettatori.

La domanda ricorrente è: perché? cosa cerchiamo? (che poi è la stessa riflessione che faremmo pensando ai film dell'orrore ed alla loro diffusione). Una risposta definitiva non esiste. Possiamo prendere atto che un certo tipo di prodotto ci piace, lo consumiamo, ma al contempo spingerci oltre con lo sguardo cercando di diventare consapevoli delle meccaniche psicologiche e sociologiche che hanno causato e determinato il grande problema della violenza reale e nei mass-media. Forse il discorso è diverso quando lo spettatore è un bambino. Non che egli abbia la testa vuota, ma sicuramente dispone di una mente non ancora contaminata, che forse non è il caso di riempire a suon di arancia meccanica. Da qui l’importanza di un’educazione consapevole, che spesso, come opzione possibile, può passare attraverso una chiusura temporanea del rubinetto mass-mediatico, per dedicarsi ad altre attività più ispiranti anche se meno battute dalla massa. Oggi, certa realtà supera ampiamente la fantasia, in quanto a violenza, e il comportamento reale spesso non trae più ispirazione dalla televisione, ma si spinge ben oltre, purtroppo.

UNA POSSIBILE SOLUZIONE AL PROBLEMA
Quantunque questi elementi di condizionamento possano ormai essere entrati nel nostro dna e riaffiorino quando meno ce l'aspettiamo, dovremmo molto probabilmente imparare a controllarli e a sviluppare interessi alternativi. A riflettere, ad esempio, su temi importanti. Ad osservare senza fretta qualsiasi cosa, anche le più banali. Magari un albero, il mare, il tramonto o un uccello che vola. Se viviamo in un Universo vibrazionale, se tutto vibra e con-vibra, certamente le suggestioni di violenza, crimini, ruberie e furbizie per aggirare i controlli e i sistemi possono entrare dentro le menti. Le menti fragili. Ma come costruire una mente e un sé stabile e centrato? Come fare in modo che queste vibrazioni non penetrino e non provochino disturbi o, peggio, istigazione a delinquere?

Ognuno di noi è mente singola ma è anche parte di una mente collettiva. Jung la chiamava inconscio collettivo, e tutti vi siamo immersi. Ciascuno di noi può lavorare su di sé e raggiungere un equilibrio, senza dubbio attraverso le prove dell'esistenza, sia attraverso la soluzione di conflitti esterni ed interni, attraverso un raggiungimento di un equilibrio psico-fisico che la famiglia ed educatori equilibrati potranno indicare come via percorribile. Ma nessuno crediamo possa impedire ad un altro individuo di fare le esperienze che gli servono! Tenere sotto una campana di vetro le farfalle le farà impazzire per il desiderio che hanno di volare e di conoscere spazi e fiori, ed altri elementi della Natura. Forse bisognerebbe favorire l'auto analisi, la comprensione che il mondo esterno non è altro che il riflesso del nostro interno! Allora colui che è equilibrato riuscirà a comprendere che le piazzate di certi talk-show fanno parte di noi e sono le nostre parti che si aggrediscono a vicenda, perché squilibrate. Tutto è uno spettacolo messo in scena perché possiamo smetterla di farci creare dai mass media e dalla loro violenza, e assumerci finalmente la piena responsabilità della nostra vita, per fare scelte di vita diverse che ci aiutino a equilibrare istinti, sentimenti, pensieri, emozioni per vivere al meglio. Certo, se  la televisione fosse più equilibrata e condotta con saggezza potrebbe alternare il bene e il male, e mostrare come essi possano essere considerati parte di un Tao, e quindi come tutto quello che è squilibrato fuori debba tornare in equilibrio dentro, per poter essere tutti individui sereni e felici, e che non hanno bisogno di aggredirsi per convivere, ma possono benissimo, con humour e tolleranza, e senza aggressività, osservare a distanza il mondo esterno cercando di migliorare il proprio mondo interno.

Il problema delle masse è che si lasciano suggestionare più da messaggi che li illudono che la felicità sia il risultato di acquisti, oggetti di lusso, il superfluo presentato come necessità. L’educazione, la filosofia, la psicologia, la spiritualità, i grandi insegnamenti spiegati in maniera semplice alle masse potrebbero costituire un grande cambiamento. Ma il cambiamento di coscienza avverrà comunque, perché ormai la comunicazione in rete sta superando i mass media unidirezionali. Inoltre, organizzare dei periodi di oscuramento consapevole dell'in-formazione ed invitare la gente a maggiori scambi interpersonali tramite eventi di piazza, concerti, notti bianche, musica, arte, ed altre iniziative, potrebbe ulteriormente essere di grande aiuto.

LABORATORIO DELLE IDEE DI ECV, a cura di Luca Caristina

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lunedì 21 marzo 2011

Il Manifesto del Vero Rivoluzionario

DI DADRIM

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Crisi economica, malavita organizzata, insicurezza sociale, malgoverno, mala politica, progressivo deterioramento delle istituzioni scolastiche, clientelarismi, baronie, assoluta mancanza di meritocrazia, democrazia, senso civico, senso dello stato, educazione ed etica ambientale, devastazione del territorio e del patrimonio paesaggistico e monumentale artistico. Questa è l’Italia che ci viene raccontata. Se poi guardiamo il panorama politico internazionale le cose non sembra andare molto meglio: l’eterno conflitto Israelo-Palestinese, l’Iraq e l’Afghanistan ancora tormentati dalla guerra (civile o militare che sia, per me sempre guerra è!), la repressione dei monaci in Tibet, i tremendi conflitti dimenticati che insanguinano le terre dell’Africa, la povertà, la fame, il traffico di organi umani, il traffico di donne destinate alla prostituzione, il traffico d’armi, il traffico di droga, il traffico di merci inutili che vanno da una parte all’altra del mondo, il folle e progressivo aumento del traffico dei mezzi di trasporto, l’inquinamento, lo scioglimento dei ghiacci… Tutto questo e molto ancora è quel che quotidianamente ci riportano i nostri “tanto amati” mezzi di informazione attraverso speciali, tribune politiche, dibattiti, trasmissioni radio, telegiornali, giornali, “matrici”, “sette e mezzi”, “infedeli”, “fedeli”, “ballerini”, “cose personali e niente di personale, “porte a porte varie”, giullari, mangia fuochi, saltimbanchi, menestrelli, cartomanti, notizie strisciate…

Ascoltando tutto ciò viene da chiedersi come faccia il mondo a ruotare ancora sul suo asse sospeso nello spazio senza cadere in una qualche discarica, inceneritore, termovalorizzatore o come lo vorranno chiamare. Tutti propongono la loro ricetta politica, tutti offrono a caro prezzo la loro lettura dei fatti, la loro colta o ignorante opinione. Il nostro paese è una terra di maestri, professori, dottori, esperti, maghi e stregoni. C’è chi teme una catastrofe mondiale, c’è chi profetizza la fine del mondo, c’è chi parla di un ritorno al medioevo, ma non c’è mai chi sta zitto, e in questo caso nemmeno io, che amo così tanto il silenzio, mi esimo dal partecipare a questa festa di cortile, a questo carnevale nel pollaio. Per chi teme una catastrofe mondiale vorrei solo ricordare che ogni cento, centoventi anni al massimo la natura compie le sue normali e periodiche pulizie di fine stagione cancellando dalla faccia della terra 6,6 miliardi di persone. È si!, se non ci avete mai pensato, ogni 100 anni un’intera generazione scompare. Fra cento anni la morte si sarà riportata a casa l’intera popolazione che ora respira e cammina in questo istante. Quindi rilassatevi e smettete di preoccuparvi per la fine del mondo, iniziate piuttosto a preoccuparvi di come vivere il tempo che vi rimane da trascorrere su questa terra, perché la fine arriverà comunque per tutti noi. Il problema non è mai la fine né l’inizio, ma sempre e solo il come essere e il cosa fare nel presente.

V’è da dire, poi, che tutti sembrano essere d’accordo sul preoccuparsi per il mondo che erediteranno i nostri figli. Bugiardi!! Se tutti vivessimo veramente preoccupandoci per il futuro dei nostri figli, non credete che le cose starebbero già andando in un altro modo? Noi non siamo nemmeno capaci di preoccuparci per il nostro futuro, figuriamoci se ci preoccupiamo per quello degli altri, figli o meno che siano! L’unica cosa che riusciamo a fare per i nostri figli è lottare in tutti i modi affinché essi ereditino i nostri patrimoni, le nostre posizioni di potere o i nostri privilegi sociali, senza renderci conto che l’unico bene capace di durare nel tempo è quel bene che nasce da un’azione figlia della comprensione che la natura e gli uomini sono un unico organismo vivente e che un tale organismo non può sopravvivere a lungo se ogni sua cellula pensa unicamente alla propria sopravvivenza e a quella delle cellule sue simili! Ma quel che preme alla maggioranza di noi è sempre e solo il presente, l’adesso, al massimo il domani, ma già la settimana prossima è cosa lontana e incerta. Ora so che qualcuno starà pensando: “ma non continui a ripetere di vivere il presente in modo totale e di non preoccuparsi per il futuro o per il passato”. “Certo”, dico io, “ma un conto è vivere il presente avendo trasceso il proprio istinto animale e il proprio egoismo personale, ben altra cosa è invece vivere il presente allo stesso modo di una scimmia o di un alligatore”. L’uomo libero ha trasceso il tempo proprio perché ha saputo vedere e comprendere l’impermanenza e la futilità insiti in tutti i nostri desideri personali, mentre lo schiavo non sa nemmeno di vivere confinato entro le logiche del tempo perché vive unicamente ancorato alla dimensione del “tutto mio”, subito e adesso: “Uno è un uomo semidio, l’altro è un uomo semigallina”. Comunque, quel che vorrei dire, in risposta a molte domande ricevute da persone preoccupate e spaventate per la crisi economica e la difficile situazione sociopolitica che stiamo attraversando, è: siate sereni, abbandonate ogni pensiero catastrofista, disfattista o pessimista, perché davanti a noi si stanno aprendo possibilità di cambiamento mai avute prima; ci attende un futuro radioso…se lo vogliamo davvero.

Questa che stiamo vivendo non è una crisi dell’Italia, ma è una crisi mondiale che colpisce l’intero sistema economico, politico e valoriale su cui ci siamo basati sino ad ora. Abbiamo trascorso gli ultimi cinquanta anni pensando che il sistema economico capitalista, innestato in una forma sociale democratica e condito con una religione istituzionalizzata di massa avrebbero potuto essere la ricetta di tutti i nostri mali. Ma eccoci qua per scoprire d’aver collaborato ad instaurare una semidemocrazia che si sorregge bilanciata da una semiteocrazia, ambedue guidate e manipolate da una dittatura reale di capitali! Gli ultimi cinquanta anni sono stati segnati dal dominio assoluto del potere per il potere, del controllo per la pura soddisfazione e liberazione degli istinti primari e la glorificazione del narcisismo più assoluto. Dopo il crollo delle grandi ideologie, il sogno di poter instaurare una società democratica, fondata sulla meritocrazia e la solidarietà sociale ha svolto magistralmente il suo lavoro di assopimento delle coscienze individuali. Quanti ancora credono che tutto ciò sia possibile? Molti, ne sono certo, ma non più così tanti da poter mandare ancora avanti il circo. Cosa sto cercando di dirvi con tutto ciò? Semplice! Le nostre democrazie non sono strutturate a livello comunale, ma a livello nazionale, se non addirittura sopranazionale. Pensiamo alla nascita del parlamento europeo o anche ai vecchi e cari Stati Uniti. I palazzi del potere sono ben lontani dalla gente e raccolgono sotto la loro influenza un’enorme quantità di persone.

Ora, il primo reale problema di chi vuole governare oggi, non è come governare, ma come riuscire ad accedere alle posizioni di governo. Supponiamo che io e alcuni miei amici non sopportassimo più la condizione in cui versa la nostra città, la nostra regione e la nostra nazione. Cosa potremmo fare per cambiare le cose? Dovremmo prima pensare a cosa vorremmo cambiare e a come lo vorremmo cambiare, poi a come far giungere il nostro pensiero di cambiamento a più persone possibili per vedere se condividono la nostra iniziativa. Semplice vero? Ma il problema dei problemi sta proprio nella circolazione delle idee! Come possiamo far circolare le nostre idee? Come ho sentito sostenere da qualche politico, in alcune sparate comico-demenziali, ad un comune cittadino basterebbe andare in giro per le piazze a fare volantinaggio o indire dei comizi in qualche cinema o teatro di paese. Ma vi rendete conto? L’Italia ha quasi sessanta milioni di abitanti controllati da un governo centrale che sta a Roma, e secondo questi buffi individui, andando a fare volantinaggio per le piazze o comizi nei cinema di paese, un comune cittadino potrebbe mutare le mostruose e titaniche logiche di potere che controllano la nazione. Siamo all’assurdo. Ma poi così assurdo non è, se ci pensiamo bene. È di fondamentale importanza far credere alla gente d’essere libera e di avere sempre la possibilità di cambiare le cose qualora si dovessero mettere troppo male, perché se la gente iniziasse a comprendere di non avere alcuna possibilità di modificare l’ordine sociale attraverso un’azione di pacifica condivisione, riflessione e proposta d’azione, vi sarebbero tutti i presupposti per l’esplosione di una possibile azione violenta atta a sovvertire l’ordine vigente.

Pertanto bisogna dire alla gente che chiunque, quando e come vuole, può divenire protagonista della vita politica del suo paese e magari mutarne radicalmente le sorti. Certo!, ne sono assolutamente convinto! Come sono convinto dell’altra ben più tremenda mistificazione della realtà. Quella mistificazione che ritengo stia alla base del sostentamento dell’intero ordine di potere in cui siamo rinchiusi. Questa mistificazione si chiama “MASS MEDIA”. Ho sentito ripetere più e più volte da politici, giornalisti Tv, intellettuali d’ogni sorta, vallette, presentatori, conduttori televisivi, professori universitari, insomma, da tutti coloro che vivono dello stipendio che gli danno per fare le loro apparizioni sui Mass Media, che i Mass Media hanno una scarsa rilevanza per quanto riguarda la costruzione del pensiero personale del cittadino a riguardo d’ogni cosa. Insomma, secondo tutti questi geni, la Tv e in generale i mezzi di comunicazione, non hanno un gran potere di direzionare la vita, le scelte e i pensieri delle persone. Ma vi rendete conto di cosa sono capaci di dire? Ma allora se non sono i mezzi di comunicazione che plasmano il pensiero di massa cosa lo forma? Ovviamente, seguendo questi illustri pensatori, la massa si forma ed informa andando a comizi, nei cinema di paese, nei teatri, leggendo volantini, studiano la nascita e il crollo delle grandi ideologie politiche, approfondendo le concezioni etico politiche che stanno alla base di concetti quali “democrazia”, “liberalismo”, “comunismo”, “socialismo”, “società dei capitali”, “libero mercato”… Ne sono convinto!!! Ne sono così convinto che ho la certezza che se domani Maria De Filippi e i ragazzi dei sui "profondi" programmi televisivi fondassero un partito chiamato “Uomini e Donne” sarebbe l’ultima volta che vedremmo Berlusconi e Veltroni in Tv. Non sto scherzando, sono serissimo. La De Filippi potrebbe tranquillamente essere il nostro prossimo Premier! I mezzi di informazione sono l’arma più potente che sia mai esistita. Possono far nascere guerre, far divenire dei conflitti in corso dei conflitti fantasma, possono cambiare in pochi giorni il nostro modo di magiare, di vestire, di comportarci, possono farci credere qualunque cosa essi vogliano farci credere. I MASS MEDIA SONO ONNIPOTENTI, pertanto chi li controlla e dirige è ONNIPOTENTE!! Possono far divenire, dal giorno alla notte, un politico o un intellettuale, criminali o santi, geni insuperabili o folli scellerati.

Possono tutto per diversi motivi:
* La maggior parte della gente non li mette mai in dubbio.
* Si muovono fuori dallo spazio e dal tempo. In un solo secondo un politico può raggiungere 60 milioni di persone. Un uomo comune per riuscire ad avere lo stesso risultato andando per teatri dovrebbe impiegare minimo 30 anni. La loro diffusione di massa crea quell’effetto che io chiamo “Moltiplicazione del potere di fascinazione”, e cioè: quando guardo e ascolto una persona che so che è contemporaneamente guardata e ascoltata da altri milioni di persone, le sue parole e la sua immagine aumentano di potenza tanto quanto sono le persone che credo la stiano ascoltando e vedendo. Questa è anche la spiegazione del perché tutti coloro che vanno in un qualche reality non appena parlano di sé o vedono un parente scoppiano in lacrime. La “Moltiplicazione del potere di fascinazione” è infatti bidirezionale. Chi guarda attribuisce grande importanza a ciò che vede, ma anche chi è guardato e ascoltato moltiplica la rilevanza e l’importanza di quel che fa perché sa d’essere visto da milioni di persone. I Mass Media sono praticamente degli amplificatori degli stati coscienziali degli individui. Questo è anche il segreto del grande successo di tutti quei programmi che mettono i fatti della gente in piazza, o il perché le notizie di cronaca nere occupano tutti gli spazi.

Il mezzo di comunicazione più potente di tutti è il TELEVISORE, per il semplice motivo che interagisce con quasi tutti i nostri apparati sensoriali, pertanto penetra ben più in profondità nella nostra struttura psichica. Le funzioni di pensiero che stanno alla base della nostra capacità di lettura e comprensione dei significati attraverso la parola sono apparati molto giovani del nostro organismo e pertanto non molto potenti e sviluppati, soprattutto in chi non li ha esercitata e accresciuta un granché. La vista invece è uno degli organo di senso più potenti, pertanto la Tv ha la possibilità di veicolare informazioni attraverso due canali, uno dei quali ha un potere e un’influenza immensi, senza poi entrare nei particolari di tutti i processi di condizionamento inconsci che passano attraverso quelli che vengono definiti messaggi subliminali. Ora se abbiamo capito la reale potenza dei mezzi di informazione abbiamo anche capito che tutto ciò che non passa attraverso di loro gran poco può fare per mutare una struttura di potere che si sostiene proprio grazie a loro.

Ma come si può accedere al loro utilizzo per farne un uso controproducente proprio per coloro che detengono il potere attraverso questi mezzi? Qualcuno potrebbe dire che internet è la grande speranza per una reale democrazia, ma per ora internet non è ancora sufficientemente diffuso nella popolazione e credo che questo sia anche il motivo per cui è ancora discretamente libero. Allora non c’è speranza? No anzi, con questa crisi e con le premesse che vi stanno alla base le speranze sono ben più che semplici speranze ma sono delle certezze. Le grandi industrie e le multinazionali, al cui vertice vi sono pochi potentissimi individui, ovviamente controllano i mezzi d’informazione perché hanno i capitali. Controllano poi la politica perché senza una politica assoggettata ai loro interessi non potrebbero mantenere i grandi capitali. Per poter accedere alla politica e tentare di mutare le cose bisogna accedere ai mezzi di informazione, ma i mezzi di informazione sono nelle mani, come dicevamo, di chi ha tutti gli interessi che le cose non cambino mai, e così si è al cospetto di un cerchio di potere chiuso e apparentemente inviolabile. Le multinazionali e i grandi capitalisti controllano poi anche le fonti energetiche, perché anche queste sono strutturate in una forma reticolare controllata da poteri piramidali.

Tutto ciò dovrebbe avervi già fatto comprendere a cosa voglio arrivare. Questo sistema non è mutabile attraverso un’azione diretta a sostituire i vertici che stanno a capo della piramidi. Tale azione nell’arco dell’intera storia umana si è sempre rivelata inconcludente ed intrinsecamente idiota per alcuni ovvi motivi che pochi tengono in considerazione. Primo: per quale motivo pensiamo che sostituendo chi è al potere potremmo ottenere un ordine sociale diverso se è la struttura stessa della società a basarsi su logiche gerarchiche, di controllo e di esercizio del predominio individuale o di casta a discapito dei gruppi subordinati? Secondo: come è possibile che non vediamo come la sete di ascesa al potere sia presente sin negli strati più bassi di questa piramide? È folle pensare che il mondo sia come sia per colpa di qualche politico scellerato o di qualche organizzazione multinazionale priva di etica. È la stessa psicologia di massa ad essere intrisa di “valori” che incitano al dominio, al narcisismo, alla sopraffazione e allo sfruttamento del più debole. Terzo: anche se domani mattina mettessimo al potere un essere illuminato, entro sera quel povero disgraziato verrebbe sbranato vivo dalla massa di lupi famelici che sotto di lui premono per occupare la sua posizione. La storia è la prova assoluta di questo fenomeno. Pertanto ripeto: questo sistema non è mutabile attraverso un’azione volta a sostituire i vertici che stanno a capo della piramidi.

Come mutare allora l’ordine del cose? Continuando a fare quel che da sempre sta avvenendo, e che forse in questi ultimi tempi si sta accelerando, e cioè il risveglio di sempre più individui. Per risveglio intendo la realizzazione del proprio Essere e di quella pace che vive nelle sue profondità. Liberatevi da ogni paura, da ogni forma di pensiero gerarchico, dipendente, piramidale, da ogni bisogno di essere applauditi, amati, confermati, guidati, lodati, idolatrati. Uccidete il vostro narcisismo ed egoismo, morite a voi stessi per rinascere ad una realtà fatta di immotivata condivisione e gioia. Dopo aver fatto questo contagiate tutto e tutti con il vostro essere, con i vostri pensieri, con le vostre parole e le vostre azioni. Ragionate in piccolo ma agite sempre in grande. Non preoccupatevi del bene della nazione, la nazione non la troverete mai, ma preoccupatevi del bene di quel mondo e di quelle persone che ogni giorno trovate lungo la vostra strada. Scoprite la stupidità d’ogni pensiero e ricerca di ricchezza superiore a ciò che v’è necessario per un sobrio e quieto vivere. Ciò che non avete e v’è indispensabile vi sarà dato da chi come voi sempre si libererà del superfluo e dell’abbondante. Non accumulate più di quanto è necessario per trascorrere i possibili inverni della vita. Pensate sempre e solo, come prima cosa alla pace del vostro cuore e alla libertà della vostra mente, tutto il resto verrà da sé. Se così vivremo, la piramide su cui oggi si fonda il potere, inizierà a vacillare sino a sgretolarsi completamente poiché gli mancherà la base su cui poggia. Chi è al vertice della struttura sarà anche l’ultimo ad accorgersi che il gioco sta finendo. È per questo che nonostante le cose stiano cambiano, nulla, se ascoltiamo quei quattro rozzi informatori, sembra cambiare. I grandi mezzi di comunicazione saranno gli ultimi a dare la notizia del crollo dell’impero. Ma è così che vanno queste cose, e così le vedremo andare.

Sempre più persone sentono il desiderio di iniziare a costruire una nuova dimensione sociale fondata su ordini di grandezza più a misura d’uomo. Saranno i comuni a divenire il centro della vita politica ed amministrativa della gente. Non vi sarà più alcuna necessità di controllare le fonti energetiche a livello centrale, per il semplice motivo che le energie rinnovabili daranno la possibilità alle persone d’essere totalmente libere da ogni forma di controllo superiore. Una società che si fonda su una produzione libera e rinnovabile di energia è una società che ha risolto il novanta per cento dei suoi conflitti. A quale ricatto saremo disposti a cedere il giorno in cui ogni bambino nascerà con una piccola casa già pronta, senza mutui o folli bollette energetiche da pagare, perché la società che lo accoglierà avrà compreso che ogni individuo merita d’essere accolto sin dalla nascita con almeno un tetto sotto cui riposare, e un pasto caldo, senza mai dover dare prova di valore alcuno per ottenere queste cose perché il nascere è già massima manifestazione di gloria in sé? I tempi in cui nessun bambino verrà al mondo scoprendo un luogo ostile e di conflitto sono vicini. La natura sta cercando di comunicarci in tutti i modi possibili che le forme e i modi attraverso cui ci manteniamo sono contrari alle sue leggi. La nostra stessa coscienza ci sta gridando che le nostre azioni e i nostri ideali sono contrari alla sua natura divina. Il concetto di nazione è orami alla sua fine, i confini stanno, uno ad uno, svanendo, e un'unica lingua mondiale sta lentamente prendendo vita. Quando questo processo sarà completato come potremo anche solo immaginare che i popoli e le genti della terra rimarranno ancora divisi da assurde ideologie politiche, fanatismi religiosi o interessi di parte? Lo sviluppo tecnologico si sta muovendo sempre più rapidamente nella direzione di un’armonizzazione e integrazione con le leggi della natura. Tutto ciò dimostra ampiamente che l’uomo sta iniziando a comprendere che il suo ruolo in questo universo non è quello dell’organismo parassita, ma quello del genio inventore e del poeta innamorato delle meraviglie del mondo.

Pertanto:
* Se siete scienziati lavorate per creare una sempre più profonda e ampia armonia con la natura che ci circonda.
* Se siete scrittori, poeti, filosofi o artisti d’ogni genere, diffondete la vostra arte sino al più remoto angolo della terra, sino a colmare ogni cuore e ogni mente di pura bellezza, fantasia e creatività.
* Se siete artigiani, operai, impiegati, imprenditori o lavoratori d’ogni tipo, impiegate il vostro genio e il vostro sforzo ricordando sempre come prima cosa che il mondo è un unico organismo che si muove all’unisono. Operate quindi per creare unità e benessere reale per tutti, non lasciatevi ingannare da pensieri individualisti o personalismi vari. Se vi trovate, vostro malgrado, a dover operare all’interno di un gruppo che agisce inconsapevolmente, cercate di portare la vostra libertà e vastità di pensiero e animo in ogni vostra azione. Siate come un virus benefico all’interno di un sistema malato. Diffondetevi piano, silenziosamente, create alleanze e amicizie basate sulla solidarietà e l’affetto incondizionati.
* Se siete disoccupati unitevi in gruppo e condividete le vostre idee e le vostre forze per dare libera espressione alla vostra creatività e a tutte le vostre capacità ancora inespresse. Non attendete che qualcuno vi faccia l’elemosina, ma divenite padroni del vostro sudore e della vostra fatica. Un uomo solo non può fare granché, ma molte anime assieme possono creare un paradiso in un deserto. I poteri parassitari rimarranno in piedi unicamente sino a quando i singoli individui non si uniranno per convogliare tutte le loro energie in uno sforzo creativo. Non accettate un misero piatto di minestra datovi da chi vi offre un arido lavoro già pronto, ma preferite un vecchio pezzo di pane frutto di una vostra fatica che amate fare. Solo facendo ciò che amiamo, un giorno, un pezzo di pane diverrà una grande tavola imbandita d’ogni bene per noi e per molti altri, ma se accettiamo il piatto di minestra già pronta, fra cent’anni avremo sempre e solo una misera minestra, magari riscaldata!

Se questi pensieri circoleranno più di quanto oggi circoli il denaro, prima di quanto si possa sperare, avremo acceso un fuoco capace di illuminare anche la notte più scura, e non temete d’essere ostacolati, perché chi non è pronto a questo cambiamento nemmeno si accorgerà del vostro operato, perché questa rivoluzione è silenziosa e pacifica come una foresta che cresce. Questa è l’unica vera rivoluzione possibile!

FONTE: ILBLOGDIDADRIM

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domenica 20 marzo 2011

Il Laboratorio delle Idee: Alimentazione e Benessere

DI LUCA CARISTINA

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Siamo al secondo appuntamento con Il Laboratorio delle Idee di Ecco Cosa Vedo. Ogni due settimane una proposta diversa, un argomento sul quale poter esprimere il proprio pensiero, liberamente, in modo spontaneo, sotto forma di testo oppure con un video. Un laboratorio delle idee ma anche di soluzioni concrete. Partecipa anche tu! E’ molto semplice: inviaci le tue idee via email all’indirizzo laboratorio_ecv@live.it. Non occorre nessuna iscrizione. Al termine della prima settimana, i contributi scritti e/o audio/video pervenuti al laboratorio delle idee di ECV verranno raccolti ed elaborati in una relazione che verrà pubblicata nel nostro blog la settimana seguente, in una nuova sezione dal titolo: ”Laboratorio delle Idee”. I contributi rilevanti in accordo con la linea editoriale di ECV verranno pubblicati anche singolarmente sul blog e nella pagina facebook. Per il materiale video potete inviare il corrispondente link youtube. Il tempo utile per inviare le vostre idee è da questo momento fino a domenica 27 marzo entro le ore 12:00. Argomento della settimana:

Alimentazione e Benessere

In che modo e in quale misura l'alimentazione condiziona il nostro benessere fisico, spirituale e l'ambiente in cui viviamo?
A te la parola…

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mercoledì 16 marzo 2011

La Vita nelle Immagini della Tua Mente

DI ANTONIO PACILLI

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La storia ha documentato, nel tempo, una serie di scoperte e ritrovati tecnici favoriti, nel loro concepimento, da ragionamenti basati sulle immagini che i fisici ed altri scienziati ricostruivano nella propria mente. Ancora oggi, in diversi campi di ricerca, come la progettazione degli aerei, le discipline mediche e la biologia, si ricorre alla visualizzazione per risolvere problemi tecnici o per determinare gli elementi coinvolti nelle diverse analisi.

Pur non scomodando celebri innovatori della storia, la capacità di sfruttare il “pensiero visivo” è stata molto utilizzata nell’antichità quando non esistevano le tecnologie che, attualmente, ci aiutano nella nostra vita quotidiana. Si pensi all’importanza che avevano nel commercio la capacità di stimare ad occhio il peso di una merce o di stimare una lunghezza. Con lo stesso principio potremmo provare ad affrontare le nostre difficoltà personali e lavorative. Visualizzare nella mente le immagini relative alle nostre situazioni concrete, facendole fluire in maniera armonica, può creare stimoli nuovi, diversi dall’esperienza che abbiamo accumulato nel tempo, consentendoci di trovare margini di soluzione in vicoli apparentemente ciechi. Quindi, ciò che ha consentito in tanti casi, a livello scientifico, di raggiungere risultati inimmaginabili, potrebbe supportare l’individuo nell’affrontare le difficoltà (cognitive, emotive, relazionali, comportamentali) che risultano insormontabili con altri approcci. Infatti, l’esperienza che facciamo ed accumuliamo, che ci aiuta in tante attività quotidiane e ripetitive, spesso, porta fuori strada la nostra mente e ci può indurre in errori anche banali. Non dovremmo smettere di porci interrogativi e di immaginare nuove strade. Non dovremmo smettere di materializzare nella nostra mente immagini creative della realtà che vorremmo. Non è necessario concepire un’innovazione di portata scientifica.

Ciò che conta è comprendere che le scelte a nostra disposizione sono decisamente più numerose rispetto a quelle preconfezionate che, fino ad ora, ci hanno imposto nella nostra vita.

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martedì 15 marzo 2011

Mass Media e Controllo

 

Come i media, ed in particolar modo la televisione, possono influenzare le masse nei paesi democratici? Ecco Cosa Vedo intervista Daniele Segreti durante la conferenza sul Controllo Masse tenutasi lo scorso novembre a Soriano nel Cimino (VT).

Il controllo avviene stimolando gli istinti più bassi, facendo leva sugli aspetti più consumistici del vivere quotidiano, creando mode, culture, opinioni e consensi. Esiste una via di fuga da tutto ciò? L'accesso libero e comodo a tutte le informazioni è una delle principali armi contro la manipolazione mentale. Sempre più frequentemente si inizia a sentire la necessità ed il bisogno di cercare una informazione vera e libera da influenze di parte, non più l'abbandono passivo a quanto proposto costantemente dai media.

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lunedì 14 marzo 2011

Come Ricordare il 150° Anniversario dell'Unificazione Nazionale Italiana?

DI ENRICO GALAVOTTI

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In occasione di questo 150° anniversario dell'unificazione nazionale potremmo porci due semplici domande. La prima: Cos'è che dal 1861 ad oggi riteniamo che sia stato maggiormente tradito rispetto agli ideali risorgimentali?

L'elenco è breve:

  1. Il Mezzogiorno è stato il grande penalizzato, in quanto s'è voluto trasformarlo in un'enorme colonia di risorse umane, naturali e materiali per l'industrializzazione del centro-nord. Se ancora oggi i meridionali avvertono come traditori i Savoia e persino Garibaldi, il motivo è tutto qui: la cronica mancanza di una riforma agraria a favore delle plebi rurali; la netta subordinazione delle esigenze agricole a quelle industriali.
  2. Unità nazionale e processo industriale hanno voluto dire decollo di un sistema sociale basato sul capitalismo privato, senza alternative di sorta; quel capitalismo che porterà sì al miracolo economico della belle époque e del consumismo anni Cinquanta-Sessanta, ma anche al brigantaggio, all'emigrazione, all'abbandono delle terre, alla penetrazione massiccia del capitalismo nelle campagne (e quindi alla formazione di monocolture per i mercati e alla fine di qualunque esperienza di autoconsumo e di comunità di villaggio).
  3. Lo sviluppo del capitalismo privato, prima concorrenziale poi monopolistico (con l'appoggio dello Stato), ha comportato una devastazione irreversibile dell'ambiente naturale, nel senso che si è preferito privilegiare il concetto di "produzione di beni industriali" piuttosto che quello che "riproduzione di beni naturali" (al nostro paese s'è imposta con la forza l'idea di "consumare" quante più merci possibili).
  4. La centralizzazione dei poteri politici, nella capitale romana, ha mortificato enormemente gli usi, i costumi, le tradizioni, le lingue locali e regionali, nonché l'autonomia delle comunità territoriali e degli Enti Locali (cosa che oggi si cerca di recuperare, senza però rimettere in discussione lo sviluppo capitalistico del paese, attraverso l'idea di "federalismo", che, guarda caso, sembra procedere in parallelo a una accelerazione dei processi politici verso una repubblica presidenziale).
  5. La permanenza di uno "Stato del Vaticano" ha reso impossibile un'effettiva separazione giuridica e politica tra Stato e chiesa, un'affermazione della laicità dello Stato, una formulazione autenticamente democratica degli articoli costituzionali riferiti alla libertà di coscienza e di religione (l'art. 7, p.es., sarebbe semplicemente da abolire).

Ora poniamoci la seconda domanda: Dal 1861 ad oggi cos'è che si è maggiormente sviluppato a favore della democrazia sociale, culturale e politica?

  1. Nel secondo dopoguerra si è sviluppato lo Stato sociale (scuola, sanità, previdenza, assistenza ecc.), che però si è cominciato progressivamente di smantellare sin dall'inizio degli anni Ottanta e soprattutto a partire dal crollo del cosiddetto "socialismo reale", di cui lo Stato sociale dei paesi occidentali costituiva una sorta di "mimesi". Si fa questo senza rendersi conto che gli sbocchi inevitabili del puro liberismo sono stati, fino ad oggi, due guerre mondiali, intervallate da decenni di disumane dittature, e là dovete non s'è imposta la dittatura politica (p.es. in Francia o in Inghilterra) è stato solo perché si beneficiava ancora dei vecchi imperi coloniali, cioè di una dittatura economica.
  2. Le battaglie condotte dal mondo del lavoro contro il capitale (anni Venti, Resistenza e anni Sessanta-Settanta) hanno sicuramente contribuito a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, ma anche queste conquiste si stanno progressivamente riducendo, soprattutto a causa del fatto che il globalismo del capitale sta inducendo alla delocalizzazione delle imprese occidentali, là dove il costo del lavoro è minimo. Il che comporta che le nostre conquiste tecnico-scientifiche possono essere acquisite da quelli che un tempo venivano chiamati "paesi del Terzo mondo", senza che questi abbiano bisogno di ripercorrere tutto l'iter storico e culturale che ci è servito per ottenerle.
  3. La donna ha sicuramente aumentato la consapevolezza di una propria diversità di genere da far valere nel rapporto con l'uomo, ma l'Italia resta ancora un paese molto indietro rispetto ad altri paesi nord-europei. Soprattutto la donna italiana non è in grado d'intervenire nella rappresentazione che di lei danno i mass-media (tv, cinema, carta stampa e pubblicità).
  4. E' aumentata la sensibilità per i problemi dei consumatori, ma resta ancora molto forte l'egemonia economica dei produttori. Il consumatore vede il produttore come un nemico da combattere proprio perché il produttore vede il consumatore come un pollo da spennare.
  5. E' notevolmente cresciuto l'interesse per i problemi ambientali, per le produzioni biologiche e per quelle ecosostenibili, ma nel complesso ciò non scalfisce il trend dominante, che resta basato su saccheggio e spreco di risorse naturali, e questo nell'illusione che scienza e tecnica siano sempre in grado di risolvere i loro stessi problemi, ma anche nell'errata percezione di causare danni minimi coi nostri comportamenti sbagliati, per non parlare della irresponsabilità con cui assegniamo ad altri o alle generazioni future il compito di rimediare ai nostri guasti.
  6. E' aumentato il senso di appartenere a una comunità europea, ma siamo ancora lontanissimi dall'avere un'identità comune europea. Gli Stati continuano a muoversi in maniera separata e non vogliono attribuire al Parlamento europeo poteri effettivi. Le religioni, specie quella cattolico-romana, ostacolano notevolmente la formazione di un'identità europea laica. L'Europa continua ad essere avvertita come un di più, spesso inutile e oneroso.

Probabilmente però la cosa che più manca alla coscienza degli italiani non è il senso della democrazia o della laicità, che pur certamente da noi difettano più che altrove in Europa. E' piuttosto la consapevolezza di ciò che l'Italia fa nel mondo. Noi non sappiamo nulla di come il nostro paese si muove all'estero. Non sappiamo cosa produce, cosa acquista, come lo faccia, che rapporti abbia con tutti i paesi della terra. Soprattutto non sappiamo quali siano i legami internazionali che determinano il nostro benessere.

FONTE: Homolaicus

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giovedì 10 marzo 2011

Allergia ai Maestri

DI MARCO CANESTRARI

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Nei paesi a “democrazia controllata” troviamo spesso alti livelli di stress, tensioni sociali e minacce dietro ogni angolo. Tutti contro tutti. Rabbia, offese e sopraffazioni sono all’ordine del giorno anche in TV e gli eroi di questi tempi sono scaltri, egocentrici e combattivi. Le generazioni figlie di queste pseudo-democrazie vivono nel terrore di sembrare deboli e di mostrare una personalità poco determinata. La regola percepita è: chi dà l’immagine di una persona debole verrà facilmente prevaricato. Molti giovani quindi, per proteggersi, apprendono fin da piccoli che devono affrontare il prossimo pieni di sé, difendendo qualsiasi opinione o preferenza con forza e fermezza, senza cedere mai. Non bisogna lasciarsi sfuggire nessun'occasione per affermare la propria personalità: su ogni cosa si è spinti a giudicarla, a dire “mi piace” o “non mi piace”, anche quando non si hanno sufficienti competenze o informazioni per prendere una parte così decisa.

Sotto queste condizioni, chi si apre al mondo con occhi puliti, affrontando ogni possibilità senza preconcetti, mettendo in discussione ogni certezza e facendosi domande a 360 gradi può sembrare una persona debole ed inconcludente e rischia di essere sopraffatto da chi si fa strada a gran voce sparando frettolosamente sentenze. Chi offende o provoca pubblicamente invece acquisisce visibilità, e questo gli permette di imporsi meglio come personaggio vincente, forte e furbo. In un mondo in cui ognuno è spinto ad avanzare facendosi strada a spazzaneve, imponendo combattivamente il proprio io sugli altri, la possibilità di mettersi in discussione e rivalutare con serenità le proprie certezze diventa terrorizzante, potremmo facilmente venire schiacciati dal primo che passa. Si vive l'altro come invasore e si sviluppa una vera e propria repulsione verso chi vuole insegnarci qualcosa. Mettendo da parte l'apertura verso l'altro, viene limitata l'evoluzione collettiva e la capacità di migliorarsi a vicenda, che invece, di fronte a questi malesseri sociali, dovrebbe essere una delle prerogative principali. Con il tempo, senza riferimenti e chiusa in se stessa, la popolazione degenera verso il relativismo spicciolo: non esiste nessun altro parametro di riferimento oltre al gusto personale e i media diventano i nuovi educatori della società.

Come si può arginare questa degenerazione sociale se le coscienze sono così disabituate ad interagire costruttivamente? Se vogliamo partecipare ad un reale miglioramento della società bisogna lavorare soprattutto alle basi gettando le fondamenta per una nuova struttura di informazione e di educazione, al passo con i tempi e capace di fare fronte a problemi mai esistiti prima. L’educazione, se vuole essere efficace sulle nuove generazioni deve rinnovarsi completamente, deve essere capace di aprire le coscienze senza utilizzare metodi severi e autoritari né arrogarsi da sola il ruolo di “detentrice del sapere”, o peggio, utilizzare l’imposizione. Tutto ciò non avrà successo, infatti, viene oggi percepito come una minaccia e non favorisce la necessaria presa di coscienza. Bisogna scendere in prima linea e promuovere nuovi metodi dove è la qualità stessa dell’indagine e degli insegnamenti a dimostrare il suo valore sul campo e a conquistare credibilità in chi ascolta. Il futuro della comunicazione è nei contenuti, verificabili, contestabili e migliorabili da chiunque. Con il continuo perfezionamento degli strumenti di diffusione del Web, il numero di interazioni fra gli utenti crescerà a dismisura e così anche il numero di fonti di informazione da poter scegliere a piacimento. Saranno gli alunni stessi, l’intelligenza collettiva della popolazione, a decretare di volta in volta il successo o l’insuccesso di questo metodo o di questo insegnante in un continuo riadattamento. Non ci si può più sedere sugli allori e pretendere di essere ascoltati con fiducia mettendo avanti il “titolo acquisito” o una “decisione dall'alto”. Chi continuerà a farlo sarà semplicemente scartato dalla collettività a favore di altri e presto andrà in estinzione. Non vi è altra strada, bisogna insegnare l’arte del dubitare, ma senza cadere nella trappola di sembrare inconsistenti o incerti… infatti, il dubbio non è debolezza ma l’inizio della conoscenza.

Quando insegni, insegna allo stesso tempo
a dubitare di ciò che insegni

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lunedì 7 marzo 2011

L'Etica del Lavoro e del Delirio

DI MIRELLA PIERONI

cameracafeok

Se vogliamo inserire il “Lavoro” nell’ambito di una corretta definizione di Marketing, esso può essere considerato come uno degli elementi dello scambio, evoluzione del baratto delle società primitive. Da un lato c’è un soggetto che ha bisogno di un bene/servizio e dall’altro chi può fornirglielo in cambio di un bene/servizio di uguale valore. O più esattamente in cambio del suo corrispondente in denaro. Se lo scambio avviene con equità il risultato è la soddisfazione reciproca.

La soddisfazione reciproca c’è quando il lavoratore produce con competenza e professionalità nel tempo e nei modi concordati il bene/servizio richiesto e l’Impresa lo retribuisce equamente in relazione al valore corrispondente a quanto prodotto. Le cose sembrerebbero semplici, ma chi stabilisce il valore corrispondente a quanto prodotto? Se nello scambio i soggetti avessero pari forza contrattuale il problema non si porrebbe. Invece nelle società odierne dominate dal denaro e dal profitto, il lavoratore è la parte più debole perché unico interlocutore che chiede lavoro per vivere a un soggetto/Impresa il cui scopo è quello di realizzare profitti e non certo quello impellente di mangiare e pagare un affitto o un mutuo. L’Impresa quindi nel trattare con il singolo cercherà sempre di ottenere il massimo impegno lavorativo con una retribuzione minima,  consapevole del fatto che  troverà sempre un lavoratore più bisognoso  e quindi più disponibile e ricattabile. Dal dopoguerra fino alla fine degli anni ottanta, le migliori condizioni di vita e una più diffusa scolarizzazione hanno fatto emergere bisogni più elevati di quelli fisiologici - scala di Maslow - e fra i lavoratori si è conseguentemente accresciuta la necessità di unione per interloquire con maggior peso nei confronti dei datori di lavoro. Ciò li ha portati ad organizzarsi fino a diventare delle  strutture rappresentative dei lavoratori, che forti del mandato degli stessi sono venuti a sostituirsi al singolo, consentendo nel tempo di ottenere eque retribuzioni e diritti sociali e umani come orari consoni, pausa pranzo, ferie, malattia retribuita, diritto di sciopero. Può essere che in seguito, un certo tipo di lavoratore si sia approfittato delle tutele tanto duramente conquistate da altri e abbia confuso, in modo assurdo e delirante, il diritto al lavoro, con quello di stare al lavoro, inteso logisticamente, senza un reale e doveroso impegno, mentre un altro tipo di lavoratore più serio e dedito con impegno ai compiti affidatigli, si sia crogiolato nel ritenere scontati e inalienabili quei diritti, cominciando a disertare le riunioni sindacali e delegando sempre più alle organizzazioni sindacali. Si fece anche strada la consuetudine di concordare, all’occorrenza, singolarmente con il capo qualche privilegio in cambio di maggiore dedizione o anche delazione.

Quanto sopra, ma non solo, ha offerto il pretesto, incontestato anche dai Sindacati, di limitare progressivamente questi diritti, perché assurdamente si dovevano tutelare padroni e padroncini. Così invece di trovare il giusto strumento o semplicemente applicarlo per isolare e “punire” i lavativi, si sono puniti tutti i lavoratori. Il tutto agevolato dal fatto che anche le organizzazioni sindacali nate per tutelare la categoria dei lavoratori, si sono involute, decidendo, agevolati  anche da una sempre più crescente assenza dei lavoratori nelle riunioni, tutto dall’alto e cominciando a sacrificare diritti e posti di lavoro in cambio anch’esse di privilegi, promozioni per se stessi e per i propri parenti e amici. Mentre nel frattempo si erodevano un po’ alla volta, giorno dopo giorno, anno dopo anno, diritti e posti di lavoro, in modo altrettanto graduale e subdolo i management aziendali hanno indotto i lavoratori, soprattutto i giovani e i livelli intermedi e dirigenziali con ricaduta a pioggia sugli altri, a lavorare sempre di più, oltre l'orario, senza pause, rinunciando anche a parte delle ferie e senza maggiore retribuzione. Tutto ciò è avvenuto tramite un vero e proprio lavaggio del cervello, attraverso corsi e riunioni, dove ti fanno sentire che tu sei parte dell'Azienda e se ne vuoi realizzare la “mission" e quindi la sopravvivenza dell'Azienda e di chi ci lavora devi dare il massimo. Siamo stati in molti a cadere in questo delirio lavorativo, che non consente spazi per altro e che sacrifica tutto il privato sull’altare del “Dio Lavoro e Carriera” e dove spesso le promesse di carriera, aumenti di salari restano solo promesse, perché sono promesse false che hanno il sapore del ricatto: per il precario il miraggio di un posto fisso e per chi ha un posto fisso, il miraggio della carriera. Poi basta un cambio di vertice e management aziendale e tutte le promesse cadono come castelli di carta. A volte sono sufficienti solo scuse per non mantenere quanto promesso e per portare solo a casa propria i risultati dell’extra-lavoro svolto da altri.

Il lavoro totalizzante, insicuro, rende le persone stanche e fragili e per questo meno partecipi alla vita sociale e politica, più inclini ad abbandonarsi alla sera in poltrona a vedere programmi insulsi con l’idea vana di rilassarsi senza sapere che attraverso il lavoro moderno - che di moderno non ha niente - prima, e con il programma televisivo, dopo, qualcuno sta addormentando e plagiando le loro menti.

 

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