lunedì 31 gennaio 2011

La Vera Democrazia

DI ENRICO GALAVOTTI

consapevolezza

Qualunque forma di centralizzazione dei poteri porta inevitabilmente a una burocratizzazione della vita sociale. La centralizzazione politica è spesso una rivendicazione di quei ceti intellettuali che mal sopportano l'arretratezza delle masse e che vorrebbero realizzare celermente i loro ideali. Essi infatti temono che proprio quell'arretratezza diventi l'ostacolo maggiore al progresso sociale e culturale. Tuttavia, una società gestita dall'alto porta ben presto alla morte della democrazia.

E' preferibile un lento sviluppo della vera democrazia piuttosto che un veloce sviluppo del centralismo. Con quest'ultimo infatti si possono imporre dei ritmi di sviluppo che facilmente arrivano a produrre dei risultati disastrosi per gli interessi delle masse. Non bisognerebbe mai dimenticare la differenza tra indici economici di sviluppo e qualità sociale della vita. Farli coincidere è un errore, anzi è mera demagogia far dipendere la qualità della vita (che è questione sociale) dagli indici di sviluppo (che sono calcoli economici sulla produttività). Di regola ogni forma di centralizzazione dei poteri si accompagna a una sopravvalutazione dell'importanza degli indici economici, i quali peraltro vengono ridotti a meri indici finanziari, all'interno dei quali i cosiddetti "ammortizzatori sociali" svolgono il ruolo di "disturbo", di interferenza che andrebbe minimizzata al massimo. Tant'è che quando si ha anche un lieve abbassamento degli indici di sviluppo relativi al Pil, gli imprenditori paventano subito la possibilità di una crisi, con inevitabili conseguenze sull'occupazione, al punto che possono verificarsi delle reazioni del tutto sproporzionate rispetto all'effettiva gravità dei problemi sociali (licenziamenti, crolli di borsa, fusioni di aziende, esportazione di capitali...). Tutto ciò avviene perché l'economico non viene considerato come un aspetto del sociale, ma solo come l'ambito prioritario in cui misurare l'entità del fatturato. In realtà i fattori di calcolo, pur avendo la loro importanza scientifica, non possono di per sé indicare il livello di benessere sociale di una popolazione. Altrimenti si sarebbe costretti a dire che una popolazione con bassi indici di sviluppo economico è necessariamente una popolazione primitiva, priva di aspettative, destinata alla marginalità. Tutte cose che rischiano purtroppo di essere vere se questa popolazione è soggetta a rapporti neocoloniali con l'occidente. Insomma, l'importante è che le masse vengano poste di fronte a delle responsabilità e che non siano guidate nelle scelte più di quanto esse non debbano guidare se stesse.

La transizione a una società più democratica può avvenire o a partire da un rivolgimento dei poteri istituzionali (soluzione politica), oppure con una lenta trasformazione del costume, della mentalità, dei valori popolari (soluzione culturale): che è poi la differenza che esiste tra soluzione leninista e soluzione gramsciana. In realtà si può partire da ciò che si vuole se l'obiettivo finale è quello di arrivare a un effettivo autogoverno delle masse. Il concetto di democrazia non perderà mai di attualità. Il fatto stesso che in occidente esista solo la democrazia politica e solo in forma parlamentare, cioè delegata, indiretta, è un chiaro indizio di quanto attuale sia il concetto di democrazia sociale, popolare, gestita in maniera diretta.

La più grande tragedia dell'umanità può verificarsi solo quando il popolo, in piena consapevolezza, decide di rifiutare la democrazia in favore del centralismo.

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