giovedì 1 aprile 2010

La Repressione Non è La Medicina per Ogni Male

DI MARCO CANESTRARI

Cerchiamo sempre più spesso la soluzione a tutti i mali sociali in una legge che sia più repressiva, più forte della precedente, in un’imposizione dall’alto che venga con sempre maggiore autonomia e in una pena che sia più severa. "Legge" però non significa solo imposizione dall’alto e obblighi sulla società. La legge è uno strumento utile e costruttivo quando è al servizio della società e prodotta dalla società e tutela da una parte le basi del vivere collettivo, ovvero tuteli l’organizzazione di una struttura che sia educativa che sviluppi benessere sociale, sia materiale sia psichico, partendo dalla libertà, dalla serenità, dalla libera informazione, che costruisce cioè una capacità costruttiva e propositiva di ogni singolo… e dall’altra anche tutta la serie di obblighi e divieti che conosciamo bene che cercano di garantire la nostra sicurezza.

La repressione non è lo strumento che da solo risolve tutti i mali della società e soprattutto, non agisce all’origine del problema, è solo un tentativo di reprimere i sintomi di un problema a cui non siamo stati capaci di dare una risposta definitiva. Un problema che non siamo stati capaci di risolvere o che non abbiamo voluto risolvere. Abbiamo già visto che nei paesi in cui c’è un forte controllo aumenta lo stress e quindi la criminalità e l’illegalità, abbiamo anche visto in che maniera si può sfruttare la normale reazione di paura che abbiamo di fronte al caos e all’illegalità per accentrare il potere politico e militare. Arrivando in certi casi, ad un accentramento di potere tale da poter agire quasi autonomamente sui cittadini con controllo e repressione, avendo anche la possibilità di controllare i dissensi e di fare delle leggi che limitino la partecipazione diretta dei cittadini alla vita del paese.

Quindi, la prossima volta che vediamo in televisione la notizia di un ubriacone magari extracomunitario pericoloso che investe i bambini, ruba e stupra, su cui abbiamo imparato tutti a puntare il dito, e che magari esce di prigione per un cavillo legale, per una legge applicata male o poco repressiva, riflettiamo un momento sulla nostra naturale e prevedibile reazione… In quei momenti, quando diamo addosso al mostro di turno sbattuto in prima pagina chiedendo a gran voce una pena più esemplare e delle leggi più repressive e contribuiamo in prima persona a sbilanciare il significato collettivo di legge verso l’unico aspetto della repressione e del controllo, dimenticando l’interesse sociale e politico per il suo significato principale: che è quello di mettere le radici di una società sempre più consapevole che sappia cooperare nella diversità invece che isolarsi ed evolvere verso una qualità della vita collettivamente sempre migliore.

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