martedì 23 novembre 2010

Diritto e Rovescio

DI DAVID CORSICO

DRITTO

Non è da tutti diventare famosi dipingendo un bel quadro o scalpellando un’imponente scultura nel marmo, anche diventare un asso dello sport o un divo del cinema è privilegio per pochi. Occupare posti importanti nelle grandi aziende, nelle banche o nelle poltrone pubbliche è sempre un onore che tocca a soggetti meritevoli di ricoprire questi ruoli. Checché se ne dica, chi “non ce l’ha fatta”, prova invidia per colui che è arrivato al successo e alla notorietà, avvolto nel lusso sfrenato e beato nella dolce vita.

Si potrebbero scrivere libri sul merito e la bravura di taluni individui ma, l’opinione personale conta poco davanti all’evidenza. Quando una persona ricopre una o più cariche importanti è difficile mettere in discussione le sue capacità, se un commediante, ballando o recitando diventa famoso e acclamato, non si può dubitare della sua bravura. Tanto meno si può disquisire sull’immagine di un politico affermato, magari possiamo giudicare il suo operato e non votarlo più alle prossime elezioni se non ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale, ma non possiamo sbarazzarci della figura del politico, quella rappresentazione resterà sempre vigente e con sé, il suo valore acquisito. Questo vale un po’ per tutto: per il politico, il manager, l’attore, il cantante, l’atleta, il boss e la persona comune e non possiamo liberarci facilmente da questi stereotipi, semplicemente perché li abbiamo ideati noi. Abbiamo creato l’eccellenza e la mediocrità, l’amarezza e la beatitudine, l’ostentazione e la semplicità, concependoli dall’importanza stessa del ruolo. Abbiamo dato un valore e un prestigio differenti – troppo differenti – ad ogni parte sociale che a ognuno di noi compete: l’operaio è meno importante del datore di lavoro, la donna delle pulizie è meno importante dell’attrice, l’atleta vale più del postino e il politico è più importante del suo elettore, abbiamo creato una divergenza sociale così ampia da non riuscire più a vedere il fondo del baratro. Abbiamo inventato il Vip, e chi lo diventa, giustamente se ne approfitta. Ma è solo una questione di numeri? Il minatore lo possono fare tutti e diventare campione di golf no? L’operaio è in eccesso e il manager in difetto?  Ma se fosse solo un questione di numeri e ipoteticamente un bel giorno tutte le migliaia di persone comuni si svegliassero e si fermassero a contemplare la loro importanza nella società, quei pochi privilegiati non potrebbero andarsene in giro con le loro auto blindate e yacht da sogno, o abbuffarsi nei miglior ristoranti e vestirsi con la seta. Un politico non potrebbe arricchirsi con un popolo che non lo paga più.

I primi che alzeranno la voce pagheranno il dazio ma, se dagli altri non verranno ignorati, la voce presto sarà una sola e tuonerà così forte da far suonar le campane e il loro rintocco sarà udito oltre i confini dell’indifferenza. Senza scomodare le campane e i campanacci basterebbe rivalutare le competenze e adeguarle al costo della vita, cosi facendo, lasciamo pure i favoriti nella bambagia ma diamo uno stimolo di vita anche ai trascurati.

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