giovedì 28 novembre 2013

L'Unico Vero Pericolo è Vivere nella Paura

DI FAUNO LAMI


fearperblog
L'unica vittoria del male è convincerci che esso esista.
Non il contrario.
La paura è l'unica sconfitta.
E ogni attacco che pensiamo di subire, la sua consacrazione.
Possiamo solo spaventarci a vicenda, per cercare conferma dell'esistenza dei nostri mostri, ma senza mai farci male.
Ogni attacco non è che la ricerca delle proprie paure negli altri.
E non c'è nessun pericolo al mondo, se non la paura stessa.
Siamo qui, dove siamo sempre stati.
Siamo vivi.
Siamo amici.
Stammi vicino.
Svegliamoci l'un l'altro dai nostri piccoli incubi quotidiani.

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mercoledì 13 novembre 2013

La Storia dell'Io

DI GIANPAOLO MARCUCCI


Oggi voglio raccontarvi una storia
Questa storia si intitola "La storia dell'Io".

In questa storia quello che c'è
è deciso prima che accada, chi ascolta ha già dichiarato di voler sentire e chi non vuol ascoltare non esiste.
In questa storia i si e i no si dicono a scatola chiusa, prima di guardare cosa c'è
e i mondi sono tanti e c'è una sola persona che decide quale far girare.

Come in tutte le storie, in questa storia c'è un castello, una torre, altissima.
Sulla cima del castello c'è un uomo.
L'uomo ha i capelli al vento e il mantello di ermellino.
In questa storia l'uomo è un Re.

Il Re guarda tutti dall'alto, è il più alto di tutti.
Il Re ha costruito il suo castello con le sue mani.
Ha costruito la sua torre, per guardare tutti, da su, dove nessuno può sfiorarlo.
In questa storia si costruiscono alti muri di pietra per la paura di essere sfiorati.

La storia dell'Io è una storia in cui si fa finta.
in cui i vestiti contano più delle persone,
in cui se non hai il mantello nessuno ti ama
in cui se non sei in alto nessuno ti vuole
in cui se non sei il Re, sei suddito.

La storia dell'Io è una storia in cui si fa selezione,
in cui le verità sono molte e possono essere usate all'occorrenza.
E' una storia in cui i ricordi che non piacciono vengono scartati, messi in una stanza e chiusi a chiave, mentre quelli che piacciono vengono fatti passare.
In cui i pensieri graditi vengo ammessi e quelli meschini si nascondono sotto il tappeto insieme alla polvere e all'amore.
In questa storia l'amore non c'è
anche se si dice che lo si vorrebbe.
La storia dell'Io è una storia in cui non si da.

In questa storia non sono ammessi pari,
non sono ammessi amici ma solo strumenti per arrivare più in alto.
La storia dell'Io è una storia in cui tutto è usato per avere un mantello più sfarzoso,
dove tutti sono sacrificati.
Tutto è dovuto e tutti devono dare tutto al Re
La storia dell'Io è la storia in cui si ha l'illusione di prendere

In questa storia c'è una guerra
La guerra è tra il Re e i suoi sudditi
La guerra è tra il Re e tutto il mondo
e in cima alla torre si pensa a come vincere,
a come non far entrare nessuno

C'è una guerra ma non ci sono morti.
C'è una guerra e la si combatte tutta in un solo posto.
In questa storia c'è una Guerra,
ma non vince nessuno.

La guerra è l'unica speranza del Re.
La guerra è ciò di cui è fatto,
di cui è fatto il suo mantello, la sua corona.
La guerra è ciò di cui è fatto tutto,
è il motivo del castello,
è lo scopo dell'esistenza,
è ciò che tiene in piedi il mondo,
è il motivo della finzione.

In questa storia c'è una guerra.
e la si combatte tutta in un solo posto.
Nel Re.
Di questa guerra la menzogna è la spada e lo scudo.
E' il sangue e l'ossigeno.

In questo storia c'è un castello, una torre, altissima.
Sulla cima del castello c'è un uomo.
L'uomo ha i capelli al vento e il mantello di ermellino.
In questa storia l'uomo è un Re e si guarda allo specchio.

"Questa storia sono Io,
e sei tu.
In questa storia però il re del castello non puoi proprio essere tu".

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domenica 10 novembre 2013

C'é Ancora Speranza al Mondo: Il Video che ha Commosso il Web

DI FAUNO LAMI


Tv e giornali ci mostrano ogni giorno solo notizie di tragedie, stupri e rapine. In questo modo stanno cancellando dalla coscienza collettiva qualunque forma di fratellanza e di solidarietà, sostituendoli con sentimenti di chiusura, come la paura, l'aggressività e la competizione.

Questo terrore generato dai media che cosa provoca negli spettatori? Innanzi tutto provoca diffidenza nei confronti del prossimo, diffondendo odio e rabbia, accrescendo sempre di piú gli episodi di violenza, che poi ci verranno presentati dai media stessi. Come un cane che si morde la coda: mentre noi pensiamo che la tv ed i giornali ci stiano proteggendo dai problemi del mondo, possiamo scoprire che invece essi li stanno alimentando, privandoci di esempi e di riferimenti per uscire dalla spirale di conflitto in cui ci troviamo e riuscire a vivere in pace su questo pianeta. Una pace sia interiore che esteriore. Confinandoci così in una situazione di costante terrore e diffidenza, utile soltanto ai poteri forti che, indisturbati, vogliono governare una massa di cittadini isolati ed impauriti.

Ma nel mondo, ogni giorno, centinaia di telecamere riprendono anche gesti di bontà, gesti d'amore e di altruismo. E se i media per tenerci divisi non li vogliono diffondere, allora facciamolo noi!

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mercoledì 6 novembre 2013

Chi Pensa?

DI ISABELLA DI SORAGNA


Tutti i nostri problemi personali, i nostri dispiaceri, i vari stati di nevrosi, di sofferenza psicologica che sembrano dominare la nostra vita, hanno la loro origine nei nostri pensieri.

Possiamo biasimare le circostanze esterne per i nostri problemi - cosa che facciamo di solito - ma se esaminiamo quello che è realmente il problema troviamo - immancabilmente - che è il nostro pensiero a proposito di quelle circostanze che crea il problema. E' la nostra interpretazione intellettuale degli eventi e la reazione emozionale che deriva da quest'interpretazione. Il problema non sussiste al di là della sfera del pensiero. "Astieniti da qualunque pensiero concettuale - dice Huang Po - e la verità ti sarà rivelata." Quest' idea che il pensiero è il nemico, che il pensiero è la causa piuttosto che la soluzione di tutti i nostri problemi, ecco qualcosa che è per noi difficile da accettare. Siamo stati educati a credere nel potere del pensiero. Dopo tutto è il pensiero che ci distingue, noi gli umani, da tutte le altre creature viventi. E' solo attraverso il pensiero che sperimentiamo il sentimento d'una identità personale. Penso dunque sono. Senza pensiero non sono niente. Siamo tuttavia talmente avviluppati nei nostri pensieri, talmente identificati a queste parole che costantemente fluiscono attraverso la nostra esperienza, che raramente ci diamo la pena di esaminare cos'è questo strano processo. Per osservare la corrente dei pensieri, è necessario mantenere una distanza da questa corrente, poiché siamo così facilmente trascinati dal suo slancio straordinario. Questo lo si può ottenere - come insegnava Ramana Maharshi - focalizzando l'attenzione sul pensiero "Chi sono?" Non appena ci accorgiamo che la nostra attenzione vagabonda, dovremmo riportarla a questo pensiero:chi sta pensando? Chi è l'osservatore? Chi è questo "io" che sembra pensare questo pensiero? E' proprio questa inchiesta verso l'interno della natura dell' "io", lo sperimentatore, che potrà condurci alla sorgente e da là alla soluzione di tutti i nostri problemi.

D'altronde è inevitabile che questa inchiesta cominci con il processo familiare di un analisi intellettuale. Attraverso quest'analisi, potrei arrivare alla conclusione che questo "io" che sto cercando sia l'osservatore, il soggetto del meccanismo sensoriale dell'esperienza. Potrei analizzare questo meccanismo sensoriale in vari modi, distinguendo un modo visivo, uditivo, olfattivo, tattile , sentimentale e naturalmente intellettuale (legato al pensiero).  Gli avvenimenti empirici si manifestano in ognuno di questi modi e osservo questi avvenimenti come osservo un film su uno schermo cinematografico, lo schermo della pura coscienza. Ma la domanda resta:" chi sono?" chi è l'osservatore? Chi è cosciente dei vari avvenimenti sullo schermo della pura coscienza? Sono un'entità separata, seduta qui in uno spazio nebuloso, che osserva la mia vita, i miei pensieri, visioni e suoni proiettati su uno schermo interiore? No; questo "io-me" che si annuncia così rumorosamente e con tale ostinazione nei miei pensieri è lui stesso solo un pensiero che esiste intellettualmente sullo schermo. Questo "io-me" che cerco, è solo un altro avvenimento empirico sullo schermo della pura coscienza. E' soltanto un pensiero. I pensieri sono delle parole, delle frasi impiegate per interpretare la realtà dell'esperienza. "Pensare" è anch'essa una parola, un'etichetta per descrivere quest'esperienza particolare di parole che appaiono sullo schermo della pura coscienza. Queste parole sono legate secondo alcune regole, la grammatica della nostra lingua: una delle regole è che i verbi devono avere un soggetto. In tal modo, interpretando l'esperienza della vista, la mente fa sorgere la frase "io sto vedendo". Tutti questi suoni poi, che sembrano succedersi? Dovranno pure succedere a qualcuno: così il pensiero "io sento" sorge sullo schermo della pura coscienza. "Io " è un pensiero che ha un ruolo nel processo del pensiero, ma la parola rappresenta forse qualcosa che esiste veramente?

"Piove": ecco un altro pensiero ordinario, un'interpretazione di un avvenimento empirico, ma in questo pensiero non c'è soggetto e non immaginiamo che la parola piove contenga un'entità, come nella frase "io penso" o "io vedo". Dunque se "io" è solo un pensiero, un avvenimento empirico che appare sullo schermo della coscienza, allora chi è colui che è cosciente di questo schermo? Oppure la parola "cosciente" chiede forse un soggetto che soddisfi le regole della grammatica? Più cerco questo soggetto inafferrabile e più mi convinco che non esiste. Non c'è nessun osservatore. Non c'è nessun'entità seduta qui intenta a osservare quest'esperienza. Vi è solo lo schermo con tutte le visioni, i suoni, i gusti, gli odori, i pensieri che sfilano affinché…nessuno li osservi! Lo schermo della pura coscienza esiste - non c'è dubbio che queste esperienze appaiano - ma quello che non si riesce a trovare da nessuna parte è l'osservatore che osserva lo schermo. Il cinema è vuoto e lo spettacolo continua. "Aspetta un momento!" strilla ad un tratto una successione di pensieri, non appena attraversa lo schermo di pura coscienza - "cos'è quest'assurdità? E' chiaro che esisto. Tutte queste esperienze non succedono così, ma succedono a me! A chi altri credi che succeda? Chi altri sta pensando questo pensiero?" Naturalmente esisto. Esisto come pensiero sullo schermo, come la vista di questa penna che scrive e si muove, la sensazione di questo corpo seduto alla scrivania: anche questo esiste. Sono tutti avvenimenti empirici che esistono sullo schermo della pura coscienza. La vista, i suoni, le sensazioni sorgono e svaniscono, come i pensieri. Uno dei pensieri che sembra sorgere e svanire con più frequenza degli altri è il pensiero "io-me", ma questo pensiero può esistere solo secondo il modo intellettuale dell'esperienza, anzi domina quest'esperienza.

Infatti il pensiero "io-me" è il pensiero primordiale che genera attorno ad esso un insieme di pensieri assai vasto di pensieri collegati, il cui frastuono sommerge lo schermo di pura coscienza. E da questo clamore sorge il pensiero che non sono quello che vorrei, che sono infelice, che le cose non sono giuste, che tutte queste esperienze là fuori nel mondo complottano in qualche modo contro questo "io-me" così vulnerabile e solitario. Il pensiero "io-me" uscito dalla fabbrica della mente, ha intessuto una nevrosi per se stesso. Ha inventato un assortimento di problemi particolarmente umani. Tutti questi problemi esistono solo nella cornice intellettuale dell'esperienza sensoriale. Sono problemi "miei", solo se emanano dal pensiero "me", ma se l' "io-me" esiste solo in quanto pensiero senza sostanza, allora cosa esiste? Soltanto questa presenza cosciente esiste. Che distinzione c'è tra lo schermo di pura coscienza ed il suo contenuto, tra la luce vista e colui che la vede, tra gli avvenimenti sperimentati e l'esperienza stessa? A meno di usare il coltello analitico della mente, non posso fare alcuna differenza. Lo schermo ed il suo contenuto sono un'unica cosa. Vi è solo QUESTO - Così-com'è - Così-Sia. Quest'esperienza di "Così com'è è costantemente con noi. E' la nostra vera natura. Tuttavia siamo talmente identificati con i nostri pensieri che si auto-generano costantemente, che non riusciamo a realizzare che quello che siamo non è questo bla-bla rumoroso di un pensiero via l'altro, ma la totalità dell'esperienza, di cui la parte discorsiva (intellettuale) ne è solo una parte. Allorché, a volte, riusciamo a vedere al di là dei pensieri e sperimentiamo tutto QUESTO esattamente com'è, con i pensieri e tutto il resto - allora sorge da qualche parte un sentimento - sottile o molto gioioso - che avvolge e colora tutto lo schermo della coscienza pura e dice a se stesso (dato che non c'è nessun altro):"Sì, questo è perfetto. Ecco come deve essere. E' questo." Allora? Che vantaggio ci dà leggere queste parole? Che vantaggio pensare questi pensieri? Siamo forse più felici? Siamo forse più vicini alla soluzione dei nostri problemi? La sola soluzione a qualunque problema - come ripeteva senza stancarsi Ramana Maharshi - è di vedere chi ha il problema.

Una volta realizzato che un problema esiste solo nel regno del pensiero, e una volta realizzato che non c'è un "pensatore" di questi pensieri, che i pensieri fanno irruzione sullo schermo della pura coscienza, come i suoni scoppiano nella realtà della nostra esperienza, allora il problema non è più un problema. E' solo una configurazione particolare di pensieri, solo un disegno di piccole onde sulla superficie dell'esperienza. Chi pensa? Chi prova collera, ansietà, imbarazzo, confusione, desiderio, invidia, frustrazione, cupidigia, odio, irritazione, dispiacere? Nessuno.


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