giovedì 29 novembre 2012

Maledetti Programmi che Interrompono le Pubblicità


televisione

Ma a cosa serve la televisione? Se ponessimo questa domanda a Patrick Le Lay, spregiudicatissimo ex-direttore della televisione francese TF1, non avrebbe dubbi sulla risposta: «Si può parlare della Televisione in molto modi. Ma dal punto di vista del business, siamo realisti, il mestiere di TF1 è fondamentalmente quello di aiutare la Coca-Cola, per esempio, a vendere il suo prodotto».

Questa lapidaria affermazione del nostro cinico ex-direttore, rilasciata qualche tempo fa in un'intervista concessa al giornale Le Monde, rende palese quello che è sotto gli occhi di tutti e cioè che l'attuale sistema della comunicazione commerciale, e non solo, è costruito per condizionare le scelte dell'individuo, perché per vendere il prodotto la pubblicità deve sedurre.

Continua soddisfatto Le Lay: «Ebbene, perché un messaggio pubblicitario sia percepito, bisogna che il cervello del telespettatore sia disponibile. Le nostre trasmissioni hanno come vocazione quella di renderlo disponibile: cioè divertirlo, farlo rilassare per prepararlo ai messaggi pubblicitari. Noi vendiamo alla Coca Cola il tempo disponibile del cervello umano». Praticamente, la televisione non vende spazi pubblicitari, ma cervelli disponibili, cioè, cervelli umani condizionati da palinsesti pensati e sviluppati per rendere la mente umana indifesa davanti agli spot televisivi.
«Niente di più difficile – continua – dell'ottenere questa disponibilità. Abbiamo qui continui cambiamenti. Bisogna continuamente trovare programmi che funzionino, seguire le mode, navigare tra i flutti delle tendenze, in un contesto in cui l'informazione va sempre più veloce, si moltiplica e si banalizza».

Chiaramente la banalizzazione dei contenuti ha come ricaduta la banalizzazione delle persone; è forse grazie a questa filosofia cinica e commerciale che le frivolezza e la mediocrità sono diventate uno stile di vita così frequente ed addirittura apprezzato. Basta prendere in considerazione programmi come Amici, Il Grande Fratello, o peggio Uomini e Donne, per rendersi conto di quanto i modelli "banali" proposti da questi contenitori influenzano lo stile di vita e le scelte esistenziali soprattutto dei più giovani.

Cervelli disponibili. Come evidenzia Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, nel libro "Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi" edito da Giunti: «È il loro obiettivo. Per questo i programmi sono fatti in funzione degli sponsor. Soprattutto i cosiddetti contenitori, che risultano sempre più stupidi per rendere più incisiva la pubblicità». I soggetti più a rischio sono i piccoli: «Sappiamo che nei bambini dopo circa venti minuti davanti alla tv o ad analogo tipo di comunicazione per immagini, le onde cerebrali si modificano. Da beta diventano alfa, cioè simili a quelle degli stati ipnotici. Ma questo fenomeno si registra anche negli adulti».

Quanta poca attenzione hanno quelle mamme che utilizzano la televisione come balie che intrattengono per ore ed ore i loro bimbi, modificando la mente di questi soggetti inermi, e generando in loro ogni sorta di desiderio indotto: sono le stesse mamme che poi non si spiegano come mai i loro figli desiderino continuamente giocattoli, merendine o acquisti di ogni tipo.

Niente è a caso quando si fa pubblicità in TV. Anche sul modo di far passare gli spot in tv. Come nel caso di quelle pubblicità che vengono trasmesse una volta per intero e poi sono rilanciate a spezzoni. Lo fanno perché lo spettatore sia costretto a fare lo sforzo di completare lo spot nella sua mente. Un esercizio mnemonico, che fissa nelle menti il marchio e le sue atmosfere.

La dottoressa Ferraris è convinta che le atmosfere siano più importanti del prodotto: «Prendiamo ad esempio le pubblicità dei detersivi. In fondo sono tutti uguali. Se vuoi vincere la concorrenza devi inventarti un logo, uno spot seduttivo e l'atmosfera giusta. Sembra strano, ma è la stessa logica che, per paradosso, conduce le emittenti a fare in prima serata programmi che si assomigliano tutti».

Nel senso che per sedurre i telespettatori tutti puntano su bisogni primari come cibo, paura e sesso? «In questo modo si pensa di dare alle persone quello che cercano. La concorrenza tra le emittenti punta tutto su questo e la qualità della tv si abbassa progressivamente. Anche i politici utilizzano la stessa tecnica. Con una sintassi elementare dicono quello che la gente si aspetta di sentir dire da loro».

Un ulteriore conferma dello stato delle cose si può scorgere nella sequenza delle notizie date dai telegiornali: sembra una scaletta studiata appositamente per disorientare emotivamente i telespettatori. Ad una notizia di cronaca, dove vengono elencati i dettagli truculenti e sanguinolenti di un omicidio, si alterna la serena atmosfera delle vacanze estive. Subito dopo, come se si volesse mettere in guardia a non goderne troppo, viene ricordata la drammatica crisi economica che sta attraversando il nostro paese. Tuttavia, segue un bel servizio sulle star di hollywood che si godono le loro piscine ultramilionarie!

Nella comunicazione per immagini non conta la verità, contano le emozione, il sentimento. E siccome tante persone associano i sentimenti e le emozioni che provano con la verità, la televisione sfrutta diabolicamente questo equivoco, anzi lo alimenta. La nostra civiltà è fatta di persone che in certe condizioni si lasciano convincere facilmente.

Basta il colpo di teatro, la trovata che crea la giusta atmosfera. I nostri politici lo sanno, così come lo sanno i conduttori televisivi più gettonati. Anche il modo di porre le domande condiziona le risposte. I sondaggi in tv sono esempi classici di manomissione della verità. Poi nessuno controlla se le promesse sono state mantenute e se le "verità" sono accertate

Come difendersi? L'unica strada percorribile è quella di favorire lo sviluppo dello Spirito Critico negli individui, soprattutto nei più giovani e nei bambini. Favorire l'attività mentale più che quella emotiva, cioè far sviluppare gli strumenti di consapevolezza che rendono libero l'individuo di poter scegliere ciò che gli interessa piuttosto che essere condizionato passivamente. In questo senso, è molto più accettabile l'uso di Internet (con tutte le cautele d'obbligo): la rete dà la possibilità di scegliere il contenuto e di interagire con esso, quindi l'utente ha un ruolo attivo rispetto al media; la televisione invece favorisce solo la passività: i contenuti televisivi non si scelgono, si subiscono!

Inoltre, bisognerebbe evitare di pranzare e cenare con la televisione accesa. Da sempre, nella cultura umana, il momento del pasto è dedicato alla comunicazione familiare profonda: la tavola è sempre stato il luogo della trasmissione dei valori alle nuove generazioni. Da quando esiste la televisione questo antico rito è stato cancellato dalla voce della televisione. Gli adulti non parlano più con i loro figli perchè tutti ipnotizzati a guardare le immagini magiche della scatola montata in sala da pranzo.

Ecco allora che la nuova maestra delle nuove generazione è diventata la televisione e pare chiaro, per quello che si è scritto, che la televisione è una cattiva maestra perché non ha a cuore il bene dei suoi discepoli, ma ha come unico obiettivo quello di venderti un prodotto. Solo il comportamento dell'utente può condizionare il comunicatore, perciò, fatti un regalo: spegni la TV ed accendi il cervello!

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domenica 25 novembre 2012

La Televisione E’ la Più Grande Fabbrica di Paura

DI DAN E SHEILA GENDRON

shpavento

Se dovessimo individuare l’emozione dominante nella società di oggi, questa sarebbe la paura. Ovunque la gente ha paura di tutto, o quasi. Ha paura della polizia. Ha paura dell’IRS, l’ATF, la TSA e di qualsiasi altra sigla che corrisponda a un tipo di polizia. Ha paura di perdere il lavoro. Ha paura di perdere la casa. Ha paura dell’amministrazione pubblica della propria città o paese. Ma la paura di tutte le paure è quella di non trovare più i soldi sufficienti per sostenere l’attuale stile di vita (o per lo meno il ricordo di quello di una decina di anni fa). La maggior parte delle persone razionalizza queste paure come normali in quanto “paure di tutti”.

Sin da piccoli siamo abituati ad agire per paura. Abbiamo paura dei rimproveri dalla maestra, quindi facciamo i compiti. Abbiamo paura del prete, dato che lui deciderà se andremo in Paradiso o all’Inferno, quindi da bravi credenti diciamo il Padre Nostro. Abbiamo paura dei bulli della scuola, quindi gli giriamo a largo. Più in là abbiamo paura della scocciatura di dover pagare una multa, quindi ci allacciamo la cintura. Abbiamo paura di perdere la casa, quindi facciamo un lavoro insignificante la cui unica gratificazione che ne ricaviamo è quel giusto di soldi per non rimanere con l’acqua alla gola.

Provate questo esperimento: Fate l’elenco di tutti gli impegni – lavoro, vita sociale, soldi – che avete nei prossimi 30 giorni, quindi fate un asterisco accanto a quelli che vi mettono pensiero (paura). La maggior parte di chi lo fa scopre che c’è ben più di un fattore nell’immediato futuro che è motivo di paura. Oggi, nel 2012, ci sono motivi a bizzeffe all’infuori della nostra vita quotidiana per aver paura: il mondo finirà il 21 dicembre? Comincerà la Terza Guerra Mondiale in Iraq? L’economia crollerà? I poli terrestri si sposteranno? Il sole (o un altro paese) invierà un impulso elettromagnetico che metterà fuori uso la rete elettrica? Verrà istituita la legge marziale? Siamo stati così stupidi da conferire così tanto potere al Presidente degli Stati Uniti che potrebbe diventare un dittatore? Finiranno le riserve alimentari? Il clima continuerà a presentare anomalie? Le scie chimiche finiranno per avvelenarci? Le colture OGM sostituiranno tutte le altre. Già vi state spaventando?

Molte di queste paure sono costantemente alimentate ad arte da ciò che mi piace chiamare “pop culture”. La televisione è la più grande fabbrica di paura grazie al senso di inadeguatezza che  elargisce. Recentemente ho letto che l’Americano medio guarda 34 ore e 39 minuti di TV a settimana. Un bel po’ di più di quanto durerebbe un corso universitario. E come in un corso universitario, si viene formati e istruiti dalla TV. Il termine “programmazione televisiva” fu coniato da Eward Bernays, e il fondamento logico dell’espressione non lascia spazio a dubbi: la televisione è stata progettata per “programmarci” a diventare felici consumatori. Da felici consumatori veniamo motivati a comprare spazzatura da una forza esterna che fa leva sul nostro senso di inadeguatezza. Ad ogni pubblicità con il bello di turno seduto accanto ad una ragazza mozzafiato nella sua auto nuova di zecca, dentro di noi ci sentiamo inadeguati per non avere anche noi un’auto nuova. Questo senso di inadeguatezza apre la strada alla paura, soprattutto quando questi desideri non vengono soddisfatti da qualcosa di effettivo valore.

La paura è la scatola degli attrezzi delle “Podestà Che Sono”, le autorità superiori. La paura è la più bassa vibrazione che l’uomo possa percepire o emettere. È l’ostacolo nel cammino verso più alti livelli (vibratori) di coscienza e ascesa come esseri umani. Chi vive in un costante stato di paura è più che mai manipolabile. Le “autorità superiori” sanno che se inculcano la paura nelle persone, le possono indurre a fare qualsiasi cosa. É la paura – paura manipolata – che ci fa mettere in coda come pecore accondiscendenti all’imbarco di un volo, nonostante nessun complotto terroristico sia mai stato scoperto, né tantomeno sventato in questo modo! Sebbene chi si mostra insofferente al servilismo reagisca con ira verso le “autorità superiori”, la vera motivazione alla base dell'accondiscendenza è la paura. Oggi le “autorità superiori” si compiacciono del fatto che la maggior parte di noi cadrà nella loro trappola, senza doversi nemmeno preoccupare di ingannarci.

Come superare questa paura che ci attanaglia? Da piccolo avevo paura dei lampi e dei tuoni. Mia madre allora prese l’enciclopedia e scoprimmo come il lampo è lontano più di un chilometro e mezzo ad ogni 5 secondi trascorsi prima del tuono. Da allora non ho più avuto paura dei temporali. Guardate la realtà dei fatti di ciò che ci fa paura. Dobbiamo aver paura di Al-Qaeda per via dell’11 Settembre al punto da aver paura di tutti i musulmani? Non sono stati loro a pianificarlo, ma dei tirapiedi che si sono macchiati di un gesto atroce ai danni di 3000 americani innocenti, un gesto che in essenza è servito come pretesto per privare gli americani della propria libertà. Dopo 11 anni, quell’evento raccapricciante non è stato seguito da nessun altro attentato. Se ci avessero voluto distruggere, perché non ci hanno attaccato mentre ancora eravamo in ginocchio? Dobbiamo avere paura del vicino di casa che discute animatamente al telefono in un centro commerciale da dover chiamare i reparti speciali della polizia? No, se solo facessimo il minimo sforzo di bussare alla porta del vicino, presentarci e farci un’idea di chi si tratta. Dobbiamo aver paura dell’ottantenne che prende l’aereo per andare a visitare i nipoti da doverla umiliare all’imbarco del volo? O delle urla di spavento di un bambino di  4 anni? O di un uomo d’affari? O di TE? Di cosa avranno paura gli amministratori della sicurezza dei trasporti quando ti afferrano i genitali, ovunque si prendono la briga di umiliarti? La verità è che non hanno paura di te. Hanno paura che fin troppi di noi si possano svegliare, comincino a pensare con le proprie teste e sostituiscano l’autodeterminazione alla paura. Le “autorità superiori” hanno paura di chiunque rivendichi il proprio diritto di nascita a vivere la vita che vuole senza danneggiare il prossimo, senza paura. Hanno bisogno che tu abbia paura di loro, altrimenti il loro piano fallirebbe. Non si può controllare 7 milioni di persone con la frusta, ma sì che le si può controllare con la paura. Funziona dai tempi di Nimrod, che convinse la sua gente a custodire tutto il loro grano nel suo granaio per proteggerlo dagli attacchi di immaginari predatori in agguato fuori le mura cittadine.

Scrollatevi la paura di dosso. Siate gentili l’uno con l’altro. Aiutatevi. Amatevi. In questo modo sarà sempre più difficile che la paura si insinui in voi. Se questo concetto vi è nuovo, cominciate dalle piccole cose. Cominciate con la vostra famiglia, poi con i vostri colleghi, e infine con gli sconosciuti. Una volta sperimentato il piacere di vivere senza paura, potrebbe diventare un’abitudine. Non sarebbe un bello smacco per i loro piani?

TRADOTTO E RIELABORATO PER ECV DA ALESSANDRO MAMMOLITI

FONTE: ACTIVE POST

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giovedì 22 novembre 2012

Il Bene della Collettività Non può Essere Imposto dall'Alto


DI GIANPAOLO MARCUCCI

forzatura

Tutti i modelli politico-economici applicati sinora alla società hanno voluto fare il bene della collettività decidendo autonomamente cosa questo bene fosse e considerandolo successivamente come un assunto immutabile. Due gravi errori possiamo ritrovare in questo ragionamento: Il primo è che la società, come qualsiasi altra cosa in natura, è tutt'altro che immutabile, ergo, nessuna "Bibbia" può guidarla in eterno; il secondo è che per fare il bene della collettività, non si può imporre dall'alto un "bene" teorico intuito o ragionato, l'unico modo è chiedere ad essa cos'è bene per lei.

Fino a pochi anni fa era quasi impossibile consultare la collettività su questioni come la politica, l'economia, i media, i bisogni, etc. se non attraverso il sistema del voto e della democrazia rappresentativa (che sappiamo oggi essere fallimentare). Oltre al dispendio enorme di risorse che si sarebbero dovute impiegare per un sistema più "diretto", senza deleghe, mancavano due concetti fondamentali: l'estemporaneità e la trasparenza. Oggi attraverso la rete è realmente possibile chiedere alla collettività cosa vuole: la democrazia diretta è già realtà. Saremmo tuttavia a mio parere troppo ingenui se ci fermassimo alla conclusione che basta chiedere alla popolazione quali sono i suoi bisogni per risolvere tutti problemi del mondo. Cosa accadrebbe infatti se chiedessimo oggi alla collettività che cosa vuole?  

"Collettività, volete più tablet gratis o più scuole che educhino alla creatività?" Secondo voi quale sarebbe la risposta? Questo non è affatto un problema da sottovalutare. Fintanto che la massa è controllata sino nella formazione dei propri bisogni da parte dei media non possiamo interrogarla su cosa realmente vuole per se, perché non lo sa. L'uomo medio, inteso non come l'uomo stupido, ma come l'uomo tipo della società odierna, l'uomo che compone la massa, la maggioranza della popolazione, anche lo studente universitario o il politico, non sa cosa vuole. Dunque, se non si può imporre dall'alto la soluzione ma non ci si può nemmeno affidare alla "volontà popolare" cosa si può fare per cambiare le cose? Un antico proverbio cinese recita a proposito così: Se vuoi progettare un anno, coltiva il riso; se vuoi progettare un decennio, pianta gli alberi; se vuoi progettare un secolo, educa le persone.  Dato per assunto che non si può imporre il bene, se la massa non è sufficientemente consapevole per comprendere cos'è bene per lei, l'unica azione intelligente da compiere è educarla, prenderla per mano ed aiutarla a fare luce affinché diventi in grado di scegliere da sola. L'unica azione intelligente è diffondere consapevolezza, instillare l'amore per la domanda.

Non si sta però qui dicendo che dobbiamo stare fermi ad aspettare mentre qualcuno (un guru, un leader, un salvatore) arriva ed educa il mondo; a farlo devono essere coloro che comprendono questa urgenza. Dobbiamo essere noi ad informare, educare, far prendere coscienza alla popolazione dei problemi della società e durante tale fase di diffusione di consapevolezza, al fine di rendere sempre meno controllato e limitato lo spazio d'azione che abbiamo in ambito di proposta politica, a promuovere metodi che si avvicinino sempre di più alla democrazia diretta, metodi di transizione, come ad esempio la democrazia liquida dove il sistema della delega sopravvive ma viene limitato nel tempo e nello spazio (figurato), divenendo così d'aiuto anziché d'ostacolo alla partecipazione politica. Gli strumenti ci sono tutti, l'energia anche, uniamoci, cooperiamo senza uniformarci e lavoriamo ad una rivoluzione che sia senza bandiere ne stendardi, una rivoluzione che prima di tutto sia sinonimo di evoluzione.

L'educazione e la diffusione di consapevolezza sono le chiavi per un'evoluzione etica e democratica della nostra società

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lunedì 19 novembre 2012

Il Sogno Italiano


DI FAUNO LAMI




Ecco Cosa Vedo presenta in esclusiva un divertente cartone animato, finalmente doppiato in italiano da Fauno Lami, che spiega in modo chiaro quali sono le vere cause dell'attuale crisi economica e svela come banche e multinazionali sono arrivate a creare il più grande imbroglio mai esistito ai nostri danni.

Il protagonista della storia è Italo, un cittadino come tanti: sereno, inconsapevole e bene integrato nella civiltà consumistica di oggi. Un bel giorno, la sua tranquilla routine viene interrotta. La dura realtà viene a bussargli alla porta di casa e gli presenta il conto: tasse e debiti talmente alti da non permettergli più di vivere. Tutto ciò che credeva sulla politica, sull'economia, sulle banche, sulla moneta, era sbagliato. Come forse anche quello che crediamo noi.

Se non ci decideremo presto ad aprire gli occhi, questo nostro bel sogno rischia di tramutarsi in incubo, come sta già accadendo in moltissimi paesi europei. I nostri capi di governo svenderanno il paese alle banche, privatizzando anche i servizi più essenziali ai cittadini. Per fermare questo meccanismo malato è necessario diffondere la consapevolezza di ciò che sta accadendo, svegliando le persone da questo fragile e ingannevole sogno.

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venerdì 16 novembre 2012

Giovani Oggi: Tra Crisi del Modello D’Autorità e Narcisismo


ESTRATTO DA UN TESTO DI MARIA GRAZIA RIVA

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Siamo passati dalla crisi del modello d’autorità tradizionale, esplosa negli anni Settanta del Novecento con la contestazione giovanile, a una situazione attuale in cui prevale l’incapacità delle famiglie e, comunque, di chi rappresenta le istituzioni di porre regole. Si riscontra, d’altra parte, l’affermarsi di personalità narcisistiche, bisognose di trovare un rinforzo nel successo pubblico della propria immagine.

Si può ipotizzare un nesso fra queste due circostanze. La violenta e brusca caduta della percezione di legittimità delle norme, dei modelli e dei valori predefiniti ha inevitabilmente lasciato sul campo detriti e macerie, liquidati forse con troppa fretta. I giovani e la società stessa, più in generale, pagano lo scotto del vuoto di riflessione, della non elaborazione dei detriti rimasti dopo l’attacco ai vecchi modelli autoritari. Nel modello autoritario, i bisogni profondi delle persone e dell’infanzia non venivano considerati, generando così soggetti senza fondamenta solide. Una volta crollato il modello autoritario – che fungeva da sostegno, per quanto rigido – sono emerse, in tutta la loro drammaticità, le fragili basi su cui le nostre generazioni si sono costruite.

La pedagogia può svolgere un ruolo significativo nella direzione di una rielaborazione dei detriti ancora in sospeso, in quanto dispone ormai di modelli, metodologie e strumenti in grado di essere utilizzati per questa finalità, sia sul piano individuale sia sul piano sociale e collettivo.


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mercoledì 14 novembre 2012

L'Emergenza è Necessaria per Controllare le Masse


ESTRATTO DA UNA LEZIONE DI MARCO CANESTRARI



Nei paesi dove le masse vengono controllate dall'alto attraverso i media la condizione di emergenza non deve concludersi mai: finita la particolare influenza mortale inizierà un'emergenza sicurezza che terminerà solo allo scattare di una turbolenta crisi economica e così via.

La serenità non deve mai essere raggiunta. Ma perché tutto questo? 

Le condizioni di emergenza sviluppano una maggiore condizione di acquiescenza e rendono la popolazione più disposta ad accettare i sacrifici imposti dall'alto.

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lunedì 12 novembre 2012

10 Motivi per Rendersi Autosufficienti e 10 Modi per Farlo


TRADOTTO DA ALESSANDRO MAMMOLITI

EARTH ON THE HEAD
Sono ormai passate da tre a cinque generazioni dall’America rurale che ha costituito la spina dorsale del paese. Con la prospettiva di trovare lavoro più facilmente, il mondo in generale è stato trasformato dal fenomeno dell’urbanizzazione. Le megalopoli frutto di questo fenomeno possono essere interpretate come un esperimento mal riuscito, considerando che il livello di benessere generale è in declino e il tasso di suicidi in aumento in tutto il mondo. Sovrappopolazione e lotta economica hanno prodotto una criminalità dilagante, inquinamento, illeciti di impresa, e una concorrenza basata sull’ideale del mors tua vita mea che può essere qualificata alla stregua di un’infermità mentale temporanea. La crisi economica che stiamo vivendo è stata la mazzata finale per molte persone, mentre sembra che le promesse di una vita migliore, più facile e creativa ci siano state vendute a mo’ di carnevalata da truffatori che se la ridono mentre portano il bottino in banca (la loro).

Ecco le ragioni principali per diventare autosufficienti, basate su motivi fondamentali e strutturali per i quali intraprendere un simile cambiamento di vita non risulta un capriccio insensato, ma piuttosto una risorsa costante verso un’indipendenza personale.
10 Ragioni per rendersi autosufficienti
1. Libertà dalle manipolazioni del mercato – i veicoli di investimento dettati dal mercato sono controllati in maniera sempre più palese da istituzioni e imprese bancarie. La débâcle della banca privata Federal Reserve non è che la punta dell’iceberg di una cattiva gestione provocata da decenni di schemi di Ponzi, mentre si sta attualmente pianificando il saccheggio istituzionalizzato dei fondi pensionistici.

2. Scudo contro l’inflazione
– vi siete accorti dei prezzi recentemente? Persino la catena di negozi Wal-Mart sta silenziosamente alzando i prezzi. Si può scegliere se comprare azioni o oro, ma la gente deve pur sempre mangiare – l’attuale aumento dei prezzi dei beni di prima necessità preannuncia un’iperinflazione che non si ridurrà a breve. Inoltre, il problema potrebbe complicarsi in maniera esponenziale per via della scarsità dei generi alimentari.

3. Salute e benessere
– è stato scoperto che alcuni prodotti “organici” sono stati erroneamente classificati, e una serie di marche prive di OGM si sono rivelate ingannevoli. Gli OGM sono privi dei valori nutrizionali dei cibi che si possono coltivare nell’orto di casa. La multinazionale Monsanto ha un passato più che sospetto dopo aver più volte ingannato la fiducia dei consumatori. È giunto il momento di fare a modo nostro.

4. Senso di appartenenza alla comunità
si sente dire in continuazione – “Non vedo mai i miei vicini, figuriamoci se li conosco”. Certo che no: 80 ore di lavoro settimanali e pranzo al sacco non sono certo un toccasana per stringere i contatti con la comunità. Con così poco tempo per interagire con la nostra comunità, non c’è da stupirsi che ci si senta distaccati dal resto del mondo. In questi tempi così difficili è la comunità locale che può offrire il migliore sostegno.

5. Lavorare in maniera autonoma
– le ore di lavoro aumentano, i salari diminuiscono e i dirigenti d’azienda ricevono dei bonus sempre più cospicui. Ciò non fa che aumentare il malumore poiché ci si vede costretti ad ammettere di condurre una vita al limite della schiavitù. Anche per chi non è dipendente di un’impresa, è difficile che lavorare per qualcun altro sia più gratificante che lavorare o ingegnarsi per qualcosa per cui ogni momento è speso unicamente per se stessi.

6. Più tempo libero
siamo cresciuti con l’idea che vivere in una fattoria sia una fatica inaudita da mattina a sera per arrivare distrutti a fine giornata. Ma ormai non è più così. Di sicuro l’organizzazione di una fattoria o il tentativo di rendersi autosufficienti è uno sforzo che richiede del tempo. Tuttavia, le nuove tecnologie e i metodi di produzione di cibo come i sistemi di permacultura e acquponica permettono un avvio di attività low-cost e un costo di manutenzione minimo, poiché tali tecniche creano dei sistemi simbiotici eccezionalmente autonomi.

7. Sicurezza energetica e alimentare
le riserve di cibo e di energia tradizionale si stanno esaurendo a livello mondiale. Persino nei paesi industrializzati si sta accusando la carenza di cibo per via di una pericolosa combinazione di fattori quali: instabilità climatica, forze di mercato, cibi geneticamente modificati, ed elevato costo della raccolta e del trasporto dei generi alimentari. E si tratta di un processo irreversibile. Il nostro stile di vita petrolio-dipendente è minacciato da prove sempre più schiaccianti che i combustibili fossili si stanno esaurendo. Dovremmo indirizzarci verso le energie rinnovabili, come quella eolica, solare, geotermica o da moto ondoso per ottenere una rete elettrica autosostenibile

8. Apprezzare di più la vita
– stando a contatto con la natura, ne si apprezzano i processi e i meccanismi in maniera autentica. Costruire un orto col proprio sudore, scegliere i prodotti migliori da raccogliere, e cucinarli per la propria famiglia e comunità può essere un’esperienza significativa, capace di trasformarci.

9. Ristabilire l’equilibrio – pressoché ogni cosa è portata agli eccessi nelle nostra società, o risulta più che mai dall’equilibrio instabile. Le istituzioni e i governi a cui ci rivolgiamo affinché ristabiliscano l’ordine delle cose non danno segni di vita. Dobbiamo farci carico della situazione per ristabilire il nostro bilancio finanziario e l’equilibrio ambientale. Il metodo migliore per farlo è ridurre i consumi in eccesso.

10. Diventare produttori, non consumatori – è questo il modo migliore per ridurre il costo della vita e aumentare la propria autosufficienza. Il 70% dell’economia americana è basato sull’acquisto di prodotti. Un chiaro segno di disequilibrio che, di conseguenza, non è sostenibile. Come sappiamo, inoltre, le lotte autodistruttive tra aziende per ottenere manodopera a basso costo avviene alle spalle di persone disperate. Lo sfruttamento del Terzo Mondo per vestire, sfamare e intrattenere i Paesi Industrializzati non è un bell’argomento a cui si pensa volentieri, ma rimane pur sempre una questione drammatica. Ribadisco, le nuove tecnologie stanno rendendo la produzione di generi alimentari e persino di abbigliamento una via quanto mai percorribile.
Come si suol dire: La libertà ha un prezzo. Ma di sicuro è meglio di ogni alternativa.

10 Modi per diventare autosufficienti

Il collasso dell’economia globale è stata un'esperienza rivelatoria per molte persone
. La crisi in corso continua a provocare disoccupazione in un momento in cui il prezzo dei beni di prima necessità come il cibo e l’energia continua ad aumentare. Si prospetta che l’inflazione aumenterà a causa dell’eccessiva stampa di denaro per compensare l’esplosione delle bolle economiche che, in primo luogo, sono presumibilmente state prodotte dall’eccessiva stampa di denaro attraverso tassi di interesse studiatamente ribassati. L’impennata dei prezzi del carburante del 2008 e la successiva crisi finanziaria hanno indotto molte persone a prendere le contromisure per rendersi più autosufficienti. I recenti presagi di carenza di risorse alimentari, l’indebolimento del dollaro e il rincaro del petrolio preludono ad uno scenario simile a quello del 2008. C’è chi ha intrapreso i primi passi per risparmiare energia, ridurre le spese e i consumi, e chi sta pensando di piantare un orto e istallare pannelli solari nelle proprie case. Persino rendersi completamente autosufficienti a livello energetico è diventata una tendenza dominante.

Rendersi più autosufficienti si sta di fatto dimostrando un’iniziativa di buonsenso, sia in prospettiva di tempi difficili che no. Chi non vorrebbe vivere completamente off-the-grid senza dover fare a meno delle comodità di tutti i giorni? Sebbene questa non sia una prospettiva realistica per molti di noi, vi sono diversi modi per rendersi autosufficienti, che in teoria non richiedono grandi sforzi e risultano molto appaganti.

Ecco i 10 consigli per vivere in maniera autosufficiente:

1 Riduci i debiti
: in particolar modo tieni sotto controllo la carta di credito dato che è totalmente corrotta. Contatta la compagnia della tua carta di credito e richiedi un piano di investimento bancario simile a quello dei fondi che ricevono dai contribuenti. Se non rispondono alle tue richieste, faresti bene a non pagare.

2 Riduci i consumi
: valuta i tuoi bilanci e determina le priorità. Cerca di abbassare il livello delle tue comodità e individua quelle di cui sei disposto a fare a meno.

3 Riduci il consumo energetico
:  cambia le lampadine, e collega il sistema Hi-Fi ad uno splitter che possa spegnere completamente il circuito e ridurre le spese inutili, ecc. Pianifica con attenzione le spese per cibo e trasporti.

4 Conserva energia
: abbi sempre a disposizione una bombola a gas e della legna extra per una giornata di pioggia. Comprare un generatore di energia, come un pannello solare, è un ottimo investimento.

5 Investi nelle scorte di alimenti
: con la caduta del dollaro e l’aumento del prezzo degli alimenti, perché non fare un conto risparmio per il cibo? Procurati dei prodotti isolanti sottovuoto, e manuali di metodi di conservazione. Gli alimenti a più lunga conservazione sono i cereali (riso, fagioli, farina), cibi inscatolati, semi e alcuni prodotti preconfezionati.

6 Produci i tuoi alimenti
: trasforma il giardino in un orto, con alberi da frutto e galline. Avventurati nella caccia, a pesca, a raccogliere frutti e bacche. Metti da parte dei semi extra per l’orto.

7 Impara qualcosa di nuovo
: fai ricerche su internet, leggi, intraprendi corsi per apprendere capacità pratiche come giardinaggio, cucina di cibi biologici, lavori a macchina o del legno, o riguardo energie alternative, salute e benessere naturali, ecc..

8 Avvia un’attività parallela
: trasforma una passione o un hobby in una piccola attività parallela per guadagnare qualche soldo extra. Chissà che non diventi il primo passo verso una totale indipendenza finanziaria.

9 Investi nelle energie alternative
: comincia con piccole istallazioni come un sistema a energia solare per riscaldare l’acqua, per un frigorifero, un ventilatore o per una stufa a legna ecc.. Se hai pochi mezzi a disposizione, fai un passetto alla volta.

10 Proponi iniziative alla tua comunità
: avvia o unisciti ad una cooperativa alimentare, di beni e di servizi. Apri un dibattito costruttivo nella tua comunità locale per intraprendere un cammino verso l’autosufficienza. Condividi la tua storia e accresci il consenso.

Questi passi ci faranno risparmiare nell’ascesa verso il premio finale, l’indipendenza. Ogni azione volta a rendere più semplici le nostre vite ci libera dai sistemi di controllo messi in atto per complicare, intossicare e vincolare le nostre vite.

FONTE

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sabato 10 novembre 2012

Il Nostro Punto di Vista Emotivo

ESTRATTO DALLE LEZIONI SULLA CONSAPEVOLEZZA DI MARCO CANESTRARI



Lo scopo principale più evidente delle persone è quello di difendere il proprio ego, il proprio "io". Anche chi, con discorsi intellettuali, afferma che non è attaccato o interessato al proprio ego, si offende quando viene insultato, oppure rimane visibilmente attaccato emotivamente agli affetti che lo riguardano (suo figlio, la sua famiglia, la sua istruzione, le sue idee, ecc.) più di quanto è attaccato a quelli degli altri.

Creiamo delle vere e proprie guerre e ci ammazziamo a vicenda per proteggere il nostro "io", sacrificando molte cose reali e concrete. Ma dove si trova questo "io"? E come è fatto? Se vogliamo davvero proteggerci, dobbiamo comprendere a fondo che cosa è, in modo da sapere cosa stiamo difendendo. Un nome? Un'idea? Un pezzo del nostro cervello? Solo così potremmo agire correttamente per proteggerci e per sentirci finalmente al sicuro.

Osserviamo la realtà attraverso il nostro filtro personale. Di fronte allo stesso evento abbiamo reazioni ed emozioni diverse da altre persone, in base a ciò che abbiamo in memoria, a ciò che abbiamo imparato e memorizzato, eppure quando siamo chiamati ad individuare l'origine del nostro essere e del nostro "io", siamo in difficoltà. Non può essere nel nostro corpo, né nelle nostre memorie o nelle abitudini, che sono soggetti a continui cambiamenti. Solo un ascolto profondo, un'analisi senza preferenze può portarci a scoprire che forse stiamo difendendo solo un'idea, anziché un fatto reale. E questa è la causa dei nostri fallimenti e della nostra enorme sofferenza.

Testo di Fauno Lami


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mercoledì 7 novembre 2012

La TV Genera Un'Opinione Collettiva e Non Personale

ESTRATTO DA UN TESTO DI LUCA BERETTONI

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Una tema importante,o meglio una lezione importante che si può apprendere leggendo “Cattiva maestra televisione” di Karl Popper è che bisogna tutelare, educando, i bambini ad un uso disciplinato della televisione. Popper sottolinea la tendenza evolutiva delle comunicazioni di massa verso il peggio: il peggio per la democrazia in termini di squilibrio di poteri (era infatti preoccupato per il rapporto che si è instaurato tra la televisione e l’opinione pubblica in tema di democrazia), e il peggio per i bambini, in termini di diseducazione (o meglio di educa zione alla violenza).

È importante capire il rapporto molto stretto che intercorre tra televisione e democrazia per la realizzazione e il mantenimento di una società aperta, ed è altrettanto importante capire come questo stesso strumento di comunicazione sta invece ostacolando e minacciando la sopravvivenza di questa società democratica. Le basi per una società aperta sono affidate in primo luogo ai processi educativi e di fatto la televisione è un mezzo educativo importante, soprattutto nel caso di bambini molto esposti ad essa e con poche alternative disponibili. Infatti l’ambiente socio-culturale è un elemento da tenere sempre ben presente. L’influsso dipende da molti fattori come l’educazione familiare o scolastica: i bambini che vivono in un contesto sociale che valorizza la violenza lo subiscono molto di più e tendono a diventare aggressivi. In taluni casi la tv ipnotizza addirittura, tant’è vero che ci sono bambini che diventano nervosi e irritabili quando il video è spento. Le conseguenze di un’immersione nel mondo delle immagini televisive modifica in profondità le basi dell’educazione poiché i bambini guardano la televisione prima ancora di aver imparato a leggere e a scrivere, dunque si formano prima un’opinione pubblica e poi personale.E si riscontrano poi effetti sul sistema cognitivo che dipendono dal contenuto dei programmi. Ce ne sono alcuni, che sono decisamente educativi, e anche certi film e documentari possono fornire spunti per riflettere sulla vita sociale. Il problema è che la maggior parte dei programmi, anche per bambini sono negativi. Diversi studi hanno dimostrato che i ritmi rapidi e spezzati, le dissolvenze, gli zoom, la musica molto alta, abbassano la soglia di attenzione. In genere il rendimento scolastico ne è diminuito. L’abitudine alla comunicazione per immagini, basata su semplici accostamenti esplicativi tra fotogrammi successivi per spiegare le relazioni di causa-effetto, rende insofferenti ai ritmi piuttosto lenti, di una lezione a scuola. I programmi densi di stimoli eccitativi aumentano i comportamenti impulsivi, spingendo i bambini a rispondere ai problemi senza pensare.
 
L’influenza della violenza, per esempio, è stata provata senza ombra di dubbio. I bambini traggono dalle immagini dell’ambiente i modelli da imitare; l’esposizione continua a programmi televisivi e alla pubblicità influenza profondamente atteggiamenti, credenze, valori e comportamenti degli individui. Dunque maggiore è l’esposizione, tanto maggiore è, in genere, l’influenza esercitata dal mezzo. La natura di tale influenza dipende anche dai contenuti; tuttavia l’esposizione basta da sola ad influenzare lo spettatore. Dal momento che le basi della civiltà liberale sono affidate ai processi educativi, viene da sé l’importanza di migliorare la produzione televisiva, poiché i mass media, se ben usati, potrebbero rendere un servizio inestimabile alla cultura, promuovendo valori quali libertà, responsabilità personale, solidarietà e convivenza civile. La televisione però può essere uno strumento di manipolazione dell’opinione a beneficio del potere, ed è un fattore di disturbo all’educazione alla non violenza. La violenza televisiva costituisce una minaccia allo sviluppo sano dei bambini: rende i bambini meno sensibili al dolore e alla sofferenza degli altri; li rende più paurosi del mondo intorno a loro; e rende più probabile un loro comportamento aggressivo verso gli altri. Inoltre le convenzioni televisive distorcono gravemente la realtà e questo è un male, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei bambini guarda la televisione per cercare di capire il mondo e non solo per divertimento. Le motivazioni che spingono i bambini a guardare la televisione infatti sono completamente diverse dalle motivazioni che spingono gli adulti. Questi ultimi cercano uno svago, una distrazione; i bambini invece guardano la televisione per capire il mondo, proprio come fino ad alcuni decenni fa guardavano gli adulti nelle loro attività di lavoro e gioco per apprendere e acquisire quelle attitudini necessarie ad inserirsi nella società.
 
Gli effetti della televisione nella crescita di un bimbo quindi, non dipendono tanto dal mezzo ma piuttosto da come viene utilizzato. E' l'utilizzo che se ne fa a sfruttarne le potenzialità positive o ad ampliarne i possibili effetti negativi. Prendiamo in considerazione le nostre famiglie; spesso si vive una vita frenetica: i genitori devono rispettare gli orari di lavoro, conciliare gli orari dei figli, legati alla scuola e a sempre più numerose attività extrascolastiche, cercare di trovare qualche spazio per se stessi. Quando si guarda la televisione esiste un solo punto di vista: “quello della videocamera” che ci coinvolge direttamente ma sul quale non abbiamo nessuna padronanza. Come aveva scoperto i fratelli Kline la televisione non parla alla mente ma al corpo; ha un impatto diretto sul sistema nervoso e sulle emozioni e ne ha poco sulla mente, l’elaborazione dell’informazioni viene in realtà compiuta per la maggior parte dallo schermo. Quando si guarda la tv, le immagini dello schermo sostituiscono le proprie e si entra a far parte dell’immaginario e del pensiero collettivo. La televisione non è solo “ladra di tempo” prezioso per lo sviluppo dei bambini, come sosteneva John Condry nel suo articolo, ma è anche bugiarda perché quel poco di verità che la televisione ci comunica è molto distorto. “Non è vero che i mass media riflettono, è vero che modificano la realtà”. La televisione non può insegnare ai bambini ciò che debbono sapere via via che crescono e diventano adolescenti e poi adulti. Dobbiamo offrire ai bambini altre idee su come passare il tempo; i bambini hanno bisogno di conoscere se stessi tanto quanto hanno bisogno di conoscere il mondo, e queste informazioni si ottengono soltanto agendo sul mondo, cioè tramite l’interazione reale fra esseri umani. “Hanno bisogno di più esperienza e meno televisione” poiché come strumento di socializzazione è carente. La televisione non genera nuove opinioni (personali) ma genera solo un’opinione collettiva perché la televisione tratta l’informazione per noi. Ciò è esattamente il contrario di quello che succede quando si legge un libro, poiché attraverso la lettura si ha una personale esperienza sensoriale. Davanti la televisione le nostre difese sono abbassate, siamo vulnerabili e sensibili ad una seduzione multisensoriale. L’etica si può insegnare ai bambini solo se l’ambiente è attraente, buono e fornisce buoni esempi.
 
La scuola, come tutti gli istituti educativi, dovrebbe insegnare a costruire competenze d’uso consapevole e critico, anche se questo è difficile perché il rapido succedersi di innovazioni tecnologiche impone sempre nuovi modelli e nuove strategie di formazione. Anche per Raimondo Cabeddu, la scuola dovrebbe insegnare ai bambini l’uso che si può fare della televisione e far capire per cosa essa non serve. Anziché ignorare la televisione, la scuola dovrebbe incoraggiare i bambini a discutere i programmi e le idee, buone e cattive, che essa comunica. Quindi invita le istituzioni scolastiche a elaborare programmi pedagogici per insegnare ai bambini ad essere telespettatori critici. Suggerisce, ancora, di progettare alcune lezioni che offrono ai bambini la possibilità di utilizzare apparecchiature video per fargli realizzare dei piccoli spettacoli e spot pubblicitari, con l’obiettivo di fargli comprendere quanto è facile per una telecamere distorcere la realtà. Questa sua proposta nasce proprio dalla consapevolezza che la televisione non può essere incolpata del modo in cui la gente la usa.
 
 

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lunedì 5 novembre 2012

Quel che c'è Da Capire

DI ERMANNO BENCIVENGA

Alice - Doorway

Alice capisce tutto quel che c’é da capire. Quel che c’é da capire, dicevano i grandi, e dentro una grossa pentola, di quelle in cui si bolle l’acqua per la pasta; solo che questa pentola non si può più usarla per bollire l’acqua perché qualcuno ha avuto la bella idea di metterci dentro tutto quel che c’é da capire. Così i grandi l’hanno nascosta in cantina, in mezzo a tante cianfrusaglie, e perché quel che c’é da capire non esca fuori e si disperda ai quattro venti l’hanno chiusa ermeticamente con del nastro adesivo, e sopra ci hanno messo un ferro da stiro, una chiave inglese e un’incudine - oggetti pesanti, insomma, per tenere il contenuto al sicuro.

Alice però non si è fatta scoraggiare dalle loro precauzioni ed è andata a cercare la pentola. La cosa più difficile per lei è stata scendere in cantina: la scala è stretta e buia, e in fondo bisogna girare un angolo, e mentre si scende si ha l’impressione che dietro quell’angolo ci sia qualcosa di orribile, uno di quei mostri di cui parlano le favole - le favole finte, voglio dire, quelle scritte apposta per imbrogliarci e per spaventarci. Prima o poi, stringendo forte i denti e chiudendo gli occhi, Alice è arrivata in fondo alla scala; e quando c’é riuscita ha subito voluto riprovarci, e ha riprovato ancora e ancora, finche poteva farlo canticchiando e saltando i gradini a due a due. Superato l’ostacolo della scala, il resto è venuto liscio come l’olio: la porta della cantina non è chiusa a chiave, la pentola è in bella vista e gli oggetti pesanti che ci sono sopra non c’é bisogno di sollevarli. Basta inclinare la pentola e cadono di lato, facendo un gran fracasso. Allora si tratta solo di togliere il nastro adesivo e alzare il coperchio. Alice ha compiuto questa operazione più volte. La prima volta è rimasta sorpresa, perché dentro la pentola non ha trovato nulla. Ha pensato che fosse l’ora sbagliata, che forse le cose si capiscono di sera, o di notte, o la mattina molto presto quando è già chiaro ma non è ancora comparso il sole.

Così è tornata, di sera, di notte e anche la mattina molto presto, muovendosi circospetta con i suoi piedini leggeri per non svegliare nessuno; ma la pentola era sempre vuota. Per un po’ Alice è rimasta delusa,e si è anche preoccupata. «Sta a vedere» pensava «che aprendo la pentola ho lasciato venir fuori tutto quel che c’é da capire, e adesso si è disperso ai quattro venti e nessuno lo troverà più.» «Ma no» si rispondeva poi da sola «ci sono stata bene attenta. Non ho visto niente che usciva. E, se non ho visto niente, che cosa c’era da capire?» Alla fine, Alice ha capito. Ha capito che i grandi avevano torto: quel che c’é da capire non si mette in una pentola, non si nasconde in cantina, perché non può venirci da fuori, non può esserci dato da un altro. Ha capito che si capisce sempre quel che abbiamo dentro, e se lo capiamo bene possiamo anche farlo venir fuori, e costruirci case e ponti e automobili e trattori; ma, se non capiamo quel che abbiamo dentro,fuori non c’é niente da capire. Quando ha capito, Alice ha richiuso la pentola con il nastro adesivo e faticosamente ci ha rimesso sopra il ferro da stiro, la chiave inglese e l’incudine.

Da allora passa molto tempo nella sua camera, a capire quel che ha dentro;
poi esce e con quel che ha capito cambia il mondo.


ESTRATTO DA  La filosofia in cinquantadue favole

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giovedì 1 novembre 2012

L’uomo Ha Diviso la Terra

DI JIDDU KRISHNAMURTI

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E’ la nostra terra, non la vostra, la mia o la sua. Siamo destinati a viverci aiutandoci l’uno con l’altro, non distruggerci a vicenda. Non si tratta di assurdo romanticismo, ma di un fatto reale. Ma l’uomo ha diviso la terra, sperando in questo modo di trovare nel particolare la felicità, la sicurezza, un senso di conforto duraturo. Finché non avviene un cambiamento radicale, finché non si spazzano via tutti i nazionalismi, tutte le ideologie, tutte le divisioni religiose, finché non si stabilisce una relazione globale – psicologicamente, innanzitutto, prima di organizzare l’esterno – andremo avanti con le guerre. Se fate del male a qualcuno, se uccidete qualcuno, sia in un impeto di collera che nel crimine organizzato che chiamiamo guerra, voi – che siete il resto dell’umanità e non un essere umano separato che lotta contro il resto dell’umanità – distruggete voi stessi.

Dobbiamo chiederci perché ci sono queste divisioni: il russo, l’americano, l’inglese, il francese, il tedesco, e così via. Perché esiste questa divisione fra uomo e uomo, fra una razza e l’altra, una cultura contro un’altra e varie ideologie opposte ad altre ideologie, perché? Dove sta questa separazione? L’uomo ha diviso la terra in tua e mia; perché? Forse perché cerchiamo di trovare sicurezza e protezione in un particolare gruppo, in una credo, in una fede? Perché anche le religioni hanno diviso gli uomini, mettendoli l’uno contro l’altro: gli indù, i musulmani, i cristiani, gli ebrei, e così via. Il nazionalismo, con il suo nefasto patriottismo, è di fatto una forma glorificata e nobilitata di tribalismo. All’interno di una tribù, piccola o grande, si ha la sensazione di essere insieme, con lo stesso linguaggio, le stesse superstizioni, gli stessi sistemi politici e religiosi. In questo modo ci si sente sicuri, protetti, felici, confortati; e per questa senso di protezione siamo disposti a uccidere altri che hanno lo stesso desiderio di sentirsi sicuri e protetti, di appartenere a qualcosa. Questo terribile desiderio di identificarsi con un gruppo, con una bandiera, con un rituale religioso e così via, ci dà la sensazione di avere delle radici, di non essere dei vagabondi senza fissa dimora.

FONTE: VISIONE ALCHEMICA