martedì 30 ottobre 2012

Il Lusso in TV per Manipolare le Masse

DI MARCO CANESTRARI

bridesbeverlyhills

In questi anni la televisione ci bombarda con programmi che ostentano stili di vita Extra Lusso: Party Mamas, Teen Creebs, Sweet 16 Birthday Party, Abito da sposa Beverly Hills e molti altri. Perché? Uno dei motivi è quello di renderci più manipolabili. Più precisamente, avere una fascia crescente di popolazione che orienta sempre più attenzioni e desideri verso il Lusso rendono il Sistema di sfruttamento più stabile. Vi spiego il perché.

É ormai assodato che a livello mondiale va sempre più aumentando la differenza fra ricchi e poveri e sta scomparendo la fascia intermedia. In questo periodo ci sono delle persone ricche, ma cosi ricche da poter virtualmente acquistare interi stati e una marea di poveri così poveri da morire di fame e sete. Anno dopo anno questa tendenza va aumentando esponenzialmente e quelli che prima erano benestanti diventeranno di ceto medio e cosi via sempre di più verso la povertà. Abbiamo le risorse sufficienti per soddisfare tutti i nostri bisogni eppure più passa il tempo e più persone vivranno di stenti. Il Bambino che sta per morire di sete rannicchiato nel villaggio che non riesce nemmeno più a muoversi non può fare molto, qualcun altro deve agire per lui. Molti si rendono conto che stiamo arrivando a un collasso la cui responsabilità è stata generale. Ora però il mondo e i suoi abitanti sono in estremo pericolo ed è necessaria una risposta urgente e forte. Non fare niente significa essere responsabili di lasciare degenerare quest’andamento esponenziale. Chi farà quest’azione indispensabile? L’azione sociale la può fare solo chi ha più del necessario, solo quelle persone hanno margine di azione.

Prendiamo un esempio semplice: Mentre scrivo quest’articolo dei bambini stanno morendo perché non hanno acqua, mentre una persona sullo stesso pianeta si compra un’isola da milioni di euro. Quest'ultima persona avrebbe la possibilità di spostare molte risorse, creare acquedotti e salvare molti di quei bambini. É solo un esempio, ma potrebbe anche acquistare delle televisioni, informare e educare la popolazione favorendone la presa di coscienza, favorire imprese etiche e sostenibili ecc. Chi si compra una borsetta firmata da 100 mila euro ha possibilità di azione, perché potrebbe comprarsene una da 50 mila, rimanendo con tutti i suoi bisogni fondamentali soddisfatti e continuando a vivere nell’agio, e usare i restanti 50 mila per fare vivere molti bambini che in questo momento invece muoiono di sete. L’operaio che vive precariamente con 700 euro al mese, guadagnate lavorando tantissime ore al giorno e magari dovendo mantenere anche una famiglia, ce la fa a malapena a campare. Non ha tempo libero e nemmeno tempo sufficiente per il riposo. Questa persona ha poco margine di azione sociale. Il bambino denutrito sotto il sole dell’Africa, disidratato con le labbra gonfie, secche e tagliate, che sta morendo perché non ha acqua, ha margine di azione sociale quasi nullo.

Più le persone sono povere e meno possono ribellarsi in maniera consapevole e organizzata, e la povertà oggigiorno è usata dal sistema come una vera e propria forma di schiavitù. La risposta maggiore al problema della società attuale è richiesta a chi ha più margine d'azione. Il margine di azione c'è quando possiamo avere più delle nostre necessità, mentre altri muoiono perché non hanno le necessità di base. Il margine di azione c'è quando scegliamo una merce che paghiamo molto più del necessario. Il margine di azione è la distanza fra la necessità e il vezzo. C’è differenza fra necessità e vezzo, chi non può soddisfare le proprie necessità non è libero, a volte è anche morto. Ma oggi i Mass Media, per tenere gran parte della popolazione in una condizione manipolabile, cercano di farci credere che abbiamo bisogno di mille quando invece abbiamo un reale bisogno di cento. In questa maniera s’inibisce e si rimanda la risposta risolutiva da parte degli unici che potrebbero darla, e tutto ciò a favore di pochi ricchissimi.

Allora che ne dite? Vogliamo continuare a sognare quello che vediamo in televisione? L’enorme piacere di avere un matrimonio da star? Una festa di compleanno da migliaia di euro, borsette da decine di migliaia di euro, ecc.. Vogliamo insegnare ai nostri figli che il lusso è la normalità solo perché lo vediamo in TV senza sapere esattamente quante persone ogni giorno sono in condizioni malsane? Vogliamo abituarli a interessarsi di argomenti che riguardano standard di vita che spostano enormi quantità di denaro e risorse senza attenzione sociale? Vogliamo insegnargli a vivere sempre più ipnotizzati e distanti dai bisogni naturali fondamentali dell’uomo senza empatia né consapevolezza verso ciò che sta accadendo in parti diverse del mondo?
 
Se puoi soddisfare più delle tue necessità di base
allora sei chiamato ad agire ora, ora che puoi
Marco Canestrari


L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

sabato 27 ottobre 2012

Abbattere le Barriere dell’Educazione

DI MARIAUSILIA RUOCCO

team of paperman

L’intelligenza collettiva di cui il ragazzo fa esperienza in rete, deve essere attivata e stimolata, a mio avviso, in un ambiente di apprendimento valido e costruttivo, innanzitutto perché le modalità di apprendimento proprie di internet che sviluppano un pensiero reticolare, dovrebbero trovare un’estensione nell’ambiente didattico.

Ciò è possibile attraverso il superamento di un vecchio modello di mera trasmissione dei contenuti, il superamento anche fisico delle barriere banco-cattedra-aula che spesso mortificano il ragazzo, la strutturazione del lavoro didattico in gruppi dove è necessario il contributo personale di tutti, dove i discenti scoprono un ruolo attivo nella formulazione di ipotesi, nella risoluzione di problemi, nell’interpretazione della realtà. Attraverso la condivisione, la negoziazione sociale, il per tutoring, le attività laboratoriali, lo scambio comunicativo, l’utilizzo delle tecnologie e degli strumenti più innovativi che esse offrono, si realizza un apprendimento interattivo, responsabile, collaborativo e solidale. L’insegnante riveste il ruolo di facilitatore, di organizzatore delle attività, di colui che predispone le premesse per una costruzione cooperativa della conoscenza, per consentire ai suoi alunni di pervenire alla consapevolezza che i saperi non sono compartimenti stagni, non vi è supremazia di un sapere sugli altri, essi sono connessi, interrelati, congiunti, così come appaiono nella rete.

L’unica arma che la scuola possiede è quella di porsi al passo con i tempi tentando di formare menti aperte, flessibili, dinamiche, capaci di muoversi responsabilmente nel contesto sociale complesso e differenziato.

FONTE: INTELLIGENZA-COLLETTIVA

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

venerdì 26 ottobre 2012

La Democrazia Diretta nella Famiglia

ESTRATTO DA UN TESTO DI  AKI ORR

strict-parents[3]

La gran parte delle famiglie nel mondo vede sempre uno dei due genitori in posizione dominante. Quasi ovunque sono i maschi che decidono le questioni più importanti e soprattutto quelle inerenti i rapporti sociali della famiglia con l’esterno. Le donne sono lasciate decidere le questioni interne minori, soprattutto quelle inerenti l’accudimento dei bambini – ma devono comunque ubbidire ai maschi anche quando la loro opinione è contraria. A loro volta, i bambini sono tenuti ad ubbidire ad entrambi. Questo significa che la maggior parte delle donne, e tutti i bambini, non sono liberi, perché non vivono secondo le loro proprie decisioni.

Tradizioni e religione concorrono a sostenere questo schema famigliare e sociale di dominio, facendone un modello
. Molte donne, condizionate da tradizione e religione, accettano e giustificano questo modello di organizzazione interpersonale. Tuttavia sino a che le donne non saranno libere, nemmeno gli uomini lo possono essere, poiché sono dominati dalla loro ossessione per il ‘dominio’. Il ‘modello del dominio’ condiziona i suoi aderenti rendendoli o dominati o dominanti. Molti cercano di passare dalla posizione del dominato a quella del dominante. Il modello del dominio però rimane intatto. La battaglia contro questo modello di organizzazione famigliare e sociale non va rivolta contro le persone, ma contro il dominio. Se le donne da dominate diventano dominanti esse hanno invertito soltanto i ruoli, ma mantenuto intatto il modello del dominio.

Alcuni individui diventano dipendenti da questo modello, sia come dominanti che come dominati. Il dominio degli adulti sui bambini – a casa, all’asilo, a scuola, in collegio – fa parte di questo stesso modello. Il modello relazionale basato sul dominio crea un carattere servile nei bambini, che una volta divenuti adulti ripeteranno l’identico modello che hanno subito ed imparato sin dalla prima infanzia, cercando a loro volta di dominare altre persone, oltre che i propri figli. Gli individui così condizionati cercheranno sempre qualcun altro da dominare. In questo modo il modello del dominio perpetua il proprio modello nelle famiglie e nella società, sino all’estremo del fondamentalismo. Le famiglie organizzate secondo questo modello condizionano i loro bambini a diventare cittadini che accettano acriticamente i capi, gli esperti, i funzionari di sindacati, i preti, i rappresentanti politici e lo Stato. Tutti costoro accettano il dominio come inevitabile, “naturale” e necessario, e cercano di dominare gli altri. Soltanto interrompendo il modello del dominio si potrà rompere questo circolo vizioso. Oggi possiamo sostituire il modello del dominio con un modello di autonomia coltivando l’indipendenza, non il servilismo di TUTTI i membri della famiglia.

La Democrazia Diretta abolisce il ‘Principio del Dominio’ inserendo al suo posto un Principio di Autonomia: nella Politica, nel lavoro, nell’educazione scolastica ed in quella famigliare. ‘Auto’ significa ‘di se stesso’; ‘Nomos’ significa ‘norma’. ‘Auto-nomia’ significa vivere secondo le proprie norme. Secondo il Principio di Autonomia ciascuno governa soltanto se stesso, e lo fa rispettando l’autonomia degli altri. All’interno della famiglia questo significa che i genitori rispettano – e coltivano – l’autonomia reciproca e quella dei loro figli. Questo non vuol dire che i figli siano lasciati fare tutto ciò che vogliono o che siano lasciati a se stessi. Sono invece educati a rispettare l’autonomia degli altri. Il rispetto per gli altri non è questione di eredità genetica ma viene acquisito attraverso il feed-back familiare. Gli adulti che hanno più esperienza devono guidare il bambino (il livello di guida dipenderà dall’esperienza già acquisita da quest’ultimo) verso una propria autonomia.

Chi guida deve evitare di dominare; si dovranno indicare i limiti ai desideri del bambino e si dovrà coltivare l’abilità del bambino a decidere dentro quei limiti. Coltivando l’autonomia del bambino e il suo rispetto per l’autonomia degli altri, noi genitori formeremo individui responsabili con priorità antropocentriche, capaci di creare una società condivisa e sostenuta da tutti i cittadini, a tutto vantaggio della comunità, della società e dell’umanità.



L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

giovedì 25 ottobre 2012

La Cura Dimagrante Della Società Opulenta

DI EMILIO PIANO
6-fat-man

Pretendiamo il superfluo d-e-f-g senza nemmeno poterci permettere l’indispensabile a-b-c. Come ci spiegherebbe Franco Rodano (1920-1983), il capitalismo contemporaneo ha fregato Marx trovando nuove frontiere per consolidarsi grazie alla commedia noir del benessere, diventata ormai la tragedia che conosciamo.

Oggi i lavoratori possono soddisfare meravigliosi bisogni che, fino a cinquant’anni fa, nemmeno pensavano di avere, come gli sms Vodafone, l’iPhone 5, le imperdibili offerte Auchan eccetera.  Quello che un tempo si chiamava proletariato è oggi una massa indistinta che svolge suo malgrado una funzione di sostegno e conservazione del proprio usuraio e carnefice: schiavi alla moda che non avvertono più la sensazione viva del loro sfruttamento – truccato, attutito, mimetizzato – e si sentono perfino soddisfatti, felici di lavorare in un call center per 500 euro al mese con la Smart da pagare e gli aperitivi in un bar alla moda per dimenticare. Proletariato? Oggi quasi nessuno può permettersi di formare una famiglia e avere dei figli. Classe operaia? La lotta di classe è morta soffocata, travolta e schiacciata dall'azione di livellamento di un sistema che fa sentire irrinunciabili le cose superflue e promette a tutti il mondo di sogno del benessere (tanto per sognare è sufficiente dormire).

I politici italiani usa e getta incarnano bene il superfluo dell’opulenza, rappresentano egregiamente questa confusione edonistica asservita al consumismo-per-consumare, al benessere piovuto dal cielo. Il cosiddetto progresso finalizzato al consumo a tutti i costi, o semplicemente “crescita”, si concentra nelle aree del mondo già sviluppate ed esclude vastissime zone arretrate, e così gli squilibri locali si scaricano nelle sacche di emarginazione e sottosviluppo a livello globale con un bassissimo costo del lavoro (le nostre scarpe fabbricate da bambini in Asia o i nostri oggetti di consumo fatti chissà dove in condizioni disumane da operai senza diritti). Il sistema opulento crea una nuova classe che va ad aggiungersi a quella borghese e al proletariato di un tempo: gli emarginati e i poveri, del Meridione d’Italia, dei ghetti delle grandi città, della Grecia, della Cina, del Terzo Mondo… sono questi gli esclusi dal benessere. Il fatto è che i poveri disperati disposti a tutto stiamo cominciando a diventare noi, perché questo sistema molto promettente e poco mantenente, che fa sentire lo sfigato simile al riccone perché entrambi hanno una vasta scelta per soddisfare i propri (bi)sogni, sta miseramente crollando anche qui.

Sarà la volta buona che, in barba alla distorsione dei consumi, il lavoratore tornerà a mettere in cima alla scala delle priorità – come sarebbe naturale – beni di prima necessità quali la casa, il cibo, la salute, la scuola, i trasporti pubblici e metterà invece in coda quelli superflui e individualistici come le macchine di lusso, le Hogan, il cellulare, l’iPhone, le Nike? Contro il dominio del consumo egoistico e superficiale è necessaria una forma di austerità socioeconomica volontaria e collettiva vista come un valore etico-politico, a partire da ciascuno di noi, a partire da ora.

FONTE: MEGACHIP


L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

mercoledì 24 ottobre 2012

La TV Genera un' Opinione Collettiva e non Personale

ESTRATTO DA UN TESTO DI LUCA BERETTONI

televoto1

Una tema importante,o meglio una lezione importante che si può apprendere leggendo “Cattiva maestra televisione” di Karl Popper è che bisogna tutelare, educando, i bambini ad un uso disciplinato della televisione. Popper sottolinea la tendenza evolutiva delle comunicazioni di massa verso il peggio: il peggio per la democrazia in termini di squilibrio di poteri (era infatti preoccupato per il rapporto che si è instaurato tra la televisione e l’opinione pubblica in tema di democrazia), e il peggio per i bambini, in termini di diseducazione (o meglio di educa zione alla violenza).

È importante capire il rapporto molto stretto che intercorre tra televisione e democrazia per la realizzazione e il mantenimento di una società aperta, ed è altrettanto importante capire come questo stesso strumento di comunicazione sta invece ostacolando e minacciando la sopravvivenza di questa società democratica. Le basi per una società aperta sono affidate in primo luogo ai processi educativi e di fatto la televisione è un mezzo educativo importante, soprattutto nel caso di bambini molto esposti ad essa e con poche alternative disponibili. Infatti l’ambiente socio-culturale è un elemento da tenere sempre ben presente. L’influsso dipende da molti fattori come l’educazione familiare o scolastica: i bambini che vivono in un contesto sociale che valorizza la violenza lo subiscono molto di più e tendono a diventare aggressivi. In taluni casi la tv ipnotizza addirittura, tant’è vero che ci sono bambini che diventano nervosi e irritabili quando il video è spento. Le conseguenze di un’immersione nel mondo delle immagini televisive modifica in profondità le basi dell’educazione poiché i bambini guardano la televisione prima ancora di aver imparato a leggere e a scrivere, dunque si formano prima un’opinione pubblica e poi personale.E si riscontrano poi effetti sul sistema cognitivo che dipendono dal contenuto dei programmi. Ce ne sono alcuni, che sono decisamente educativi, e anche certi film e documentari possono fornire spunti per riflettere sulla vita sociale. Il problema è che la maggior parte dei programmi, anche per bambini sono negativi. Diversi studi hanno dimostrato che i ritmi rapidi e spezzati, le dissolvenze, gli zoom, la musica molto alta, abbassano la soglia di attenzione. In genere il rendimento scolastico ne è diminuito. L’abitudine alla comunicazione per immagini, basata su semplici accostamenti esplicativi tra fotogrammi successivi per spiegare le relazioni di causa-effetto, rende insofferenti ai ritmi piuttosto lenti, di una lezione a scuola. I programmi densi di stimoli eccitativi aumentano i comportamenti impulsivi, spingendo i bambini a rispondere ai problemi senza pensare.
L’influenza della violenza, per esempio, è stata provata senza ombra di dubbio. I bambini traggono dalle immagini dell’ambiente i modelli da imitare; l’esposizione continua a programmi televisivi e alla pubblicità influenza profondamente atteggiamenti, credenze, valori e comportamenti degli individui. Dunque maggiore è l’esposizione, tanto maggiore è, in genere, l’influenza esercitata dal mezzo. La natura di tale influenza dipende anche dai contenuti; tuttavia l’esposizione basta da sola ad influenzare lo spettatore. Dal momento che le basi della civiltà liberale sono affidate ai processi educativi, viene da sé l’importanza di migliorare la produzione televisiva, poiché i mass media, se ben usati, potrebbero rendere un servizio inestimabile alla cultura, promuovendo valori quali libertà, responsabilità personale, solidarietà e convivenza civile. La televisione però può essere uno strumento di manipolazione dell’opinione a beneficio del potere, ed è un fattore di disturbo all’educazione alla non violenza. La violenza televisiva costituisce una minaccia allo sviluppo sano dei bambini: rende i bambini meno sensibili al dolore e alla sofferenza degli altri; li rende più paurosi del mondo intorno a loro; e rende più probabile un loro comportamento aggressivo verso gli altri. Inoltre le convenzioni televisive distorcono gravemente la realtà e questo è un male, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei bambini guarda la televisione per cercare di capire il mondo e non solo per divertimento. Le motivazioni che spingono i bambini a guardare la televisione infatti sono completamente diverse dalle motivazioni che spingono gli adulti. Questi ultimi cercano uno svago, una distrazione; i bambini invece guardano la televisione per capire il mondo, proprio come fino ad alcuni decenni fa guardavano gli adulti nelle loro attività di lavoro e gioco per apprendere e acquisire quelle attitudini necessarie ad inserirsi nella società.
Gli effetti della televisione nella crescita di un bimbo quindi, non dipendono tanto dal mezzo ma piuttosto da come viene utilizzato. E' l'utilizzo che se ne fa a sfruttarne le potenzialità positive o ad ampliarne i possibili effetti negativi. Prendiamo in considerazione le nostre famiglie; spesso si vive una vita frenetica: i genitori devono rispettare gli orari di lavoro, conciliare gli orari dei figli, legati alla scuola e a sempre più numerose attività extrascolastiche, cercare di trovare qualche spazio per se stessi. Quando si guarda la televisione esiste un solo punto di vista: “quello della videocamera” che ci coinvolge direttamente ma sul quale non abbiamo nessuna padronanza. Come aveva scoperto i fratelli Kline la televisione non parla alla mente ma al corpo; ha un impatto diretto sul sistema nervoso e sulle emozioni e ne ha poco sulla mente, l’elaborazione dell’informazioni viene in realtà compiuta per la maggior parte dallo schermo. Quando si guarda la tv, le immagini dello schermo sostituiscono le proprie e si entra a far parte dell’immaginario e del pensiero collettivo. La televisione non è solo “ladra di tempo” prezioso per lo sviluppo dei bambini, come sosteneva John Condry nel suo articolo, ma è anche bugiarda perché quel poco di verità che la televisione ci comunica è molto distorto. “Non è vero che i mass media riflettono, è vero che modificano la realtà”. La televisione non può insegnare ai bambini ciò che debbono sapere via via che crescono e diventano adolescenti e poi adulti. Dobbiamo offrire ai bambini altre idee su come passare il tempo; i bambini hanno bisogno di conoscere se stessi tanto quanto hanno bisogno di conoscere il mondo, e queste informazioni si ottengono soltanto agendo sul mondo, cioè tramite l’interazione reale fra esseri umani. “Hanno bisogno di più esperienza e meno televisione” poiché come strumento di socializzazione è carente. La televisione non genera nuove opinioni (personali) ma genera solo un’opinione collettiva perché la televisione tratta l’informazione per noi. Ciò è esattamente il contrario di quello che succede quando si legge un libro, poiché attraverso la lettura si ha una personale esperienza sensoriale. Davanti la televisione le nostre difese sono abbassate, siamo vulnerabili e sensibili ad una seduzione multisensoriale. L’etica si può insegnare ai bambini solo se l’ambiente è attraente, buono e fornisce buoni esempi.
La scuola, come tutti gli istituti educativi, dovrebbe insegnare a costruire competenze d’uso consapevole e critico, anche se questo è difficile perché il rapido succedersi di innovazioni tecnologiche impone sempre nuovi modelli e nuove strategie di formazione. Anche per Raimondo Cabeddu, la scuola dovrebbe insegnare ai bambini l’uso che si può fare della televisione e far capire per cosa essa non serve. Anziché ignorare la televisione, la scuola dovrebbe incoraggiare i bambini a discutere i programmi e le idee, buone e cattive, che essa comunica. Quindi invita le istituzioni scolastiche a elaborare programmi pedagogici per insegnare ai bambini ad essere telespettatori critici. Suggerisce, ancora, di progettare alcune lezioni che offrono ai bambini la possibilità di utilizzare apparecchiature video per fargli realizzare dei piccoli spettacoli e spot pubblicitari, con l’obiettivo di fargli comprendere quanto è facile per una telecamere distorcere la realtà. Questa sua proposta nasce proprio dalla consapevolezza che la televisione non può essere incolpata del modo in cui la gente la usa.

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

Litigi tra Fratellini, Vietato Intervenire

DI ANGELA BISCEGLIA
original

La tentazione di intromettersi è forte, perché il litigio disturba e i bambini urlano, piangono, si picchiano, insomma fanno di tutto per coinvolgere mamma e papà. “E invece è bene tenersi da parte e soprattutto evitare di cercare il ‘colpevole’ e di chiedere chi è stato". Lo sostiene Daniele Novara, pedagogista e autore del libro 'Litigare per crescere'.

Capita davvero in tutte le famiglie con bambini piccoli: basta un nonnulla per scatenare un litigio tra fratelli. Ed i ‘poveri’ genitori si trovano protagonisti di un arbitraggio di cui farebbero volentieri a meno. Ebbene, il comportamento migliore è proprio quello di non intromettersi nelle piccole scaramucce dei figli e lasciare che se la sbrighino tra di loro. Parola del pedagogista Daniele Novara. “È insito nella natura il fatto che due fratellini litighino” esordisce Daniele Novara, pedagogista e direttore del Centro Psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti di Piacenza ed autore di vari libri sull’educazione dei bambini, tra cui “Litigare per crescere - proposte per la prima infanzia” (Edizioni Erickson, Trento 2010): “è la conseguenza della gelosia fisiologica dei fratelli più grandi verso i più piccoli, che sono i nuovi arrivati e, agli occhi del primogenito, vogliono ‘usurpare’ l’affetto di mamma e papà. Specie se, come accade sempre più spesso, si tratta degli unici due figli, che quindi si contendono il ‘primato’. Attraverso il litigio i bambini cercano di mettersi in mostra con i genitori al fine di ottenere il loro coinvolgimento, specie quando li vedono distratti dalle proprie occupazioni: non è un caso che i bambini litighino di più quando i genitori sono intenti a fare qualcos’altro - guardare la tv, leggere un libro o lavorare al pc - ed in particolar modo in presenza della mamma, che è colei che accorre subito al primo urlo (a differenza del papà, che di solito non si mobilita più di tanto e quindi non ‘dà gusto’ a litigare); altro momento tipico il ritorno dal lavoro, in cui il bambino reclama le attenzioni dopo tante ore trascorse lontano dal genitore. Sono atteggiamenti esibizionistici, il cui scopo non è il litigio in sé ma proprio quello di richiamare l’attenzione e, magari, ottenere il consenso della mamma”.

Partendo da questi presupposti, il comportamento migliore da parte dei genitori si può riassumere in quattro punti:
Non intervenire. La tentazione di intervenire è forte, perché il litigio disturba ed i bambini urlano, piangono, si picchiano, insomma fanno di tutto per coinvolgerci. “E invece è bene tenersi da parte e soprattutto evitare di cercare il ‘colpevole’, di chiedere ‘chi è stato’, perché è un atteggiamento che aumenta l’indice emotivo negativo dei figli, li fa sentire inadeguati e fa scattare un meccanismo a spirale, nel tentativo, da parte di chi è risultato colpevole, di dimostrare che non lo è” sottolinea Daniele Novara. Basta solo controllare che i bambini non si facciano male, anche se è difficile che i litigi infantili sfocino in comportamenti realmente pericolosi.

Non dare la soluzione dall’alto
. Al contrario di quel che pensa il genitore, i bambini hanno grandi capacità autoregolative ed hanno le competenze per affrontare da soli le proprie difficoltà: “Il litigio è uno strumento di crescita personale, una palestra di libertà, un’esperienza di contatto, che aiuta il bambino a rafforzare se stesso, gli insegna a stare in mezzo agli altri, a riconoscere i propri limiti” commenta l’esperto; “e poi lo sprona a sviluppare strategie creative, a cercare una soluzione alternativa, che gli procuri soddisfazione e magari gli dia l’occasione per riconciliarsi con il fratello. Intervenire ‘dall’alto’ impedirebbe loro di scoprire e mettere alla prova tutte queste risorse, ostacolando il loro percorso verso l’autonomia”.

Spronarli a parlarsi
. A volte i genitori tendono a smorzare subito la lite perché temono che possa inasprirsi, invece devono aiutare i bambini a confrontarsi, ad esprimere ognuno il suo punto di vista ed esternare le proprie emozioni, ma sempre fra di loro, senza rivolgersi alla mamma e senza chiedere il suo parere. Ad esempio è bene dir loro: “Siete bravi a cavarvela da soli, parlatevi ma senza insultarvi, spiegate l’un l’altro che cosa è successo”. Il genitore deve insomma fare un lavoro di regia, di mediazione, ma non di arbitraggio. Altre volte il genitore tende spontaneamente a schierarsi dalla parte del più piccolo, intravedendo nel comportamento del grande un tentativo di approfittare dell’ingenuità del fratellino per accaparrarsi qualcosa in più. Anche in questo caso, bisogna lasciare che i bambini trovino fra di loro un accordo ed alla fine, qualunque cosa decidano, se sta bene a loro, sta bene a tutti!

Suggellare l’accordo.
L’ultimo passo consiste nel ‘suggellare’ l’accordo: “si può ad esempio tenere un quaderno degli accordi raggiunti, in cui appuntare tutti i patti fatti, o scriverli su una lavagna” suggerisce il dott. Novara. “Ma a volte i motivi del litigio sono così banali che non c’è neanche bisogno di trovare un accordo e tutto finisce lì come è cominciato!”

FONTE: NOSTRO FIGLIO

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

domenica 21 ottobre 2012

La Democrazia Diretta nell’Educazione

ESTRATTO DA UN TESTO DI  AKI ORR

YoungStudentInClass  

Nelle scuole di oggi, la maggior parte degli studenti non possono influenzare i contenuti e i modi dell’insegnamento. Questo genera perciò noia, frustrazione e apprendimento meccanico. L’insegnamento dovrebbe invece ispirare curiosità e creatività. Non è necessario imbottirsi il cervello con dati quando si può accedere a Internet in ogni momento. I metodi d’insegnamento odierni condizionano lo studente ad accettare quello che gli si insegna invece di stimolare la loro critica e creatività.

La Democrazia Diretta nell’educazione si basa su riunioni tra insegnanti e studenti per decidere insieme i contenuti ed i modi dell’insegnamento. L’educazione subirà un enorme cambiamento positivo quando l’insegnamento sarà deciso in queste riunioni. Gli studenti potranno esporre i loro problemi e discutere come risolverli. I docenti ascolteranno critiche e suggerimenti utili a migliorare il loro insegnamento. L’intero rapporto tra insegnanti e studenti ne verrà trasformato. Quello che oggi si dice educazione è un flusso di informazioni a senso unico, dall’insegnante allo studente. Questa specie di monologo dev’essere sostituito dal dialogo dove ciascuna delle parti potrà imparare dall’altra. Oggi gli insegnanti insegnano le nozioni che hanno accumulato nel tempo, ma in una società moderna basata sulla costante innovazione essi possono imparare molte cose nuove dai loro studenti. Oggi molte informazioni ed esperienze accumulate nel tempo tendono velocemente a diventare antiquate. Oggi i bambini insegnano ai loro genitori l’uso di Internet e del telefono cellulare. Una simile realtà non era mai esistita prima. Oggi chiunque può accedere a Internet per consultare librerie, musei, o banche-dati ovunque, a qualsiasi ora ed in tempo reale. Usando il computer come ausilio all’insegnamento i docenti possono risparmiarsi una quantità di lavoro ingrato.

La relazione interattiva tra insegnante e studente oggi ha acquistato un’importanza nuova. L’insegnante non deve necessariamente fare quello che può fare il computer – trasmettere del sapere accumulato. Oggi l’insegnante può invece dedicarsi ad aiutare gli studenti a sviluppare il loro pensiero critico e creativo. Il rapporto insegnante-studente dev’essere profondamente democratizzato. I monologhi a senso unico degli insegnanti devono essere sostituiti da dialoghi interattivi tra studenti e docenti. L’educazione dei più piccoli richiede una guida da parte degli educatori. Nella Democrazia Diretta questa guida mira a sviluppare l’autonomia del bambino, a sollecitare la sua curiosità e creatività, ad insegnargli il rispetto per l’autonomia dell’altro, invece che l’ubbidienza e la docilità. Sarà compito di insegnati e studenti introdurre la Democrazia Diretta nelle scuole.

Come per l’inserimento della Democrazia Diretta nell’ambito del lavoro, anche le procedure per inserire la Democrazia Diretta nell’ambito dell’Educazione dovranno essere decise nelle riunioni tra insegnati e studenti e non dall’esterno. Una volta applicata la Democrazia Diretta in ambito educativo, le procedure d’insegnamento che dovessero produrre dei risultati indesiderati potranno sempre esser cambiate: questo fa parte del processo dell’apprendimento.

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

sabato 20 ottobre 2012

La Sindrome dei Non Famosi


Isola-dei-famosi-8-Simona-Ventura

Attenzione ai reality show: possono creare disturbi psicologici nei giovani ma anche danni fisici. Colpa della 'Sindrome dei non famosi', che colpisce un numero crescente di giovani costretti a inseguire modelli di popolarita' dei personaggi televisivi. Ma anche i miti di magrezza e bellezza. Modelli ''banali ma comunque irraggiungibili''.

A descrivere il fenomeno e' Rosario Sorrentino, membro dell'Accademia americana di neurologia, che punta il dito contro la 'tv trash' colpevole di 'creare' una generazione ''frustrata e delusa perche' estromessa da quella che e' ormai considerata la 'vita vera', quella vissuta dai personaggi televisivi''. Programma simbolo di questa tendenza e' 'L'isola dei famosi' dove ''il mito della magrezza - ha spiegato Sorrentino nel corso di una conferenza stampa a Roma sulle 'Nuove solitudini' - e' esaltato al massimo. Con rischi enormi sulla salute dei giovani che vogliono assolutamente conformarsi ai modelli proposti: un vero e proprio spot per l'anoressia''. Negative anche le relazioni che si creano tra i concorrenti, basate sulla competitività', l'aggressione e la sopraffazione. Elementi che hanno spinto Sorrentino a lanciare un appello perche' la III edizione dell'''Isola dei famosi'' sia almeno rivisitata. ''La tv non va demonizzata - ha ricordato l'antropologa Cecilia Gatto Trocchi, docente all'universita' Roma III - perche' non fa che amplificare gli elementi negativi presenti nella societa': aggressivita, competitivita', aspirazione al successo a tutti i costi''.

Un 'ingigantimento' del negativo particolarmente evidente nei reality. ''Il voyeurismo su cui si basano questi programmi e' una perversione. Fondare un programma su una perversione e' assurdo. Non ci meravigliamo quindi se le conseguenze sono negative sui comportamenti dei ragazzi''. Ma per l'antropologa bisogna evitare la censura. L'unica soluzione e' ''creare una comunita' di valori positivi'' a cui i ragazzi possano fare riferimento. A rendere cosi' potenti e suggestivi i modelli proposti dalla Tv e' la forza delle immagini. 'L'immagine entra con estrema facilita' nel cervello , soprattutto in quello piu' plastico dei giovani - ha ricordato Sorrentino - vi rimane a lungo e puo' modificare il comportamento delle persone''. E i reality show - con la 'esposizione' prolungata nel tempo dei protagonisti, presenti per settimane nelle case dei telespettatori - sono particolarmente incisivi. E cosi' i giovani non si identificano piu' in eroi dalle indubbie qualita', ma in chi appare di piu' sul piccolo schermo, anche se si tratta di persone banali. ''Nei secoli passati - ha ricordato Cecilia Gatto Trocchi - la cultura e l'arte avevano lo scopo di formare 'buoni cittadini', proponendo modelli positivi. Oggi i buoni cittadini non sono piu' funzionali, non servono. Le corporation hanno bisogno solo di ottusi consumatori. Importante e' comprare, non avere valori''.

Contro ''l'uso distorto dei mass media'', Sorrentino propone una 'svolta' culturale in Tv, puntando su una maggiore attenzione ai contenuti e alle immagini trasmesse. ''E' necessario far entrare anche gli esperti di psicologia e neurologia nelle cabine di regia dei programmi televisivi. Sarebbe particolarmente utile una task force realmente operativa, composta da esperti di comunicazione e disagio mentale, per valutare preventivamente l'impatto che le immagini possono avere sul pubblico e, in particolare, nei giovani''

FONTE: ADNKRONOSSALUTE

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!
!

venerdì 19 ottobre 2012

Niente da Perdere, Niente da Raggiungere

DI NONDUALE


steps_to_sky_03


Per imparare un mestiere, una scienza o una dottrina bisogna acquisire conoscenze e concetti. Abituati a questa modalità siamo portati a pensare che valga lo stesso principio anche per quanto riguarda la realizzazione della nostra vera natura. Se fosse così basterebbe seguire correttamente un percorso prefissato, un curriculum di studi, una pratica metodica per aver la garanzia totale del Risveglio. Ma non è così.

Il processo di reminiscenza della nostra vera natura ha infatti a che fare più con il perdere, lo smascherare, il dissolvere, che con l’acquisire. Ciò che si perde è la costellazione di illusioni e credenze riguardo a ciò che siamo. Da acquisire invece non c’è nulla perchè ciò che viene cercato è ciò che è sempre presente, squisitamente imperdibile. Ovunque vada, qualunque cosa succeda “io” sono sempre qui. Non posso perdermi, dunque perchè sento necessità di ritrovarmi??? Questo accade perché ho creduto di essere qualcuno o qualcosa che non sono. Sono abituato a pensarmi come un “oggetto”, un corpo, una persona, un impiegato, ecc. e per questo soffro nelle infinite limitazioni che mi auto-impongo. Anche se pre-sento di essere infinitamente più vasto rispetto a qualsiasi cosa possa percepire sono indotto a pensare che anche la mia vera natura debba essere un oggetto, dunque qualcosa sperimentabile ed acquisibile. Ma non è così in quanto io sono ciò che rende possibile e sperimenta ogni oggetto senza essere a sua volta oggettivabile e sperimentabile.

Dunque è un’illusione sia il cercarmi come oggetto, sia il cercarmi in sè in quanto, come si è detto, sono squisitamente imperdibile. Quindi ciò che che separa “me” dalla mia vera natura è solo ed unicamente l’idea che essa sia qualcosa da raggiungere, conquistare, afferrare. In questo sforzo di realizzarmi, di ritrovarmi, mi perdo. Smetto di cercarmi ed ecco che ritrovo qualcosa che non è mai andato perduto: dal diradarsi delle nebbie della ricerca emerge ciò che sono sempre stato e sempre sarò. Dunque si tratta di vedere la questione nella sua brutale semplicità: niente è andato perduto e nulla deve essere ritrovato e riacquisto. Ciò che cerchiamo è ciò che è sempre presente. Possiamo Esserlo, esserne coscienti ma non ridurlo ad oggetto di esperienza. L’averlo ridotto a qualcosa da raggiungere ha prodotto l’illusione della sua perdita e le infinite vie per riacquisirlo.

Concludendo se esiste un Risveglio è la fine di un’illusione, il dissolvimento del sogno di qualcuno che deve realizzare qualcosa, così come di qualcuno che ritiene di perdere o ottenere qualcosa. La nostra vera natura infatti non conosce nè diminuzione, nè guadagno. Queste sono infatti categorie che riguardano la parte, non la Totalità indifferenziata che siamo.



FONTE: NONDUALE

lunedì 15 ottobre 2012

Coccole Per L’Intelligenza

coccole

I bambini che in età prescolare godono di cure particolarmente attente da parte delle mamme sviluppano un ippocampo più grande, ovvero maturano in modo più accentuato un'area del cervello essenziale nella risposta all'apprendimento, alla memoria e allo stress.

''Si tratta del primo studio che lega gli accudimenti materni allo sviluppo strutturale di una regione chiave del cervello'', ha detto Joan Luby, autore della ricerca e docente di psichiatria presso la Washington University School of Medicine di St. Louis. ''La nostra ricerca - ha continuato - fornisce una prova molto affidabile dell'importanza di coltivare in anticipo lo sviluppo del cervello e potrebbe avere enormi implicazioni per la salute pubblica''. Nello studio i ricercatori hanno condotto un esperimento in cui dei bambini dai 3 ai 6 anni si sono trovati in una situazione frustrante. I bambini e le loro madri sono stati lasciati in una stanza con un pacchetto dai colori molto vivaci. Ai bimbi è stato detto di poter aprire il regalo ma solo dopo che la loro mamma avesse portato a termine una serie di forme. I ricercatori hanno osservato come le madri e i loro bambini hanno gestito questa situazione, pensata proprio allo scopo di replicare i fattori di stress tipici della quotidianità (in cui una mamma non può assecondare in ogni momento le richieste del figlio). I casi in cui le madri hanno offerto rassicurazione e supporto al loro bambino sono stati classificati sotto la categoria di 'accudimento'. I casi in cui le madri hanno ignorato il bambino o lo hanno duramente rimproverato sono stati valutati diversamente.

A distanza di anni, quando i bambini hanno compiuto dai 7 ai 10 anni, i ricercatori hanno effettuato delle scansioni con risonanza magnetica al cervello di 92 dei ragazzi che hanno partecipato all'esperimento. Nei bambini con le mamme rientrate nella categoria 'accudimento' è stato riscontrato un ippocampo più grande del 10% rispetto ai ragazzi rientrato nell'altra categoria. Lo studio è stato pubblicato nella versione online sui Proceedings of the National Academy of Sciences. ''Decenni di ricerche avevano suggerito l'importanza di un caregiver particolarmente amorevole - che si tratti di mamma, di papà, di nonni - ai fini delle sviluppo emotivo e comportamentale del bambino'', ha detto Luby. Studi sui roditori hanno mostrato un collegamento tra gli attributi fisici del cervello e madri 'nutrici'. ''Questo studio, tuttavia, fornisce prove concrete circa il fatto che una regione chiave del cervello è più sana e ben sviluppata nei bambini che ricevono un più ricco accudimento'', ha concluso Luby.

Nello studio, i ricercatori hanno escluso i bambini che soffrivano di depressione o altri disturbi psichiatrici in grado di influenzare la dimensione dell'ippocampo. Robert Myers, docente di psichiatria e comportamento umano presso l'Università della California - Irvine School of Medicine, ha sottolineato che ''questo studio dimostra come l'ambiente possa influenzare gli aspetti strutturali del cervello''.

domenica 14 ottobre 2012

I Media sono un Pericolo per La Democrazia

DI FAUNO LAMI


Fauno Lami intervista due studenti del Liceo Morgagni subito dopo la lezione sul controllo masse di Ecco cosa Vedo.

Come si controllano le masse nei paesi democratici?
Si conosce il modo in cui funzionano i media? Se ne parla a scuola? Nel video lasciamo spazio alle impressioni dei ragazzi, gli stimoli, i pareri. Impariamo ad ascoltarli e scopriremo che non sono poi così "fannulloni e disinteressati" come vogliono dipingerli i media.

Testo di Gianpaolo Marcucci
L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

sabato 13 ottobre 2012

La Differenza nel Differenziarsi

ANASTASIA SILVERIO
167639_195343227157800_567245_n

Gli adolescenti… Vivono in un mondo che ha perso i valori più sinceri, tra cui, il più importante, è il “sapersi distinguere”. Distinguersi dagli altri, ovviamente. Gli adolescenti vivono in un mondo in cui a nessuno interessa chi si è veramente perché tutti guardano solo ciò che si indossa, la compagnia che si frequenta e il modo in cui ci si distingue. Purtroppo questa è una triste verità.

Giovani che ormai gareggiano in una competizione che spesso sfocia nella volgarità, nella stranezza e nella ridicolezza, perché  - magari – pensano che, così conciati, siano migliori, “diversi”. Ma bisogna riflettere sul significato della parola “differente”, perché la differenza non riguarda solo l’aspetto esteriore ma anche – e soprattutto – quello interiore. A questo punto viene spontaneo chiedersi: “Perché i giovani di oggi pensano solo all’apparenza?”, oppure: “Perché hanno una concezione di “diverso” così estranea al vero significato della parola?” “Hanno forse bisogno di mascherarsi dietro orecchini, tatuaggi o indumenti strani per sentirsi sicuri di loro stessi?” I ragazzi di oggi sono ipnotizzati dalla moda, ma sarà sempre vero che la “loro” moda sia bella da vedere? Perché ci sono cose che proprio non sono “gradevoli” da vedere, ma cose che costringono a guardare, magari per la volgarità o la stravaganza… insomma, si può dire che viviamo anche in un mondo privo di originalità (contenuta ovviamente nei suoi limiti) poiché si vedono in giro sempre le stesse cose. Chissà quanti giovani, guardandosi allo specchio, sanno riconoscersi. Chissà in quanti hanno il coraggio di scegliere maglioni e pantaloni larghi e comodi al posto di body e jeans attillatissimi che metterebbero in mostra, non solo belle forme, ma, per i più, fianchetti e pancetta (che la moda vuole così antiestetici!). Già, perché i modelli da seguire, quelli alti, magri, senza cellulite, senza occhiali né apparecchio ai denti esistono solo in televisione.

Allora, nel mondo “normale”, dov’è la diversità? Perché cercare di essere diversi deve significare per forza essere strani o ridicoli? Nessuno pensa più all’importanza del carattere speciale che si nasconde in ognuno? Eppure è nella personalità di ogni persona che si cela la vera diversità, ciò  che distingue gli uni dagli altri, ciò che rende migliori o peggiori e non per una stagione o per qualche anno, ma per sempre. Quindi: addio maschere ingannatrici e schiave del tempo! Benvenuta diversità, quella autentica del cuore, battagliera del tempo e delle mode!

FONTE: ICParatore
L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

venerdì 12 ottobre 2012

Comunicare Non Competere

DI GIUSEPPE FALCO

Competitività

Tutti noi pensiamo al conflitto in termini competitivi. In sostanza, concepiamo il conflitto come un “sfida” tra due contendenti, che porta alla vittoria dell'uno e alla sconfitta dell'altro.

Ciascuno cerca di esporre le sue ragioni, sfodera gli argomenti più persuasivi possibile, per “portare acqua al suo mulino”, come si suol dire. Le ragioni e le esigenze dell'altro sono sistematicamente ignorate. Quando si è coinvolti in una lite ad esempio, si entra in quella che nei miei corsi chiamo “visione a tunnel”: ci si concentra solo sul proprio punto di vista e si è assolutamente incapaci di vedere le cose dal punto di vista altrui. In sostanza, pensiamo al conflitto come se fosse una partita, in cui una parte è quella vincente e l'altra la perdente. Probabilmente questa visione deriva dal contesto sociale in cui viviamo, improntato all' individualismo e alla competitività. Nessuno può negare l'importanza che abbiano individualismo e spirito competitivo nella nostra vita quotidiana. L'individualismo inteso nel senso di libertà di scelta e di auto-determinazione, cioè di poter decidere sui fini della propria vita è senz'altro positivo. D'altro canto, un sano spirito competitivo è essenziale per la nascita e lo sviluppo di nuove idee, soluzioni, invenzioni che rappresentano benefici per l' intero pianeta. Tuttavia, se si osserva bene la storia dell'umanità si potrà notare che l'elemento che ha permesso la sua evoluzione è stata senz'altro la capacità di cooperare, caratteristica della specie umana. La cooperazione è il motore dello sviluppo, è ciò che rende possibile che l'esigenze di tutti vengano tenute in considerazione e vengano soddisfatte.

Questa logica della cooperazione deve anche applicarsi ai conflitti interpersonali . Ogni volta che entriamo in disaccordo con gli altri non chiediamoci: chi ha ragione? ma: come possiamo trovare una soluzione che possa soddisfare entrambi? Nella gestione di OGNI conflitto bisogna chiedersi: quale soluzione risulta vincente per entrambi? Sembra paradossale, ma, a differenza delle competizioni, dibattiti, scontri nei tribunali, ecc… nei conflitti interpersonali non ci deve essere chi vince e chi perde.

O si vince insieme, o non si vince affatto
L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

mercoledì 10 ottobre 2012

Egemonia e Propaganda

DI COLIN TODHUNTER
magritte_golconda

Nelle società moderne la conoscenza si è espansa fino al punto in cui specializzazioni e sotto-specializzazioni sono la norma. E' semplicemente impossibile per una sola persona avere una conoscenza profonda in tutte le discipline. Dobbiamo rivolgerci ad altri per sopperire a quella mancanza di conoscenza, di solito in termini relativamente semplicistici. La maggior parte di noi deve prendere per oro colato molte delle idee e concetti con cui veniamo bombardati in questa era di massiccia comunicazione istantanea, e di sovraccarico di informazioni.

Tendenzialmente alla gente piace la semplicità. In molti casi, non possedendo sufficiente esperienza sulla materia, essi la richiedono. La gente richiede pacchetti di conoscenza facili da maneggiare, e questi pacchetti vengono presi come scorte di conoscenza 'a buon senso' che permettono alla gente di cavarsela, per quanto quella 'conoscenza' possa essere sbagliata o mal rappresentata. Anche i politici e i media conoscono il bisogno di semplicità della gente. E qui sta il problema, particolarmente in un mondo sempre più complesso e confuso. Al fine di portare le masse verso certe idee e di rendere le cose 'semplici' per esse, sia i politici che i media hanno ampiamente preso spunto da Edward Bernays, il padre di pubblicità, propaganda e pubbliche relazioni. Ecco dove la semplicità si trasforma in manipolazione. Bernays sapeva bene come manipolare gruppi di persone e come agganciare le masse con i prodotti e messaggi della società moderna. Ora siamo tutti soggetti a questo tipo di manipolazione, ogni giorno e tutti i giorni, con il bombardamento incessante dei commerciali. E' stato l'accademico statunitense Rick Roderick ad aver notato recentemente come il trend verso la banalità, la semplificazione e la trivializzazione proposto dalle industrie sia ora prolifico in tutta la società.

Si riferisce ad un fenomeno rampante, quello di problemi e questioni importanti ridotte ad una sorta di moda attraverso la continua ripetizione. Per esempio, dibattiti politici apparentemente in una situazione di stallo come le questioni sui gay o sull'aborto, sono diventate praticamente un dibattito inutile. Girano intorno agli stessi pochi argomenti così spesso che sono quasi diventati una moda. Questo non significa che le questioni non siano importanti di per se stesse, significa che sono state ridotte a dibattiti mordi-e-fuggi. Si può arrivare al punto in cui alla gente semplicemente smette di importare qualcosa. Davanti a tanti e tanto differenti movimenti, tutti chiusi in dibattiti infiniti, può essere facile che nella popolazione si diffonda una sorta di apatia e inattività. Infatti, molte questioni sono state ridotte a slogan dai media compiacenti. Per esempio, decine di anni di pubblicazioni serie sul femminismo sono state sopraffatte dalle Spice Girls che gridano lo slogan 'girl power' a ogni occasione. Una questione seria usata come stratagemma commerciale per vendere musica. Ma che voleva dire 'girl power'? Chi se ne importa, gridalo e basta. Barak Obama recitava il mantra 'speranza e cambiamento', che vuol dire tutto e niente allo stesso tempo. Anche se in certi casi gli slogan mordi-e-fuggi possono davvero dire qualcosa di serio, vengono ripetuti un milione di volte, al punto di diventare mera retorica senza significato. E poi ci sono tutti quegli spot nei canali inglesi in India, che per vendere riducono tutto al minimo comun denominatore 'il bianco è di moda, il nero no' (per quale motivo una frase pertinente al colore della pelle non è considerata razzista in India?), 'perché tu vali' (senso dell'autostima ridotto all'usare smalto per le unghie o rossetto) 'è molto, molto sexy' (la natura della sessualità ridotta agli effetti di un deodorante). Questioni complesse diventano comodi modi di dire e vengono ridotte ad identità preconfezionate da vendere sul mercato. insieme a tutto questo troviamo il cinismo e la messa in ridicolo, cioè, se gli argomenti seri non diventano banali attraverso la ripetizione, diventano oggetto di scherzi e battute.

Rick Roderick amava ricordare un vecchio show per la TV negli USA per dimostrare come la società incoraggia il ridicolo, il triviale e l’accettazione delle cose come sono (ma non dovrebbero essere). 'Laverne and Shirley' andò in onda dal 1976 al 1983. Roderick ricordava che Laverne e Shirley lavoravano in una fabbrica di birra a Milwaukee. Sarebbe potuto essere un film realista socialista, invece era una sitcom. Tutti i problemi che incontra spesso la classe lavoratrice erano ridotti a banalità, il 'mal comune' della trivialità e piccoli scherzi senza profondità. Oggi un fenomeno simile si può osservare in Gran Bretagna, attraverso la demonizzazione delle parti più povere della classe lavoratrice inglese da parte dei media principali e di vari commentatori sociali. Chiamati 'chavs' (mocciosi, ndt), la loro vita viene stigmatizzata, ridicolizzata e banalizzata. Roderick porta anche a discussione la nozione che John F Kennedy (JFK) fu ucciso in un colpo di stato, e da allora il governo degli USA sta agendo in segreto. Questo può essere vero o no, ma dal momento che abbiamo avuto centinaia di libri e molti film su JFK, la gente tende a spegnere la tele, scrollare le spalle e dire può essere oppure no, ma chi se ne importa? E' diventato banale. Per Roderick, questo è solo un altro esempio di come si possono prendere questioni di vitale importanza umana e buttarle nella banalità. Esattamente quello che si vuole: banalità e beffa, che trova la sua ultima espressione nel cinismo, nell'apatia e nell'accettare e conformarsi allo status quo.

Date dunque per assodate le maggiori sfide che dobbiamo affrontare, dalla guerra nucleare al disastro ecologico, ciò di cui abbiamo realmente bisogno è investire in riforme sociali ed economiche, e in grandi idee. Ma anche le idee del tempo passato, che potrebbero essere di ispirazione per le cause di oggi, non sono forse state ridotte a mediocri banalità? Non sono foraggio per il mercato? Non vengono forse sbeffeggiate e derise da una popolazione forzata alla depressione, che considera apatia e cinismo come un imperativo dell'umana condizione? Quale miglior modo di controllare una popolazione se non inducendola all'apatia e alla banalità, ed incoraggiando la banalizzazione di cause, idee e dei drammi di certi strati della società? Quale miglior modo per controllare il dissenso che ridicolizzare i dissidenti, o, se non dovesse funzionare come nel caso del governo indiano, accusare di comportamento sedizioso 7000 legittimi manifestanti anti-nuclearisti a Kudankulam - gente di campagna e semplici pescatori? Dovremmo forse ignorare tutto questo e tornarcene seduti, ed essere soddisfatti di una cultura che dedica più colonne di inchiostro alla storia di Simon Cowell che si mette della placenta in faccia per sembrare più giovane, che alla morte di uno dei più grandi storici del ventesimo secolo, Eric Hobbsbawn? Ci rimetteremo seduti e compreremo lo shampoo perché siamo caduti nella bugia che 'io valgo'? Perché se è così, nei guai non ci stanno solo i 7000 manifestanti legittimi di Kundakulam e altri che stanno affrontando simili maltrattamenti - ci stiamo anche tutti noi!
"Il segno distintivo di una società intelligente è la possibilità di fare domande. Se ho un dubbio, ho il diritto di fare domande. Qui il semplice atto di fare domande è trattato come comportamento sedizioso."

Aruna Roy (politico indiano e attivista sociale)

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

martedì 9 ottobre 2012

Cosa è il M.E.S. e Perchè i Politici non Contano Più

TESTO DI GRILLI CORTONESI



Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è lo strumento FONDAMENTALE imposto dagli "eurocrati" per gestire arbitrariamente il debito pubblico dei Paesi che adottano l'euro; strumento che in pochi conoscono e perché approvato dal Parlamento italiano senza discussione ma con il sostegno di tutte le forze politiche, schierate oltremodo a mantenere un determinante SILENZIO nei confronti dei cittadini.

Il MES fornisce aiuti aconomici agli stati sotto attacco speculativo, chiedendo in cambio il controllo della politica economica del paese che viene aiutato. Quindi tra i punti più critici vi è il riscontro oggettivo di una pericolosa INGERENZA nella sovranità dei singoli Stati accompagnata da una serie di garanzie e immunità per i membri dell'istituzione che lo gestisce di cui ne sono oscuri impieghi e propositi. Cancellerà ogni traccia residua di sovranità politica nazionale e condannerà gli Stati aderenti a un indebitamento forzoso senza limiti. Ad esempio, i beni e documenti del MES, in qualsiasi caso di utilizzo, ovunque si trovino e chiunque li detenga, godranno di TOTALE segretezza in ogni eventuale controversia giudiziaria. Inoltre, tutti i Governatori, compresi i membri del personale di cui non è chiara natura, incarico e scopo, saranno IMMUNI da procedimenti legali in relazione ad atti o documenti ufficiali globalmente tutelati dalla prevista INVIOLABILITÀ. A foraggiare le casse del Mes saranno gli Stati stessi attraverso quote nazionali obbligatorie coperte da nuove emissione di debito. l fondo iniziale comune è stato stabilito in 700 miliardi di euro. L'Italia ne dovrà inizialmente versare 125. Miliardi che, secondo i primi documenti disponibili nel sito del Senato, saranno recuperati mediante l'emissione di nuovi titoli di debito con conseguente pagamento di ulteriori interessi, per le prime quote stimati attorno ai 120 milioni di euro.

il MES è un meccanismo al quale sono direttamente vincolati i paesi che adottano l'euro come propria valuta nazionale (ad esempio ne è vincolata l'Italia ma non l'Inghilterra) – Fonte: considerando 7.
Il MES è l'ennesimo Ente finanziario creato in Europa, dopo le Banche Centrali (private) e la BCE (privata) – Fonte: art. 3.
L'adesione al MES comporta la creazione di nuovo debito pubblico (l'Italia dovrà versare complessivamente 125 miliardi di euro, di cui oltre 14 miliardi tra il 2013 e il 2018) - Fonte: art. 4, art. 8 e allegato 1.
I rappresentanti nazionali nel MES sono nominati tra le figure responsabili delle relative finanze, quindi non sono stabiliti di ufficio (non saranno necessariamente i rispettivi Ministri dell'economia) – Fonte: art. 5 e art. 43.
I nomi dei rappresentanti nazionali del MES potrebbero essere coperti da segreto, ovvero non comunicati ai cittadini – Fonte: art. 34.
Il MES comincerà ad esercitare una ingerenza sulla politica economica di un paese nel momento in cui quel paese ne accetterà un prestito – Fonte: art. 12 e art. 16.
Il MES potrà imporre l'inserimento di determinate clausole sui titoli di Stato emessi dall'Italia a partire dal 2013 – Fonte: art. 12.
Il MES deciderà la politica economica dei paesi che finanzierà insieme a BCE e FMI – Fonte: art. 13.
Il MES potrà utilizzare le proprie risorse finanziarie (ovvero i versamenti effettuati dagli Stati membri) per concedere dei prestiti alle banche – Fonte: art. 15.
Il MES è un ente a scopo di lucro autorizzato a distribuire dividendi – Fonte: art. 20 e art. 23.
Il MES, creato per dare stabilità, sarà in realtà autorizzato a creare nuovo debito che andrebbe a carico degli Stati membri – Fonte: art. 21.
Il MES potrebbe registrare delle perdite finanziarie, che andrebbero a carico degli Stati membri – Fonte: art. 25.
Il MES deciderà quali dovranno essere i suoi stessi controllori – Fonte: art. 30.
Il MES è al di sopra di ogni legge nazionale e comunitaria – Fonte: art. 32.
I Membri del MES potranno agire godendo di un'assoluta segretezza – Fonte: art. 34.
I Membri del MES potranno agire godendo di una completa immunità, nessuno sarà mai perseguibile per eventuali abusi compiuti nell'interesse del MES – Fonte: art. 35.
Con il MES si crea un paradiso fiscale in Europa (esenzione fiscale totale) – Fonte: art. 36.
Il MES potrà occuparsi di servizi di pubblica utilità – Fonte: art. 36.

Sull'argomento regna in tutti i partiti un silenzio inconcepibile. Forse pensano che la responsabilità storica di questa decisione ricadrà sul tecnico Monti, ma il potere di fermare il Mes ce l'hanno i partiti che stanno in parlamento, e quindi se fra qualche anno saremo devastati dall'austerità imposta dai poteri forti europei, i cittadini chiederanno il conto a questi politici.

FONTE: VALDICHIANAOGGI

TRATTATO DEL MES IN ITALIANO: SITO DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

domenica 7 ottobre 2012

Bambine Sexy già a 6 Anni


boobs-bloomers
La salute mentale delle bambine è sempre più a rischio, secondo uno studio americano, in quanto prematuramente esposte a modelli inadeguati alla loro età. Uno studio del Knox College di Galesburg (Illinois) ha rivelato infatti che le bimbe di soli sei anni iniziano già a pensare a sé stesse come oggetti sessuali.

Nel corso dei test condotti sulle bimbe tra i sei e i nove anni, gli scienziati hanno utilizzato due bambole, entrambe vestite alla moda, ma una in maniera sexy e una in versione più castigata. A ogni bambina è stato chiesto di scegliere quella che: le assomigliava, era come avrebbe voluto essere, sarebbe al più popolare a scuola e quella con la quale avrebbe voluto giocare. La bambola sexy è risultata essere la più scelta, con il 72 per cento delle intervistate che hanno sostenuto che sarebbe la più gettonata a scuola. La ricerca, pubblicata su Sex Roles, ha reclutato le volontarie in due scuole pubbliche e in una scuola di ballo locale. Le bambine provenienti da quest'ultima, e in generale quelle che praticano uno sport, hanno scelto più spesso la bambola non sexy e questo, secondo gli psicologi del Knox College, significherebbe che le bimbe hanno appreso che il corpo può venire usato con uno scopo pratico e non solo per apparire sexy. Secondo i ricercatori statunitensi non esiste una connessione tra il consumo di media e la tendenza a considerarsi oggetti sessuali, ma le bimbe che guardano molta tv e hanno mamme molto attente al look hanno quasi sempre scelto la bambola sexy.

Dall'altro lato però le mamme che usano i film e in generale i media come mezzo educativo per indicare i cattivi comportamenti hanno meno probabilità di crescere una figlia che penserà soltanto a essere sexy. Infine le bimbe che guardano poca tv ma hanno madri molto religiose hanno quasi sempre scelto la bambola più discinta per una sorta di sindrome da "frutto proibito", probabilmente dovuta a un'idealizzazione causata dal divieto di esporsi ai comportamenti familiarmente ritenuti poco sani proposti dalle televisioni.

FONTE: OggiNotizie

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!

mercoledì 3 ottobre 2012

La Pace oltre il Pensiero

DI JIDDU KRISHNAMURTI

meditazione_01

Esiste una pace che sta oltre il pensiero e il sentimento. Non è la pace dell’uomo politico, né quella del prete, né quella di uno che la cerca. Questa pace non si cerca. Ciò che si cerca deve già essere noto e ciò che è noto non è mai il reale.

La pace non è fatta per il credente, per il filosofo specializzato nella teoria. Essa non è una reazione, una risposta di segno contrario alla violenza. Essa non ha alcun opposto. Tutti gli opposti devono cessare, deve cessare il conflitto della dualità. La dualità esiste: luce e tenebra, uomo e donna, e così via, ma il conflitto fra gli opposti non è in alcun modo necessario. Il conflitto fra gli opposti sorge solo quando esiste il bisogno, la spinta all’appagamento, il bisogno del sesso, l’esigenza psicologica della sicurezza. Allora soltanto c’è conflitto fra gli opposti; la fuga dagli opposti, attaccamento e rifiuto, è la ricerca della pace attraverso la chiesa e la legge. La legge può dare, e dà, un ordine superficiale. La pace che offrono la chiesa e il tempio è fantasia, un mito verso cui può fuggire la mente confusa. Ma questa non è pace. La pace non si commercia, non è un bene di scambio. Deve cessare il conflitto, in ogni forma, e allora forse la pace arriverà. Dev’esserci il rifiuto totale, la cessazione della pretesa e del bisogno; allora soltanto il conflitto ha fine.

La nascita si ha nel vuoto. Ogni struttura interiore di resistenza e sicurezza deve morire; soltanto allora si fa il vuoto. Solo in questo vuoto è la pace.

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!