lunedì 31 gennaio 2011

Metafore d’Evoluzione

DI GIANPAOLO MARCUCCI

momo

Accade spesso che l’uomo costruisca, consciamente e non, artifizi tecnologici che nella loro funzione finiscano per rappresentare metafore del proprio essere fisico e psichico. Questo è accaduto ad esempio con l’invenzione del Personal Computer, il quale altri non è che una metafora del funzionamento del cervello umano.

L’organizzazione di file in cartelle, l'esecuzione di processi, la memoria fisica, il caricamento di dati, sono tutte proiezioni di elementi e strutture già esistenti in natura all’interno della nostra mente. Anche le interfacce che si utilizzano insieme al pc come videocamere, microfoni, casse acustiche e tutte le altre periferiche, possono essere intese come metafore, in questo caso come proiezioni dei nostri sensi. Da quando poi il computer si è trovato al centro di quella rivoluzione che oggi chiamiamo word wide web, le metafore da questo create sono divenute, non già solo più proiezioni del funzionamento attuale del cervello, bensì vere e proprie rappresentazioni del futuro evolutivo di esso. Se difatti il computer è metafora del cervello umano, di sicuro la rete può essere considerata come una proiezione tecnologica del nostro futuro psichico, intellettivo e sensoriale. Con essa, siamo di fronte ad una metafora del concetto di intelligenza collettiva. Se anzi che pensare ad una rete di pc interconnessi, pensassimo ad una rete di cervelli interconnessi, in grado così di interagire fra di loro, comunicare, scambiarsi informazioni e dati, condividere conoscenza e sensorialità in modo completo e immediato, ci troveremmo di fronte ad una condizione di condivisione totale, universale. Spazio e tempo non sarebbero più variabili determinanti. In vista di un tale cambio di paradigma, tutti gli strumenti che oggi riteniamo innovativi, come l’Iphone, le webcam, wikipedia, google maps, facebook, etc. appaiono come dinosauri della tecnologia.

Dopo l'internet semantico e l'internet delle cose, verrà così il momento dell'internet delle persone. Sarà possibile sapere tutto nel momento in cui lo si penserà: quanto latte c'è in frigo, quali sono le condizioni della mia autovettura, quali sono le MIE condizioni, come si risolve un problema senza esperienza. Sarà possibile votare referendum mondiali e monitorare in tempo reale la gestione del pianeta. Intelligenza collettiva e web democracy saranno parole di uso comune.

Questo è il futuro della rete e la rete è il nostro futuro!

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La Vera Democrazia

DI ENRICO GALAVOTTI

consapevolezza

Qualunque forma di centralizzazione dei poteri porta inevitabilmente a una burocratizzazione della vita sociale. La centralizzazione politica è spesso una rivendicazione di quei ceti intellettuali che mal sopportano l'arretratezza delle masse e che vorrebbero realizzare celermente i loro ideali. Essi infatti temono che proprio quell'arretratezza diventi l'ostacolo maggiore al progresso sociale e culturale. Tuttavia, una società gestita dall'alto porta ben presto alla morte della democrazia.

E' preferibile un lento sviluppo della vera democrazia piuttosto che un veloce sviluppo del centralismo. Con quest'ultimo infatti si possono imporre dei ritmi di sviluppo che facilmente arrivano a produrre dei risultati disastrosi per gli interessi delle masse. Non bisognerebbe mai dimenticare la differenza tra indici economici di sviluppo e qualità sociale della vita. Farli coincidere è un errore, anzi è mera demagogia far dipendere la qualità della vita (che è questione sociale) dagli indici di sviluppo (che sono calcoli economici sulla produttività). Di regola ogni forma di centralizzazione dei poteri si accompagna a una sopravvalutazione dell'importanza degli indici economici, i quali peraltro vengono ridotti a meri indici finanziari, all'interno dei quali i cosiddetti "ammortizzatori sociali" svolgono il ruolo di "disturbo", di interferenza che andrebbe minimizzata al massimo. Tant'è che quando si ha anche un lieve abbassamento degli indici di sviluppo relativi al Pil, gli imprenditori paventano subito la possibilità di una crisi, con inevitabili conseguenze sull'occupazione, al punto che possono verificarsi delle reazioni del tutto sproporzionate rispetto all'effettiva gravità dei problemi sociali (licenziamenti, crolli di borsa, fusioni di aziende, esportazione di capitali...). Tutto ciò avviene perché l'economico non viene considerato come un aspetto del sociale, ma solo come l'ambito prioritario in cui misurare l'entità del fatturato. In realtà i fattori di calcolo, pur avendo la loro importanza scientifica, non possono di per sé indicare il livello di benessere sociale di una popolazione. Altrimenti si sarebbe costretti a dire che una popolazione con bassi indici di sviluppo economico è necessariamente una popolazione primitiva, priva di aspettative, destinata alla marginalità. Tutte cose che rischiano purtroppo di essere vere se questa popolazione è soggetta a rapporti neocoloniali con l'occidente. Insomma, l'importante è che le masse vengano poste di fronte a delle responsabilità e che non siano guidate nelle scelte più di quanto esse non debbano guidare se stesse.

La transizione a una società più democratica può avvenire o a partire da un rivolgimento dei poteri istituzionali (soluzione politica), oppure con una lenta trasformazione del costume, della mentalità, dei valori popolari (soluzione culturale): che è poi la differenza che esiste tra soluzione leninista e soluzione gramsciana. In realtà si può partire da ciò che si vuole se l'obiettivo finale è quello di arrivare a un effettivo autogoverno delle masse. Il concetto di democrazia non perderà mai di attualità. Il fatto stesso che in occidente esista solo la democrazia politica e solo in forma parlamentare, cioè delegata, indiretta, è un chiaro indizio di quanto attuale sia il concetto di democrazia sociale, popolare, gestita in maniera diretta.

La più grande tragedia dell'umanità può verificarsi solo quando il popolo, in piena consapevolezza, decide di rifiutare la democrazia in favore del centralismo.

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giovedì 27 gennaio 2011

Il Silenzio

DI JIDDU KRISHNAMURTI

silenzio

Il silenzio ha molte qualità. C'è il silenzio fra due rumori, il silenzio fra due note e il silenzio che si allarga nell'intervallo fra due pensieri.

C'è il singolare, quieto, pervadente silenzio che si diffonde in campagna alla sera; c’è il silenzio nel quale si ode il latrato di un cane in lontananza o il fischio di un treno che arranca per una ripida salita; il silenzio che regna in una casa quando tutti sono andati a letto, e il suo particolare risalto quando ti svegli nel cuore della notte e ascolti un gufo gridare nella valle; e c’è il silenzio che precede le risposte della compagna del gufo. C’è il silenzio di una vecchia casa abbandonata, e il silenzio di una montagna; il silenzio fra due esseri umani quando hanno visto la stessa cosa, sentito la stessa cosa, e agito. Quella notte, specialmente in quella valle remota con le antichissime colline e i loro macigni di forma singolare, il silenzio era reale come la parete che toccavi. E tu guardavi dalla finestra le stelle luccicanti. Non era un silenzio autoprodottosi; non era perché la terra fosse quieta e gli abitanti del villaggio fossero addormentati, ma veniva da ogni dove, dalle stelle remote, da quelle colline scure e dalla tua mente, dal tuo cuore. Questo silenzio sembrava coprire tutto, dal più piccolo granello di sabbia del greto del fiume - che conosceva acqua corrente solo quando pioveva – all’alto, frondoso fico di Banian e una leggera brezza che cominciava a spirare. C'è il silenzio della mente che non è mai toccata da alcun rumore, da alcun pensiero o da l'effimero vento dell’esperienza. Questo è il silenzio innocente, e pertanto infinito. Quando c'è questo silenzio della mente, da esso scaturisce l'azione e questa azione non è causa di confusione o infelicità. La meditazione di una mente che sia totalmente in silenzio è la benedizione che l’uomo sempre cerca. In questo silenzio ogni qualità del silenzio è. C’è quello strano silenzio che regna in un tempio o in una chiesa vuota sperduta nella campagna, senza il rumore di turisti e fedeli; e il pesante silenzio che regna nell’acqua è parte di quello che è fuori del silenzio della mente.

La mente meditativa contiene tutte queste varietà, tutti questi cambiamenti e movimenti del silenzio. Questo silenzio della mente è la vera mente religiosa, e il silenzio degli dèi è il silenzio della terra. La mente meditativa scorre in questo silenzio, e l'amore è la via di questa mente. In questo silenzio c’è la beatitudine e il riso.

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Nei Paesi Controllati c’è Sempre una Crisi Economica

D MARCO CANESTRARI

Per controllare un paese democratico moderno bisogna instillare nella popolazione la paura di non poter raggiungere una sicurezza economica. Tutte le fasce sociali non devono avere la serenità, ma piuttosto vivere nel timore di non raggiungere il modello imposto dalla propaganda.

Ovviamente questi modelli proposti sono sempre più lontani dai bisogni reali della massa, che vive in continua ansia e stress, soprattutto per le fasce più deboli. Viene a mancare una visione di insieme, stimolando piuttosto l’aggressività e la competitività, cosa che possiamo notare in tutti i campi, dal lavoro fino anche ai rapporti sociali. La figura che si viene a delineare sarà quella di un individuo occupato ad investire tutte le proprie energie per raggiungere il target imposto dalla società, sfruttando ogni situazione gli sia favorevole, anche a discapito degli altri. Questo atteggiamento renderà sempre più difficile una collaborazione su ampia scala.

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martedì 25 gennaio 2011

La Mercificazione delle Relazioni

DI MASSIMILIANO CAPALBO

megafono

Che la fine sia vicina o lontana poco importa, il danno è già stato fatto. Infatti, il giorno dopo l’uscita di scena del signor Silvio Berlusconi da Milano, detto “il Cavaliere”, la cui figura ha dominato l’ultimo ventennio della storia politica italiana, non cambierà assolutamente nulla nel nostro Paese, perché la trasformazione è già avvenuta. Contrariamente a quanto si possa pensare non ha interessato né le istituzioni, né la politica, né il costume (di cui è stato solo un degno rappresentante) ma la comunicazione.

Il concetto di comunicazione a cui mi riferisco è un concetto puro, originario, fondamentale, che non si basa sull’assunto che comunicare significhi, come molti erroneamente pensano, inviare un messaggio da un emittente A ad un ricevente B. Il principio fondamentale a cui faccio riferimento non considera la comunicazione un processo lineare, bensì circolare. Comunicare significa, infatti, “entrare in relazione”. La comunicazione, quindi, è bidirezionale, mai ad una via, ma soprattutto presuppone una capacità di relazione che va a di là del semplice trasferimento di contenuti e quindi anche una capacità di mettersi in ascolto dell’altro. Il “modello berlusconiano” di comunicazione, che purtroppo ha fatto scuola soprattutto tra gli addetti ai lavori, è sempre stato, sin dagli esordi, unidirezionale (non prevede l’ascolto del feedback e si sottrae quasi sempre al confronto), aggressivo (basta analizzare il tono degli slogan) e prepotente (occupa tutti gli spazi). Non prevede il rispetto dell’interlocutore, non si mette in ascolto. Una comunicazione egocentrica, a volte paranoica, quasi sempre sterile. La comunicazione di un venditore che deve convincere nel breve periodo che ciò che sta vendendo è un buon prodotto, ma incapace di creare relazione. Per questo fragile e destinata a durare giusto il tempo della transazione.

Per scongiurare questo pericolo e sopperire all’incapacità di entrare in relazione, il modello deve prevedere necessariamente l’occupazione di tutti gli spazi, l’emarginazione delle voci di dissenso, la proprietà diretta o indiretta dei mezzi di comunicazione, il potere di “far cambiare idea” ai più tenaci, lo scambio di favori. Ma soprattutto la mercificazione delle relazioni che sono sempre più superficiali e funzionali, stabilite solo in funzione di un interesse, di uno scopo preciso, per il tempo necessario al raggiungimento dello stesso. Una volta raggiunto le relazioni muoiono, con la stessa facilità e velocità con cui sono nate. All’aumentare della loro quantità si registra, contemporaneamente e spesso, una diminuzione della loro qualità e della loro durata. Ecco qual è la cicatrice più profonda che il ventennio Berlusconiano lascerà nella società italiana, un modo di intendere il rapporto con l’altro, sia esso donna o uomo, ricco o povero, imprenditore o operaio, guardia o ladro, di destra o di sinistra, in funzione di qualcos’altro. Berlusconi ha incarnato questo modello, nato nell’era Craxi e fatto emergere dalle inchieste di Mani Pulite all’inizio degli anni ’90, e lo ha spacciato per vincente utilizzando i mezzi di comunicazione di cui dispone per amplificarlo e diffonderlo massivamente ed è su di esso che si basano ormai sempre più le relazioni della stragrande maggioranza dei cittadini di questo Paese, il cui tessuto sociale appare sempre più frammentato e individualista, in cui la comunicazione affettiva ha lasciato il posto a quella funzionale.

Un Paese basato su relazioni di questo tipo è un Paese fragile, privo di coesione sociale, carente in fiducia, incapace di fare rete e di disegnare il proprio futuro, perché incapace di costruirlo su ciò che gli permetterebbe di funzionare: le relazioni affettive, quelle vere, leali, le uniche destinate a durare.

FONTE: ERETICAMENTE

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lunedì 24 gennaio 2011

Modi di Dire, Modi di Influenzare

DI DANIELA COIN

listening

Una madre entra nella camera del figlio che dorme. Apre la persiana: "Vestiti che oggi fa freddo"; il figlio, a letto "Ma che tempo fa?"; la madre "E' brutto!". Il ragazzo si alza, la madre gli presenta la colazione: latte, brioche "Mangia che ti fa bene". Dopo mangiato, il ragazzo prende la giacca per uscire. E' sull'uscio quando ode "Copriti bene che ti prendi l'influenza". La stessa madre la sera prepara la cena, lo stesso figlio è al pc che chatta con gli amici, la madre: "Vieni a tavola, è ora di cena". Il figlio si siede. La madre "Ti ho fatto la bistecca, mangiala che ti fa bene e ti fa crescere!". Dopo cena il figlio decide di uscire. La madre "E cambiati le mutande che quelle che hai addosso hanno un buco. Che se fai un incidente mi fai anche fare brutta figura", "E va piano con quella macchina che ti ammazzi prima o poi".

Certe frasi e modi di dire, di giudicare, sono talmente insiti in noi che siamo portati a ripeterli spesso solo perché li abbiamo sempre sentiti dire. Si chiamano giudizi e sono accezioni che ci allontanano totalmente dalla realtà e ci abituano a non percepire con il nostro corpo ma a farci dire cosa dobbiamo fare e sentire. Ne consegue un'inevitabile distorsione della realtà ed autosuggestione. Questo ci porta ad agire in base ad autoconvinzioni e, quindi, senza analizzare il presente reale, a prendere, o non prendere, decisioni concrete e fertili. Ad esempio, dire una cosa come "non ce la farò mai" spesso dipende da una mancanza di sicurezza personale nella propria capacità di riuscire in qualcosa. E' un modo come un altro per deresponsabilizzarsi e per tutelarci dall'eventuale batosta della non riuscita. Il punto è che questa affermazione, che a volte accenniamo anche così, per scherzo, tra amici, non fa altro che predisporre il nostro io ad un evento negativo, passivo. Alla non riuscita premeditata. Invece di spingere la positività e dunque predisporre il corpo all'azione e caricarlo di energie per affrontare il nostro obbiettivo, ci posizioniamo, con questa frase, in un atteggiamento difensivo e di delusione preventivata. Il corpo, così, si chiude; si prepara alla difesa, carica energie in difesa per un evento che non accadrà a breve e ci proietta nel "dopo", causando la mancanza di vibrazioni positive per il presente che dobbiamo affrontare nell'immediato. Non serve uno psicologo per affermare che questo atteggiamento, se si vuol perseguire un qualsiasi obbiettivo, molto o poco importante, è deleterio ai fini della riuscita.

L'abitudine "compulsiva" umana che etichetta, giudica e classifica, predispone ogni società ormai da numerose generazioni a vivere in una tenebrosa illusione che incenerisce ogni intensa colorazione presente e ci fa vedere la realtà con gli occhi spenti, dimenticando di farci coinvolgere da quella forza misteriosa e sempre nuova attraverso la quale ogni creatura vivente affronta ogni giorno ed ogni momento presente. Spegnere questi condizionamenti imposti e limitanti facendo spazio alla curiosa esplorazione ed osservazione è uno dei modi per poter vivere ogni esperienza e quindi ogni momento con assoluta autenticità ed essenza.

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venerdì 21 gennaio 2011

Dov'è il Nostro Io?

 

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Dov'è il nostro io? «nel nome?» suggerisce il vecchio lama che presiede su due lunghe file di tavolini dietro i quali, seduti per terra, stanno gli studenti. No, perché il nome può cambiare senza che l'io cambi.

Eppure quante persone si identificano col proprio nome! Ma è chiaro che l'io non può essere «Nel corpo?» insiste il lama mettendosi, divertito, a mimare i tanti modi con cui i vari popoli, dicendo «io» indicano una parte diversa del proprio corpo. Gli studenti ascoltano, alcuni intervengono. La discussione va avanti per un po'. Poi il lama, dal tavolinetto dietro il quale siede, tira fuori una rosa. «Questo è un fiore» e così dicendo ne stacca un petalo. «E questo, è un fiore? No! Questo è un petalo... E questo?» chiede retoricamente, indicando di nuovo la rosa. «Questo è un fiore ». Stacca ancora un petalo, poi ancora uno, poi un altro ancora, sempre chiedendo «E questo cos'è?» Alla fine, sul tavolino c'è un mucchietto di petali e nella mano del monaco il gambo spoglio della rosa. Il vecchio monaco lo mostra a giro e chiede: «E questo è un fiore? No. Questo non è più un fiore... Bene lo stesso vale per una mano» dice, alzando la sua mano sinistra in aria.

«Se cominciassi a staccarmi un dito e poi un altro e un altro ancora, nessuna di quelle dita sarebbe la mia mano. Allora? E' esattamente così con tutto il nostro corpo. Non siamo anche noi fatti di tanti pezzi, ognuno dei quali però non è veramente noi

RACCONTO INDIANO

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martedì 18 gennaio 2011

I Comandamenti del Capitalista

DI THE CENTER FOR BALANCE

Capitalista

PROFESSIONE DI FEDE

1. Fallo agli altri prima che gli altri lo facciano a te. Riduci in miseria i tuoi prossimi e tratta i loro lavori senza compenso, tariffa o retribuzione per assicurarti un profitto generoso dal più grande schiavo. Instaura il più autoritario dei regimi e non lasciare che alcuna moralità o potere della grande maggioranza interferisca con i più grandi profitti derivati dal preservare le disparità e tutti i poteri della depredazione tanto graditi dai ricchi.

2. Fai sì che in tutte le cose la tua Efficienza determinata dal capitale debba rimanere l’unico dio, e non lasciare che alcuna moralità, libertà o preoccupazione ecologista interferisca con il tuo diritto divino di trarre profitto, recingere o privatizzare a tuo beneficio.

3. Dovrai fare del denaro e del potere il tuo unico dio e obiettivo, e non tollerare nessuna vanità sciocca nel manifestare ad alcuno altre occupazioni o rivelazioni pericolose.

4. Per assicurarti il potere, non dovrai permettere alle persone di possedere o controllare le loro banche centrali (malgrado il Tesoro costituzionale spinga in senso contrario) dato che il debito monetario è il potere nevralgico e la forza motrice di fronte alla quale tutti gli altri impallidiscono e rimangono impotenti.

5. Dovrai possedere e controllare tutti i media e le agenzie di divulgazione delle notizie. Non lasciare che alcun redattore venga preferito per timore dell’influenza delle persone, di quello che vedono, sentono e leggono. Lascia che tutti i libri, i media e l’educazione sviluppino i nostri valori in modo esclusivo. Non lasciare che nessuna dottrina egualitaria né nessuna idea di equilibrio del “fattore” lavoro-capitale interferisca con tutto questo, il nostro progetto grandioso.

6. Farai sì che in tutte le cose la Crescita e la rovina pro capite siano le tue uniche divinità, e vanifica ogni volta l’Equilibrio. Dovrai vedere che l’umanità si moltiplica all’infinito. Non lasciare che sorga alcun equilibrio nella popolazione ché potrebbe servire per far conoscere lo stesso quantum di libertà, spazio terrestre, diritto naturale e piacere anche sui tuoi stessi figli, poiché questo distruggerebbe la nostra Crescita preziosa e proficua.

7. Farai sì che in tutte le cose opporrai resistenza all’Equilibrio, e anche all’equità sia di fattore che di genere, poiché io, il tuo Dio maschile del Cielo, ti ho detto così.

8. Non permettere l’emergere di comuni o cooperative libere, né il subentrare di alcuna iniziativa imprenditoriale no-profit, poiché una simile competizione deve essere temuta e proibita. Privatizza tutto come se fosse tuo diritto. Controlla i regni del potere così la grande maggioranza non disporrà possedimento esente da debiti, né l’accesso a ogni mezzo con cui si possa assicurare la libertà domestica, l’indipendenza e la democrazia.

9. Lascia che il reame della Natura venga conquistato e piegalo ai tuoi scopi di profitto. Brevetta e possiedi tutta la farmacopea della natura. Cambia la natura degli animali e allo stesso modo degli umani per servire i tuoi fini. Rendi off limits quelle terre fertili, quelle piante da cui le masse possano trarre agio, acquisire libertà naturale, assicurarsi rifugio dal nostro Mercato Libero, o inciampare su una qualsiasi rivelazione di una natura non egocentrica, cooperativa e spirituale.

10. Recinta il regno, poiché i senza terra e i dipendenti sono cibo per i tuoi obiettivi più grandi. Permetti che la nostra Interdipendenza sia sempre mediata dal ricco e dal potente, e assicurata nel nome di un’Efficienza che serve soltanto i nostri fini. Cerca di distruggere ogni scampolo di libertà naturale, di Stato e di indipendenza domestica. Fa che il nostro Mercato Libero di neo-schiavitù prevalga e tu ne trarrai profitto oltre ogni sogno più azzardato.

Titolo originale: “The Capitalist Commandments”. Traduzione a cura di MICHELA SALANI

FONTE: INFORMATIONCLEARINGHOUSE
FONTE: THECENTERFORBALANCE

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Incoraggiare l’Energia Individuale

DI MARCO CANESTRARI

L'energia proviene dall'individuo e uno degli scopi del movimento Ecco Cosa Vedo è quello di incoraggiare l'individualità. Ci proponiamo infatti di creare un modello di informazione basato sulla diversità dove ognuno è spinto a valorizzarsi in una rincorsa verso il positivo che aiuta tutti.

In molte iniziative sociali spesso troviamo un certo pregiudizio, quasi un irrigidimento quando si parla di “iniziative individuali”. Certamente l’egocentrismo fine a se stesso e che non prende in considerazione il bene comune porta ad una degenerazione dei valori fino ad una ricerca sfrenata di potere, ma non per questo va demonizzata l’attività individuale, che è una delle spinte fondamentali dell’uomo. Attingiamo invece energia da essa e sfruttiamola per migliorare anche la qualità della vita a livello collettivo. Una buona soluzione, a prescindere da chi l’abbia proposta, deve poter essere applicata alla comunità. Se queste soluzioni vengono ostacolate, si abbattono tutti i modi per cambiare il sistema. L’errore non è nell’istinto individuale e nemmeno nella sensibilità collettiva, l’errore consiste sempre nel trascurare una cosa a favore dell’altra. Incoraggiamo tutte le attività a vantaggio personale che producano anche benefici a livello collettivo.

Bisogna avere una visione d’insieme della vita come individuale e collettiva allo stesso tempo: uniamo le risorse senza uniformare gli individui.

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domenica 16 gennaio 2011

La Caduta dell'Impero Liberista d'Occidente

DI GIANNI TIRELLI

imperoliberista

Un sistema che ha fondato la sua esistenza sullo spreco, sul degrado e sulla commercializzazione di beni superflui e di infima qualità, era destinato a implodere. Questa, del mondo occidentale, non è una semplice crisi, ma la fine di un’epoca. Il gran numero di disoccupati e di precari in continuo aumento, è il logico risultato di un tipo di lavoro, privo di fondamentali e, quindi di regole certe.

Per usare una metafora, paragonerei il Sistema Liberista Relativista, ad una fabbrica di bolle di sapone. La gente, ingannata per decenni e abbindolata dalla seduzione della modernità e da una massiccia propaganda mediatica totalitaria (che ha speculato sui bisogni, fragilità, paure e debolezze), troppo tardi ha compreso il valore effimero delle bolle di sapone. L’inganno è stato totale e ha prodotto un becero relativismo, che ha fatto piazza pulita di ogni valore etico e morale, omologando gli individui e codificandoli come semplici consumatori. Piano piano il grande imbroglio sta venendo a galla, e così la rabbia dei truffati, che esploderà in tutta la sua potenza, quando, quella che oggi é definita una crisi, assumerà le sembianze dell’apocalisse. L’avvelenamento delle acque e dell’aria, erano parametri sufficienti per rendersi conto di quale cammino era stato intrapreso, e indicatori della loro potenzialità distruttiva. Con che spudoratezza, tutto questo, è stato definito progresso e benessere? Se, per fare un esempio, oggi, tutti gli automobilisti di Milano rispettassero alla lettera il codice della strada, questa città, già invivibile e caotica, si bloccherebbe all’istante. Può sembrare un assurdo ma è proprio grazie a chi elude e infrange le regole che, oggi, miracolosamente il traffico continua a scorrere, e le casse del comune ad ingrassarsi a dismisura.

Lo stesso principio e meccanismo vale anche per l’economia del nostro paese (il Sistema) che se dovesse attenersi a regole ferree e pene certe, imploderebbe in una settimana. Se i cittadini di un qualsiasi paese occidentale poi, in virtù di un risparmio ragionevole e doveroso, si astenessero dal consumare beni effimeri, contraffatti e voluttuari, orientandosi su quelli primari, durevoli e di prima necessità, il Sistema, che oggi ci governa e che ci opprime, si squaglierebbe come neve al sole. Sentire ancora parlare di ricerca, di crescita e sviluppo e delle semplificazioni relative al fare impresa, come le inderogabili soluzioni alla crisi, sarebbe come rendere libera la pesca, epurando il suo regolamento da licenze, normative e divieti, quando oramai di pesci nel mare non ce ne sono più. Avremmo dovuto investire le nostre energie in un prudente dialogo con la madre terra, rispettandone le sue logiche e regole imperiture. E’ stata umiliata la natura e mortificato il lavoro dei campi, adducendone un significato distorto, di inciviltà, di miseria e ignoranza. Abbiamo voluto sfidare le nostre vere ragioni, come alieni, venuti da un’altra galassia, ma presto, la terra, ci ripagherà con la stessa moneta, per averla infamata e violentata.

Solo recuperando i valori e i doveri di un passato luminoso, oggi soppiantati dal perverso consumismo della Bestia Liberista, potremo intravedere un futuro fra le nere nubi che si addensano all’orizzonte, ma il prezzo da pagare sarà di sangue, di paura e di follia. Per tutti questi motivi, “la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società, è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. Una tale disperazione, avvolge il mio paese da molto tempo.” C.A.

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giovedì 13 gennaio 2011

I Media e la Democrazia

DA WIKIPEDIA

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Nel corso del tempo si è diffusa l'idea che in una società democratica, affinché la democrazia possa dirsi completa, debbano essere presenti dei mezzi di informazione indipendenti che possano informare i cittadini su argomenti riguardanti i governi e le entità aziendali; questo perché i cittadini, pur disponendo del diritto di voto, non sarebbero altrimenti in grado di esercitarlo con una scelta informata che rispecchi i loro reali interessi ed opinioni.

Secondo quest'ottica, nell'ambito del principio fondante delle democrazie liberali, ovvero la separazione dei poteri, oltre all'esecutivo, al giuridico e al legislativo, il ruolo dei media di fonti di informazione per i cittadini andrebbe considerato come un quarto potere da rendere autonomo rispetto agli altri. Ciò è impossibile poiché in un sistema democratico i media costituiscono la più potente tra le lobby. Per questi motivi alcuni credono che il più grande rischio per la democrazia sia la concentrazione della proprietà dei media. In particolare al giorno d'oggi sono le televisioni la principale fonte informativa, perché solo una ridotta minoranza di persone legge libri e giornali o si informa tramite internet.

Quindi alle TV va posta particolare attenzione.

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mercoledì 12 gennaio 2011

Primi Attori

DI BEATRICE CONSIGLI

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Quando si cercano di riempire vuoti morali con appagamenti materiali ed il condizionamento priva il popolo della libertà come farebbe un regime conclamato, quando la generazione ultima mostra segni di inadeguatezza e fragilità tanto gravi da essere autolesionista mentre non c’è più il piacere di vivere ma solo l’ansia di sopravvivere, significa che la società che ci ospita, che ci ha generati, sta implodendo.

Si sta accartocciando su se stessa, così come le foglie degli alberi d’autunno, bruciate dal sole estivo s’accartocciano, divengono rossastre e cadono. Noi esseri umani del ventesimo secolo, abbiamo la fortuna di vedere tutto questo. Abbiamo la fortuna di essere spettatori attivi del cambiamento di una civiltà, fatto di decadenza prima e di rinascita dopo. Un istante, nel Tempo Universale, pieno di significato che raramente agli uomini è dato di vivere, così come  il passaggio delle comete. Ma come in tutti i momenti di crisi, ci è richiesto il massimo dell’attenzione e dell’impegno; il coraggio di un colpo di coda, un guizzo finale che permetta il nuovo assestarsi della situazione. Per sopravvivere a questa scontata decadenza, dobbiamo fare un salto di qualità personale, dobbiamo liberarci dalle pastoie morali e materiali costruite in decine di anni, aprire gli occhi ed osservare con curiosità e voglia di comprendere quello che si muove intorno a noi. Dobbiamo rinascere fanciulli, liberarci dai pregiudizi e dall’indolenza e prendere le nostre responsabilità come individui che fanno parte dell’Umanità. Perché non siamo chiamati alla responsabilità solo per mandare i figli a scuola, portare lo stipendio a casa e pagare il condominio. Siamo anche, e soprattutto, responsabili del contributo che apportiamo alla società che ci accoglie, colei che farà da madre ai nostri figli adolescenti, li porterà lungo le strade della vita e segnerà il loro cammino.

Essere i primi attori di un evento epocale qual è il nascere di una nuova civiltà  è un’occasione unica, da non perdere e che non ha replica.

 
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martedì 11 gennaio 2011

La Manipolazione Mentale di Massa

ADATTAMENTO DI MARCO CANESTRARI

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Se un’aquila, che potrebbe tranquillamente volare libera nei cieli, cresce con la convinzione di essere un pollo, rimarrà per sempre dentro il pollaio

INFORMAZIONE
L’importanza dell’informazione è fuori da ogni discussione. Informare, lo dice il nome stesso che deriva da “in-formare”, cioè dare forma. Ma dare forma a cosa, se non alle coscienze? Non a caso, tutte le grandi dittature hanno iniziato sempre con il controllo dei mezzi di comunicazione (mass-media), proprio per plasmare le menti e coscienze delle persone. La totalità delle persone, educata dalla tivù alla passività e pigrizia mentale sin dall’infanzia, non sviluppa la capacità di mantenere l’attenzione autonomamente, se non è emotivamente coinvolta. I manipolatori questo lo sanno bene e per veicolare le loro informazioni mantengono viva l’attenzione della gente, agendo direttamente nell’emotività. Questo si chiama intrattenimento. Il paradosso è che sono le persone stesse che esigono di essere intrattenute e non informate, e ovviamente il Sistema le accontenta: informa (a modo loro) attraverso l’intrattenimento. L’importanza dei mezzi di comunicazione, è enorme. Ai fini della governabilità, soprattutto nelle società basate sul consenso, è indispensabile limitare, ma anche controllare e orientare l’informazione, la costruzione della rappresentazione illusoria del mondo e da cui dipende la produzione e gestione del consenso.

DISTRAZIONE
Tecnicamente il distrarre l’attenzione cosciente di una persona assorbendola in qualche attività o distraendola con notizie e informazioni assolutamente inutili, lascia il subconscio sguarnito del suo presidio critico, rendendo possibile l’instillazione di suggestioni, immagini, storie, ecc. Tutto quello che viene veicolato dai media in virtù del controllo capillare che esiste, è totale distrazione di massa. Le telecamere e le luci dei riflettori vengono indirizzate su problematiche del tutto inutili per noi (la casa del partito di governo, i rom, gli stupri, delinquenza, l’assassinio in famiglia, ecc.), ma estremamente funzionali per il Sistema, che in questa maniera non fornisce le Vere informazioni e notizie. Riempiono, per così dire, il palinsesto mediatico, per riempire il nostro cervello con spazzatura, idiozie, gossip, e altre stupidità amene. Una volta raggiunto il limite non c’è più spazio per le cose importanti.

OBBEDIENZA VOLONTARIA
Ogni establishment che si rispetti, ha il suo arsenale di mezzi di dominazione, il cui fine ultimo è quello di produrre compliance, cioè obbedienza, conformazione da parte delle persone. Dominare gli altri significa ottenere la loro accondiscendenza più o meno volontaria. Naturalmente è meglio se volontaria, cioè ottenuta con la manipolazione (illusione, persuasione, intimidazione o condizionamento), anziché imposta con la forza (dittature, colpi di stato).

SCUOLA
La scuola è il mezzo primario per la manipolazione culturale e mentale.
Abituare i bambini, attraverso l’esecuzione ripetuta per anni degli ordini degli insegnanti, a seguire gli ordini delle autorità; abituarli alla sistematica gratificazione, all’assenza di regole e di confronti con la realtà, sforna creature incapaci di auto-disciplina, completamente dipendenti e incapaci di organizzarsi. Bambini siffatti, saranno adulti corrotti e dipendenti dall’esterno, quindi più facilmente manipolabili. Nelle scuole, da una parte l’insegnamento delle materie fondamentali è concepito in modo di prevenire proprio il formarsi di una visione d’insieme, dall’altro si cerca che le nuove generazioni non dubitino mai che il sistema di potere sia democratico e legittimo.

IL SENSO DI IMPOTENZA
Un'altra strategia, strettamente interconnessa con il tema del controllo, è la gigantesca campagna mediatica che inculca il senso di impotenza. Un vera e propria operazione pianificata che sta facendo da una parte assuefare a sentirsi impotenti, e dall’altra desensibilizzando alla violenza. Come viene attuato tutto ciò? Bombardando di immagini e notizie violente (assassinii, stragi, eccidi, distruzioni, brutalità) senza che avvenga alcun intervento e/o cambiamento per porvi fine. Perché lo fanno? Assuefacendoci ad accettare l’illegalità, il degrado, il furto, il crimine, l’insicurezza del territorio, le bande, l’immigrazione selvaggia, ecc. come cose inevitabili e irrisolvibili, e contemporaneamente non lasciando il tempo di pensare e riflettere, subissandoci di infiniti, incalzanti, estenuanti adempimenti: fisco, contributi, tasse, tariffe, bolli, revisione caldaia, auto, ecc., non è possibile per noi capire cosa sta realmente accadendo, e soprattutto non è possibile organizzarci di conseguenza. Il senso di impotenza, grazie ai mezzi di comunicazione di massa sta contagiando la società occidentale in maniera capillare, le persone oramai sono completamente apatiche e prive di volontà di cambiamento. Per quale motivo dovremmo cambiare noi stessi e la nostra vita, se non vediamo la luce, se le aspettative sono assolutamente nere? Questo però blocca e paralizza le coscienze di milioni di persone totalmente in balia del Sistema.

ASSOCIAZIONE E RIPETIZIONE
Una iniziativa oggettivamente poco accettabile come una guerra, una legge, una tassazione, ecc. può essere resa meno pesante etichettandogli una denominazione falsa ma semanticamente “buona”, accettabile (lotta al terrorismo, democratizzazione, liberazione, sicurezza collettiva, ristrutturazione, guerra umanitaria, missili intelligenti, ecc.) e ripetendola fino allo stremo in ogni situazione e circostanza. La ripetizione di un messaggio, uno spot, se diventa pervasiva, se avviene molte volte al giorno, può far assorbire il contenuto, le implicazioni del messaggio stesso come se fossero un fatto provato, anche se non lo sono (“le armi di distruzione di massa di Saddam”, “le torri gemelle e Bin Laden”, ecc.). Analogamente applicando denominazioni odiose, repulsive (antisemita, negazionista, disubbidienti, revisionista, terrorista, stato canaglia, ecc.) si può ottenere l’effetto contrario, al fine di colpire, delegittimare, screditare, criminalizzare le iniziative, le persone, le idee non gradite. Pensiamo alla nostra società, in cui ogni canale televisivo ha un suo serial popolare, tanto per fare un esempio di indottrinamento, nel quale la polizia, la magistratura svolgono un’azione efficace, incorruttibile a tutela del cittadino, mentre la realtà vede la criminalità sempre più fuori controllo e le istituzioni sempre più inefficienti.

LO SHOCK DI MASSA
Mettendo singole persone o intere popolazioni sotto shock, si può produrre il loro consenso a un cambiamento, riforma, legge, restrizione di libertà, guerra, ecc. L’esempio delle Torri Gemelle e delle leggi repressive e guerre avvenute dopo, è lapalissiano. Sfruttano l’effetto sorpresa e di spavento come enorme fattore di distrazione e paralisi di massa, inibitore di possibili reazioni e resistenze. Lo shock è molto generico e può essere prodotto da catastrofi naturali (epidemie, terremoti, virus, minacce, pandemie, ecc.), quanto da fatti economici (recessioni, crisi, crolli in borsa, fallimenti, ecc.) e politici (guerre, colpi di stato, ecc.).

SCREDITARE TUTTI
Il debunking o discredito è una forma manipolatoria,
che consiste nel confutare, nello smontare, teorie e informazioni che vanno contro il pensiero ufficiale dominante. Oppure screditare i diffusori di queste teorie e informazioni. Il debunker attacca la controinformazione con messaggi semplici, discorsivi, prevalentemente a livello emotivo, con “ganci” diretti all’inconscio, piuttosto che alla logica. Questi attacchi non si rivolgono al contenuto, alle idee, ma mirano a screditare la fonte e l’autore sul piano morale associandolo spesso ad affiliazioni “appestanti” coi terroristi, nazisti, fascisti, comunisti, antisemiti, antisionisti, ecc. L’approdo estremo del debunking è quello di portare lo smascheramento degli smascheratori alle estreme conseguenze, ossia portare l’opinione pubblica alla conclusione che tutto è marcio, tutti mentono, tutti sono ladri, tutti fregano. Per tanto la verità non si potrà mai sapere, e quindi è moralmente giustificato arrangiarsi, infischiarsi di tutto e tutti. Si giunge all’egoismo più radicale e disumanizzante.

AVERE SEMPRE UN NEMICO
La frustrazione genera tensione e aggressività;
e l’aggressività può scaricarsi contro di sé o contro un oggetto esterno. Quando un tale tipo di frustrazione è diffusa in tutta la popolazione, il momento è propizio per fondare un movimento e/o organizzare un attacco verso il nemico. Nel nostro mondo tormentato da insicurezza e frustrazione c’è un gran bisogno psicologico e sociale di un nemico, di colpevoli, di capri espiatori (terroristi, rom, immigrati, ecc.).

Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo –Goethe

FONTE: NEUROSCHIAVI DI MARCO DELLA LUNA E PAOLO CIONI

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lunedì 10 gennaio 2011

Piegarci e Forzare i Valori In nome dell’Emergenza

DI MARCO CANESTRARI

Abbiamo visto nei vari capitoli del Controllo delle Masse come la popolazione viene influenzata sfruttando la paura di non raggiungere il modello di vita proposto dai media. Presto le fasce più influenzabili della società non si sentiranno più a loro agio se non raggiungeranno i livelli di ricchezza materiale e di approvazione sociale imposti dall’alto.

Viene a mancare la serenità e il tempo per affrontare i problemi con una visione di insieme, perché la nostra principale preoccupazione è avere una sicurezza economica personale immediata e non essere tagliati fuori dal sistema. Sopportiamo così forti pressioni psicologiche trascurando il riposo e la nostra salute; diventa prioritario lavorare sempre di più, anche in condizioni sempre peggiori, piegandoci in nome dell’urgenza di reperire sufficiente denaro. Nelle situazioni di emergenza i valori iniziano a sbiadire, e si accettano di buon grado anche gli sfruttamenti delle persone  più deboli. In queste condizioni la massa accetta di piegarsi, sempre con la scelta libera, e il tutto assume un significato di normalità, giustificando così il cambiamento stesso dei valori.

La necessità di guadagnare viene utilizzata come la maggiore forma di ricatto per stabilizzare le masse sotto una linea uniforme

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domenica 9 gennaio 2011

Il Concetto di Istituzione

DI ENRICO GALAVOTTI

Dobbiamo superare il concetto di "istituzione", che rappresenta una forma di "idealismo", in quanto si ritiene che possano esistere strutture perfette, adeguate ai molteplici bisogni e interessi della società, in grado di funzionare da sole, come per una "magica volontà dall'alto". Si ha infatti l'assurda pretesa che le istituzioni facciano quello che la società non riesce più a fare come "società".

In realtà l'istituzione, di per sé, a prescindere dalla volontà di chi la rappresenta, tende a negare la realtà, poiché per funzionare ha bisogno di semplificare la complessità delle cose reali. E nella misura in cui si separa dalla realtà essa inevitabilmente, nella propria presunta autonomia, tende a complicare le cose semplici, grazie ai meccanismi della burocrazia. Nata con la pretesa d'essere un modello di perfezione, l'istituzione, col tempo, è diventata esattamente il contrario di quanto la società borghese si era prefissa. D'altra parte non poteva essere diversamente, poiché l'istituzione, per sua natura, resta uno strumento nelle mani di un potere centralizzato, autoritario, burocratico, slegato dalla vita quotidiana della gente comune. L'istituzione fa parte della società divisa in classi e, come tale, tende a riprodurre tale divisione: essa, in sostanza, serve alla classe egemone per controllare e dominare tutte le altre. L'istituzione è incapace di accogliere la realtà così com'è: essa infatti ha un'immagine simbolizzata della realtà, e con una forte valenza negativa. L'istituzione avverte la realtà sociale con fastidio, perché se ne sente giudicata. La rivalsa delle istituzioni sulla realtà è appunto quella di rendere la vita impossibile o inutile la protesta. E' un meccanismo perverso ma inevitabile, che s'instaura nel rapporto pubblico tra cittadino e istituzioni. La realtà non può mai essere accolta con tutti i suoi difetti e le sue eccezioni. I casi particolari danno fastidio, a meno che non siano di prestigio, che non comportino un qualche interesse di carriera, di guadagno, di favoritismo o di casta: in questo caso l'istituzione si lascia facilmente scavalcare, nel rispetto formale delle procedure, al fine di poter essere meglio riconfermata. Oggi questo fenomeno rientra in quello, ben più complesso, chiamato "tangentopoli". Normalmente i difetti della vita reale non vengono presi in considerazione, poiché l'istituzione è già troppo angosciata dalle proprie quotidiane disfunzioni per avere il tempo di applicarsi alla "complessità". Tuttavia, qualunque esemplificazione della realtà, alla lunga rende l'istituzione obsoleta, inutile. In questa paralisi, chi dispone di potere può vivere sfruttando al meglio le istituzioni, mentre gli altri continuano a restarne schiacciati. In luogo dell'istituzione va affermata la volontà dei cittadini di autorganizzarsi, amministrando collettivamente le proprie risorse materiali, umane e finanziarie. L'istituzione spinge al conformismo, alla delega; l'autonomia spinge alla responsabilità personale. L'autogestione valorizza le diverse potenzialità, inclinazioni, attitudini. Le istituzioni invece vivono all'insegna dello spreco e dell'inefficienza.

La società, per dimostrare che non ha bisogno delle istituzioni, deve dimostrare di sapersi adeguare ai bisogni. In questo senso il volontariato è solo il primo passo: esso è nato per supplire a una carenza, ma il suo destino non deve diventare quello di puntellare una struttura che fa acqua da tutte le parti. Il volontariato deve darsi un'identità politica che metta all'ordine del giorno il problema di una transizione a una società globalmente diversa.

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venerdì 7 gennaio 2011

Le Variabili del Potere

DI DAVID CORSICO

rana

Guardo la mia gatta sul davanzale della finestra e anche lei mi sta fissando. Mi domando talvolta a cosa pensa e mentre lo faccio, mi domando se anche lei si domanda la stessa cosa, a cosa sto pensando io. Se potesse sbirciare nella mia testa o io potessi parlarle, le direi che i miei pensieri vanno ai mille problemi che mi affliggono tutti i giorni: pagare il mutuo della casa, la rata della macchina, le svariate bollette e tante altre spese più o meno importanti.

Ma lei è una gatta e non può comprendere queste problematiche tutte umane, avrà altri problemi che la inquietano e la infastidiscono, ma sicuramente non quelli di riuscire ad arrivare alla fine del mese, perdere il lavoro o non poter rifare il tetto di casa, no, questi problemi non le appartengono. La questione è molto più complessa però, perché la mia gatta non sa, che a vivere in queste condizioni non sono solo io, ma tantissime persone, forse la maggior parte delle persone, anzi direi, che la maggior parte delle persone vive in assoluta povertà e una minoranza, vive nell’agio e nello sfarzo più totale, non curante, che il resto del mondo va allo sfascio. Questa minoranza, in parte, è come la mia gatta, non riesce a leggere nei mie pensieri e nemmeno si preoccupa di farlo. Probabilmente pensano, che il potere ottenuto nella loro vita gli è dovuto, senza elaborare una benché minima riflessione. È come se ad un certo punto decidessi di non occuparmi più della mia gatta, pensando che è un “peso” per la mia economia e quindi, con il passar del tempo, assuefarmi, convincermi, che non vale più la fatica nemmeno per un pensiero perché sono io a detenere il potere. Il potere ha mille variabili, ma una costante incomparabile lega il potere dalle molteplici sfaccettature, la responsabilità. Chiunque ha il potere su chiunque, il potere verso i vecchi o i malati, verso i bambini, verso gli animali, verso l’ambiente, se non dedichiamo un pensiero a quella variabile che nel potere è la responsabilità, cosa ne sarà di noi? Non diamo tutto per dovuto o scontato, non dobbiamo pensare che il frutto del nostro successo e potere sia solo merito nostro. Basti pensare, che senza gli altri il potere non avrebbe scopo d’esistere e che, sono proprio gli altri a demandarci questo potere, con l’assoluta convinzione e non speranza, di farne buon uso.

Nascere con una traboccante peculiarità non vuol dire solo avere più fortuna o più possibilità degli altri, ma avere anche più consapevolezza di potere verso la comunità, una responsabilità che deve servire a migliorare la vita di tutti e non solo alla propria ambizione di ricchezza.

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martedì 4 gennaio 2011

La Prossima Era della Decrescita

DI ITALO ROMANO

decrescita

Per chi è nato negli ultimi cinquanta anni, sotto l’assurda dittatura del Pil, per chi ha vissuto per anni con l’idea che la misura della ricchezza e del benessere sia data dal Prodotto interno Lordo. Per chi è abituato a lavorare ogni santo giorno, per oltre otto ore al giorno per un pizzico di benessere in più è un’enormità di vita buttata nel cesso. Per chi nonostante soccombe sotto il peso del sistema e nonostante tutto esegue ubbidiente, e per chi il sistema lo cavalca o addirittura lo gestisce, l’idea di frenare questa folle corsa è inapplicabile.

Ingabbiati dal sistema. Senza movimento di uomini e merce non vi è lavoro, senza lavoro non vi sono soldi e senza soldi non si può bere, mangiare, vivere sotto un tetto dignitoso etc. E’ un sistema circolare che, nonostante la sua crudeltà, può sembrare perfetto. Eppure non è così. Difatti negli ultimi anni i costi sociali e ambientali sono stati ingenti, hanno oltrepassato la soglia della dignità civile. Il sistema è circolare ma lo sviluppo è rettilineo. In un mondo finito, quale è il nostro, è impossibile sostenere una crescita continua all’infinito. Ora pensandoci meglio il nostro “perfettissimo” sistema circolare, somiglia di più a un cane che si morde la coda. Oggi tutto fa Pil: un terremoto, una frana, un incidente d’auto etc. Pensate alla catena messa in moto da un semplice tamponamento senza gravi conseguenze: meccanico per riparare le auto o concessionaria per ricomprarne una nuova, medici e infermieri, poliziotti o carabinieri, soccorso stradale, assicurazione delle auto coinvolte, eventuali avvocati e giudici per una possibile causa, carburante consumato etc. Tutto questo ha contribuito a incrementare il nostro Prodotto interno lordo, che, per i signori economi, corrisponde a un incremento di benessere. Ma questo voi lo chiamate benessere? Allora possiamo arrivare a pensare che in una nazione dove anche la percentuale di ossigeno che respiriamo è Pil, tutto è ben manovrato dall’alto e la manfrina che ci sorbiamo ogni dì dai telegiornali è puro moralismo. L’uomo di oggi ha solo una scelta: essere merce o essere consumatore. Questa è l’unica libertà che abbiamo. Secondo la dittatura del Pil la felicità di un individuo è collegata all’ultimo iPad acquistato, all’ultima festa a cui si è partecipato, all’ultima vacanza low cost da cui si è appena tornati (preferibilmente puttan tour) etc. Da questa concezione di felicità il mondo che ne viene fuori è mostruoso!

In questi anni ho visto veri e propri tossicodipendenti da lavoro. Gente costretta a lavorare negli orari e nei giorni più assurdi. A nero, sottopagati, senza diritti, senza sicurezza, come robot o animali da soma. Causa le nuove tecnologie (pensate a quanto ci ha cambiato la vita il cellulare) viviamo a ritmi forsennati, per lo più inumani. La situazione ci è sfuggita di mano, ammettiamolo. Tutto ciò, non è più a misura d’uomo. Ci siamo chiusi in una cella e abbiamo buttato la chiave. Ci siamo resi schiavi di un’unità di misura. Abbiamo dato troppa importanza al vil denaro! Oggi molti sarebbero disposti alle cose più orrende per avere quel poco di ricchezza che gli permettesse di vivere secondo uno dei tanti modelli preconfezionati tra cui questa dittatura ci “permette” di scegliere. E’ una catena di sensi di colpa, finti doveri e reali costrizioni che ci costringe a prendere parte a una lotta che non ci appartiene. Un gioco al massacro che ha una sola regola: il più forte vince e i deboli soccombono! Questo giochetto ha creato una forte ed evidente disparità nel mondo, ma, se guardiamo bene, anche intorno a noi. I pochi detengono quasi tutto e ai molti non resta che scannarsi per le briciole. Eccovi servite: guerra, rivolte, terrorismo, violenza etc. Dinanzi questo scenario apocalittico non resta altro che provare a dimenticare ed eccovi: droghe, alcool e manie di ogni sorta. Tutto pianificato, gli architetti di questa invisibile dittatura sono stati a dir poco geniali. Geniali si, ma non perfetti. Questa delirante corsa verso l’infinito ha avuto un inizio e avrà una fine. Noi possiamo scegliere il finale: renderlo dolce, tranquillo e sereno, frenando amabilmente e riscoprendo il gusto della vita; oppure continuare la incosciente corsa fino a schiantarsi contro il muro lì in fondo, trovandosi improvvisamente nell’inferno creato dalla nostra cecità. Che lo vogliamo o no la decrescita sarà il prossimo step. Felice e obbligatoria che sia è la normale conseguenza della sfrenato capitalismo odierno.

Il benessere di un uomo non è legato alla quantità dei beni posseduti ma, all’equilibrio che esso riesce a raggiungere con se stesso, i propri simili e la natura che lo circonda. Non so quanto tempo ancora ci separa dell’era della decrescita ma, in alcune zone del mondo è già iniziata: rifiuti zero, gruppi di acquisto solidale, energie rinnovabili, eco edilizia, transizioni etc. Per i più ottusi ci sarà da aspettare di più. Gli schiavi del sistema si accorgeranno del default solo quando noteranno i loro templi del consumo vuoti. Quando le loro ricchezze saranno tali solo per loro. Quando si accorgeranno che quei pezzi di carta di cui è gonfio il loro portafoglio non potranno più fare la differenza. Per loro la decrescita sarà traumatica, vedranno crollare i loro dei in un solo giorno e si accorgeranno di quanto sia vuota la loro vita senza di loro. Sarà decrescita, silenziosa, beata per alcuni, violenta per molti.

Alla fine della corsa, guardandoci intorno, ci accorgeremo che non sempre la meta vale il viaggio. A tutti sarà evidente che la decrescita sarà appagante, rivitalizzante, etica
e soprattutto felice…

FONTE: OLTRELACOLTRE

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lunedì 3 gennaio 2011

Democrazia Politica, Dittatura Sociale

DI VALERIO PASSERI

dittetura

Siamo in democrazia. Sentiamo costantemente questa affermazione come risposta a qualsiasi questione che possa mettere in discussione il governo eletto dal popolo e il suo operato. Essa è una certezza imperturbabile, nulla la può minare.

Nonostante ciò può risultare arduo dare una definizione generale al termine democrazia, poiché ne esistono molti tipi in tutto il mondo. Possiamo però trovare dei caratteri generali comuni a tutte: sovranità popolare, suffragio universale, pacifiche elezioni, principio di maggioranza, cambiamento dei governi, responsabilità dei governanti davanti ai governati. La storia insegna che il maggior pericolo per una democrazia  è il tramutarsi nel suo esatto opposto, ovvero in uno stato totalitario, una dittatura. La dittatura è una forma di governo in cui tutti i poteri sono incentrati nelle mani di un solo uomo e degli uomini a lui fedeli. A differenza delle monarchie e tirannie del passato però, la dittatura è fondata come la democrazia sul consenso popolare, prima di passare, e solo se si è "costretti", alla repressione con la forza. Troviamo quindi al centro di due forme di governo opposte, che sono accomunate solo dall'esser nate assieme alla società di massa, un carattere comune, l'opinione pubblica. Quando tutto il popolo, o la gran parte, vuole cacciare il dittatore, in un modo o nell'altro esso viene spodestato, quando un governo non ha più i consensi della maggioranza esso viene rimpiazzato. Ovvio che i meccanismi sono molto diversi, ma il risultato generale possiamo dire esser molto simile. Tutto questo discorso può sembrar avere solo aspetti positivi, il popolo è sempre sovrano, la maggioranza vince sempre. Eppure va considerata un'altra forma di governo che pur mantenendo gli stessi caratteri descritti prima di democrazia ne ha degli altri comuni alla dittatura. E' definita da alcuni "post-democrazia" o addirittura "contro-democrazia". In essa l'opinione pubblica è solo un canale di consensi, non serve a moderare l'attività politica dei suoi rappresentanti.

Il campo d'azione dell'individuo e della società intera è una scelta tra opzioni definite da chi detiene il potere, non può proporre nulla di nuovo. Il cittadino elettore non è parte attiva della politica, ma solo un consumatore, ha l'unico potere di scegliere cosa "acquistare" dal cesto della politica mettendo una croce sulla scheda, il suo campo d'azione termina uscito dalle urne. Lo stato non detiene più le sovranità che gli spetterebbero come quella monetaria o sui mezzi di comunicazione. "Pubblico sovrano" diventano parole vuote adatte solo a talk o reality show. In uno stato come questo, chi detiene il controllo sul maggior numero di media,  può facilmente manipolare l'opinione pubblica, quindi il consenso ed il voto. Teorici della democrazia come Tocqueville avevano, già due secoli fa', compreso lucidamente molto di tutto questo. Egli stesso scrive a riguardo: "...vedo una folla innumerevole di individui simili ed eguali, che incessantemente si ripiegano su se stessi per procurarsi piccoli e volgari piaceri, di cui riempiono la propria anima. Ognuno di essi, ritratto in disparte, è come estraneo al destino di tutti gli altri... Al di sopra di costoro si eleva un potere immenso e tutelare, che, da solo si incarica di assicurare loro piaceri e di vegliare sulla loro sorte. E' assoluto, capillare, regolare, previdente e dolce... gli piace che i cittadini siano contenti, a condizione che pensino solo ad essere contenti... prevede ed assicura la soddisfazione dei loro bisogni...". Tutto questo è quindi definibile come una sorta di "dittatura sociale" che è assai più temibile di quella politica almeno per quanto riguarda l'aspetto temporale. Se nella mente della maggioranza delle persone si creano nuovi stereotipi e mode che fanno si da mantenere un consenso "semi-libero", poiché indotto, a favore del governo in questione, esso diventerà molto più duraturo di quello imposto con la forza e più difficilmente spodestabile.

Anche se siamo in democrazia, non pensiamo che questo da solo assicuri la nostra libertà, la democrazia è una condizione indispensabile ma non sufficiente. E' essenziale informarsi, diventare persone consapevoli e diffondere questa conoscenza, non tenerla per se' per magari sentirsi superiori. Che qualcosa abbia il consenso della maggioranza non vuol dire sia la migliore, ma se la maggioranza è consapevole, è più facile che lo sia.

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