mercoledì 11 maggio 2011

Intelligenza e Azione Istantanea

DI JIDDU KRISHNAMURTI

intelligenza emotiva1

Esiste l’individualità? O esiste soltanto una massa collettiva di varie forme di condizionamento? Dopo tutto, il cosiddetto individuo è il mondo, la cultura, l’ambiente sociale ed economico. Lui è il mondo e il mondo è lui; e tutta la cattiveria e l’infelicità iniziano quando separa se stesso dal mondo e insegue il proprio particolare talento, la propria ambizione, la propria inclinazione e il proprio piacere. Non sembra che ci rendiamo conto a livello profondo del fatto che noi siamo il mondo, non solo sul piano dell’ovvio, ma anche alla radice del nostro essere.

Sembra che quando sfruttiamo un particolare talento pensiamo di esprimere noi stes­si come individui e, opponendoci a ogni forma di violazione, insistiamo per sfruttarlo. Non è il talento, il piacere o la volontà che ci rendono individui. La volontà, per quanto scarso sia il talento di cui disponiamo, e la spinta del piacere fanno parte della struttura complessiva del mondo. Non solo siamo schiavi della cultura in cui siamo cresciuti; siamo schiavi anche dell’immensa nube di infelicità e di dolore di cui soffre tutta l’umanità, della vastità della sua confusione, della sua violenza, della sua brutalità. Sembra che non facciamo mai attenzione al dolore di cui l’uomo si è caricato. Né che siamo consapevoli della terribile violenza che si è andata accumulando una generazione dopo l’altra. Ci preoccupiamo giustamente di realizzare un cambiamento esterno o una riforma della struttura sociale con la sua ingiustizia, le sue guerre, la sua povertà, ma quel cambiamento cerchiamo di realizzarlo o ricorrendo alla violenza o al lento sistema delle leggi. Nel frattempo permangono povertà, guerre, fame e tutta la cattiveria che esiste tra gli uomini. Sembra che ci dimen­tichiamo completamente di prestare attenzione alle immense nubi che si sono addensate e che l’uomo è andato accumulando per secoli: dolore, violenza, odio e le differenze artificiose di religione e di razza. Queste cose esistono così come esiste la struttura esterna della società, altrettanto reali, altrettanto vitali, altrettanto attive. Noi dimentichiamo questi accu­muli occulti e ci concentriamo sulle riforme esterne. Questa spaccatura è forse la principale causa del nostro declino. Quel che conta è considerare la vita non come un dentro e un fuori, ma come un tutto unico, come un movimento totale e indiviso. Allora l’azione acquista un significato completamente diverso, perché non è più parziale. E’ l’azione frammentata o parziale che fa crescere la nube dell’infelicità. Il bene non è l’opposto del male. Non ha niente a che fare con il male, e non lo si può perseguire. Fiorisce soltanto quando non c’è sofferenza.

Allora, come può l’uomo liberarsi della confusione, della violenza e del dolore? Certamente non facendo ricorso alla volontà con tutti i fattori di determinazione, opposizione e lotta che la caratterizzano. Perce­pire o capire questo è intelligenza. È questa intelligenza che elimina tutte le possibilità di dolore, di violenza e di lotta. È come quando si vede un pericolo: in quel caso l’azione è immediata; non l’azione della volontà, che è il frutto del pensiero. Il pensiero non è intelligenza. L’intelligenza può utilizzare il pensiero, ma quando il pensiero trova il modo di impa­dronirsi di questa intelligenza per i propri scopi, diventa astuto, malefico, distruttivo.

Così, l’intelligenza non è né vostra né mia. Non appartiene né al politico, né all’insegnante, né al saggio. Questa intelligenza non è misurabile. E’ veramente uno stato di nulla.

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