mercoledì 2 marzo 2011

Rivoluzione Cercasi

DI GIANPAOLO MARCUCCI

EGYPT-PROTEST/

In un paese in cui un leader autoritario governa da più di dieci anni, una forte distanza tra il singolo e le istituzioni schiaccia il peso delle proposte dei cittadini,  la disoccupazione giovanile e l’inflazione dei beni alimentari rendono le condizioni economiche vicine alla soglia della miseria, la libertà di espressione è pressoché assente, la corruzione impazza e la popolazione ha un’età media inferiore ai 28 anni, cosa accade? Come abbiamo visto dalle notizie di cronaca internazionale di questi giorni, quando un paese si rispecchia in un’immagine così tetra e precaria, inevitabilmente, scoppia la rivoluzione.

Milioni di persone consapevoli di non aver più nulla da perdere, si coordinano attraverso la rete, scendono in piazza, protestano, muoiono, si scontrano contro la repressione del potere e conquistano come un onda travolgente la cacciata del “dittatore” e il traguardo della democrazia. L’ondata di ottimismo dettata da queste rivoluzioni popolari, oggi in rapida diffusione nei paesi dell’africa settentrionale e del medio oriente, ha portato speranza e stimolo anche nei paesi europei dove, seppur sotto forma di libere democrazie, i cittadini sono controllati dall’alto attraverso i media e il sistema della vita per il lavoro/consumo. Moltissimi giovani, nel nostro come in altri paesi occidentali, si domandano così oggi nuovamente, quel famoso e tanto irresistibile quesito: Perché da noi no? Perché nel nostro paese non scoppia la rivoluzione? La risposta a tale domanda, per quanto possa apparire vaga o irraggiungibile, è, in realtà, davvero di facile comprensione. Oltre alla tecnica, qui già affrontata, della doccia scozzese, sapientemente adottata dai politici al governo nelle democrazie controllate, esistono infatti delle semplice regole che chiunque voglia manipolare le masse e garantirsi una permanenza ai vertici del potere nazionale senza il bisogno di spargere troppo sangue, deve conoscere alla perfezione. Il nostro paese ad esempio, pur possedendo un altissimo tasso di disoccupazione giovanile, un inflazione e una pressione fiscale asfissianti, un’alta corruzione e una libertà di espressione limitata, gode di tre fondamentali caratteristiche che come magicamente, la mettono a riparo da qualsiasi pericolo reale di sommosse popolari o rivoluzioni. L’Italia, crede fermamente a ciò che gli dice la tv, è tenuta a debita - ma non esagerata - distanza dalla soglia di povertà - si può infatti permettere la macchina nuova e il televisore al plasma - e soprattutto ha un’età media di 43 anni! Proprio così, l’Italia è un paese per vecchi, ha da tempo raggiunto il famigerato tasso di crescita 0. Non c’è lavoro, gli stipendi sono bloccati, i prezzi aumentano, e gli italiani, a fare figli, sono tutt’altro che incentivati. Sono i giovani che fanno la rivoluzione e se non ci sono i giovani, al massimo ci si può trovare in piazza solo un esile fantasma-burattino che protesta in perenne ritardo per i provvedimenti già approvati da un parlamento eletto col consenso dei votanti.

Dovremmo  cominciare a pensare che la vera soluzione non sta nella protesta e nella rivolta e comprendere che l’unico modo per riacquistare la dignità di un popolo che dovrebbe governare, anziché esser governato, è smettere di reagire alle provocazione dei media, agire consapevolmente e onestamente e rimboccarsi le maniche per costruire un modello di politica diretta, etica ed ecologica che sostituisca l’attuale e malata democrazia rappresentativa.

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