lunedì 1 novembre 2010

La Politica è nel Quotidiano

DI FABIO SOMMELLA

singolo

Il disamore verso la Politica, comprensibile e che si riscontra in molti ambiti del vivere contemporaneo, può avere origine da un fraintendimento di fondo, favorito a sua volta dalla cultura dominante. Questa tende a mantenere separati e contrapposti due elementi: i cittadini da una parte e i politicanti, intesi come coloro che conducono affari non sempre limpidi, dall’altra. Ciò come se esistesse un baratro incolmabile tra l’identità del cittadino, che non fa mai politica, e quella del politico, che la fa sempre come mestiere.

Riteniamo viceversa che la politica andrebbe intesa come l'integrazione, in un unico atteggiamento coerente, dei differenti e molteplici momenti dell'esistenza umana e della quotidianità di ciascuno. Ovvero ci si dovrebbe sforzare di recuperare un’accezione ordinaria e meno affaristica del termine politica. Essa va attribuita all’identità del cittadino che vive, continuativamente e senza interruzione, il proprio pensiero e atto politico nel quotidiano: quando lavora e quando gioca, in famiglia e in ufficio, in strada e sui mezzi pubblici, nel condominio e quando fa la fila a uno sportello. Perché ciascuno di noi é ciò che mostra e manifesta quando si muove istintivamente, senza i freni e le sovrastrutture razionali della coscienza che tende a filtrare i nostri impulsi; e la politica è anche migliorare i propri impulsi. La politica è uscire da qualsiasi logica personale di lucro e clientelismo legata a parentele e amicizie; è il rispetto del vivere civile, dell’altrui opinione, della collettività, anche e soprattutto dell’estraneo. Se riuscissimo davvero a introiettare tali principi, annulleremmo la distanza che esiste tra le nostre parole, quando pensiamo, e i nostri istinti, quando agiamo, e faremmo la nostra rivoluzione politica. Così saremmo pronti, con razionalità e istinto finalmente conciliati, a non attuare e favorire situazioni ingiuste e malevole, bensì a diffondere energie positive e salubri per la civile convivenza collettiva. Con le nostre scelte giungeremmo a condizionare le organizzazioni più ampie e, su queste basi, determineremmo le scelte dei governi.

Ricordando alcuni versi di Giorgio Gaber: - In Virginia il signor Brown era l’uomo più antirazzista; sua figlia un giorno sposò un uomo di colore, lui disse “bene”, ma non era di buon umore. Un’idea e un concetto finché restano un’idea sono soltanto un’astrazione; se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione

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